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Olmo: storia, proprietà e controindicazioni di questo albero

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L’olmo è uno dei più caratteristici e diffusi alberi italiani. Lo si trova da nord a sud a quasi tutte le latitudini e si distingue per l’inconfondibile attaccatura asimmetrica delle foglie al picciolo. Ma di che pianta si tratta, come si coltiva e quali sono gli usi fitoterapici più conosciuti? Ecco una guida tutta dedicata a questa magnifica pianta da giardino oggi minacciata da una malattia fungina letale.

L’olmo è conosciuto sin dall’antichità non solo per l’eleganza e l’imponenza del suo aspetto, ma anche per le sue proprietà medicamentose. In particolare, l’uso dell’olmo come rimedio naturale è documentato già da Plinio il vecchio che ne decantava la sua capacità di cicatrizzare le ferite. 

In Oriente e in Occidente, questa pianta era molto utilizzata per curare i soldati e i cavalieri colpiti in battaglia, e perfino gli sciamani americani sfruttavano le sue proprietà come rimedio officinale per molto malattie.

FOCUS: quali sono le principali medicine alternative?

Oggi l’Olmo europeo è sempre più minacciata da una malattia fungina che si propaga rapidamente di pianta in pianta, la cosiddetta grafiosi dell’olmo. I principali responsabili della diffusione di questa malattia sono gli scolitidi, insetti che nutrendosi del legno di esemplari malati propagano il fungo ad alberi sani.

Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e quali sono le applicazioni fitoterapiche più conosciute dei suoi principi attivi.

Olmo

Olmo: pianta, cure e coltivazione

Come abbiamo visto, l’olmo (Ulmus minor) è una latifoglia molto diffusa in Europa e sulla nostra penisola che vive bene fino a mille metri di altitudine. Si tratta di un albero dal portamento fiero e imponente, capace di raggiungere e superare anche i 30 metri di altezza e di vivere per 50 anni. In condizioni ottimali, dunque, l’olmo è dunque particolarmente longevo.

SPECIALE: Piante resistenti al freddo, quali sono le migliori?

La sua chioma si distingue per la forma a cono leggermente arrotondata e le foglie seghettate presentano un’inconfondibile asimmetrica proprio in corrispondenza dell’attaccatura al picciolo. La corteccia che avvolge il tronco è di colore marrone scuro, rugosa e percorsa da incisioni e screpolature.

 

Anche i rami dell’olmo presentano una caratteristica distintiva: sono pelosi quando la pianta è ancora giovane per poi diventare lisci superati i due anni di vita. I fiori sono  riuniti in mazzi e fioriscono da febbraio ad aprile in un bel colore rosso. Quando appassiscono, lasciano il posto ad un frutto di colore giallo che dopo qualche tempo cade a terra ruotando come un’elica. La bacca è del tutto inodore e ha un sapore aspro.

Questo albero è diffuso in Europa, Asia, America settentrionale, Caucaso. Vive bene nei boschi ma anche nei campi incolti vicino al mare. Grazie alla sua resistenza al freddo e alle intemperie, un tempo era molto utilizzato anche per l’alberatura stradale.

olmo

Un albero in pericolo

Oggi, l’olmo è un albero quasi dimenticato, la cui sopravvivenza è minacciata dalla grafiosi provocata da un fungo e dagli scolitidi. Questi insetti si nutrono del legno del tronco e scavano delle ‘gallerie’ in cui iniettano il fungo nel flusso linfatico della pianta. In molti casi, questo determina l’ostruzione dei canali in cui scorre la linfa e nel giro di un paio di stagioni avviene il disseccamento totale della chioma e la conseguente morte della pianta.

Per prevenire la grafiosi dell’olmo in un pianta adulta messa a dimora in giardino, il consiglio è di evitare la potatura e preservare quanto più possibile l’integrità della corteccia. Questo per ridurre le possibilità di esposizione della pianta alla penetrazione del fungo.

olmo

Olmo proprietà

I due tipi di olmo utilizzati in fitoterapia a scopo curativo sono quello americano (Ulmus americano Ulmus rubra) il campestris (o minor), il più diffuso sul territorio italiano.

In generale, si attribuiscono ai principi attivi contenuti nella corteccia, nelle radici e nelle foglie dell’olmo le seguenti proprietà:

  • depurative
  • astringenti
  • sudorifere
  • antinfiammatorie 
  • cicatrizzanti

Gli estratti medicamentosi di questa pianta sono reperibili sotto forma di tisane, tinture madri, capsule e gemmoderivati.

I principi attivi a cui si ricollegano tali benefici sono sopratutto tannini, flobafeni, fitosferina, sostanze amare e minerali. Le mucillagini tanniche svolgono un’azione protettiva sulle pareti intestinali, rivestendole con un film che le rigenera. Per questa ragione, l’olmo è considerato uno dei rimedi naturali più efficaci per la cura dei problemi che affliggono il tratto gastrointestinale.

Infine, è un prezioso alleato per sciogliere il muco ed espellere le tossine dall’organismo, migliorando sensibilmente la funzionalità di diversi organi.

Alcune guide per i cosmetici naturali

olmo

Olmo usi

In fitoterapia si può usare per uso interno consiste principalmente nel consumo di decotti di corteccia, utili per il trattamento di malattie stagionali, tosse e raffreddore.

Il gemmoderivato di olmo, invece, ha proprietà lenitive, purificanti ed emollienti ed è indicato per il trattamento specifico dell’acne (30 gocce in due dita di acqua, per 2 o 3 volte al giorno).

Per quanto concerne l’uso esterno, le mucillagini tanniche di questa pianta sono applicabili sotto form di gel su ferite, abrasioni e punture di insetto in quanto svolgono una profonda azione cicatrizzante e antinfiammatoria.

Il decotto, infine, è un ottimo aiuto come impacco esterno per la cura della pelle irritata, grassa o afflitta da acne, ezemi, dermatiti ed herpes.

olmo

Olmo controindicazioni

L’utilizzo degli estratti di olmo non presentano particolari controindicazioni o effetti collaterali. È sempre bene, tuttavia, chiedere consiglio al medico di base o al proprio erborista di fiducia ed evitare accuratamente il fai-da-te.

Nessuna particolare controindicazione è legata all’utilizzo dei prodotti a base di olmo. In via precauzionale, se ne sconsiglia l’uso alle donne in gravidanza o che allattano.

Altre informazioni

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Cuocere nelle pentole in terracotta: metodi e benefici

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La terracotta è un materiale perfetto per la cottura di molti cibi e per lungo tempo è stato protagonista della tradizione culinaria mediterranea. Cuocere nelle pentole di terracotta, infatti, esalta il sapore naturale dei cibi e consente di cucinare in modo facile e salutare. Ecco tutte le informazioni e i consigli pratici più utile per utilizzare correttamente questo tipo di cottura.

Le pentole in terracotta sono state utilizzate per secoli da tutti i popoli del Mediterraneo. La cottura dei cibi effettuata con questo materiale, ancora oggi, è uno dei segreti di una sana e genuina alimentazione.

A differenza di quelle in metallo, infatti, le pentole in terracotta non producono micro-carbonizzazioni degli alimenti potenzialmente nocive per l’organismo e sono quindi un valido strumento della cucina naturale.

FOCUS: Cos’è la vasocottura e come funziona

La terracotta, inoltre, consente di mantenere la temperatura uniforme e costante, preservando il gusto naturale dei cibi ed evitando l’uso di grassi. Questo si riflette positivamente sulla salute e sul metabolismo, e consente una corretta e sicura conservazione degli alimenti.

Cuocere nelle pentole di terracotta

Cuocere nelle pentole di terracotta: benefici e vantaggi

Cucinare nella terracotta implica notevoli vantaggi, riconosciuti e tramandati nel tempo da generazioni. Con le pentole in terracotta si possono cuocere in modo salutare moltissimi alimenti. Dai legumi, alle verdure fino ad arrivare al pesce e alla carne.

Il coccio, infatti, è un materiale molto poroso in grado di catturare e trattenere al suo interno il sapore i profumi degli alimenti.  

SCOPRI: 10 cibi che possono essere sorprendentemente congelati

Le pentole in terracotta si prestano molto bene nella cottura lenta e graduale. Si tratta di una tecnica che consente di utilizzare il calore in maniera uniforme e costante, l’ideale per cuocere tutti quei cibi che richiedono cotture a fuoco basso. Con l’acciaio, invece, la cottura avviene principalmente sul fondo.

Dal momento che la terracotta restituisce al cibo il suo sapore naturale, è particolarmente indicata per cuocere anche cereali, sughi, stufati, minestroni, zuppe e altri piatti comuni.

La principale peculiarità della terracotta, infatti, è che consente di cuocere i cibi anche a fuoco spento. Questo è un dato molto importante, da tenere presente sopratutto nel calcolo dei tempi di cottura.

LA CONOSCI? Cottura sottovuoto, caratteristiche e vantaggi

Cuocere nelle pentole di terracotta

Cuocere nelle pentole di terracotta: istruzioni per l’uso

Prima di essere utilizzate, le pentole in terracotta devono essere sottoposte ad uno specifico trattamento iniziale. Tale trattamento servirà a scongiurare il rischio che si rompano al primo utilizzo sul fuoco. Ecco, in sintesi, cosa fare:

  • Immergete la vostra pentola in acqua fredda per 24h. Ciò servirà a idratare il coccio e a far fuoriuscire delle bollicine dai pori della terracotta.
  • Asciugate accuratamente la pentola lasciandola semi-rovesciata per 5 ore. Il fondo deve essere rivolto verso l’alto e il bordo non appoggiato completamente al ripiano. In questo modo l’umidità evaporerà completamente ed eviterete ristagni.
  • Strofinate la superficie interna della pentola con uno spicchio di aglio e lasciate riposare per 3 ore.
  • Lavate la pentola con acqua e limone e asciugate con un panno morbido e pulito.

Cuocere nelle pentole di terracotta

Le pentole in coccio sono rivestite in smalto sia all’esterno che all’interno, tranne che sul fondo. Pertanto sarà bene controllare bene la smaltatura prima dell’acquisto e assicurarsi che non ci siano porosità o altri difetti. Altre utili raccomandazioni sono:

  • Non acquistare pentole smaltate con colori troppo accesi perché potrebbero contenere piombo
  • Controllate che la smaltatura sia stata realizzata con vernici atossiche
  • Non fatevi ingannare dalle pentole in coccio proposte a prezzi stracciati. Il prezzo medio di una pentola in terracotta di buona qualità non è mai inferiore ai 20-40 euro.

Cuocere nelle pentole di terracotta: consigli pratici

La prima regola da osservare durante la cottura è di non collocare il coccio sul fuoco diretto. Utilizzate sempre uno spargifiamma di diametro uguale a quello della pentola. Unno sbalzo repentino di temperatura, infatti, potrebbe rompere il contenitore. Stesso discorso per il freddo. Se la pentola è ancora calda, evitate di collocare al suo interno cibi surgelati o particolarmente freddi.

Un’ informazione fondamentale da ricordare è che queste pentole non devono essere pulite con il sapone, ma con acqua e limone. C’è comunque chi suggerisce l’uso di saponi neutri e delicati, ma noi preferiamo la prima opzione.

In questo modo, infatti, il coccio non tratterrà nessun residuo di detergente che potrebbe entrare in contatto con gli alimenti in cottura.

Una volta lavata, la pentola deve essere lasciata asciugare capovolta in modo che l’umidità possa evaporare rapidamente. Mai riporre le pentole in terracotta umide o non perfettamente asciutte.

Cuocere nelle pentole di terracotta

Attenzione: le pentole in terracotta sono molto più fragili di tutte le altre pentole sul commercio. Sarà quindi opportuno avere spazi adatti ove collocarle e utilizzarle con la dovuta cura. Sempre in riferimento alla fragilità delle pentole in coccio, sarà buona norma evitare di accatastare i contenitori con altre pentole.

Utilizzate dei fogli di carta da cucina per separare una pentola dall’altra ed evitate che non si crei troppa pressione tra un contenitore e l’altro.

Un ultimo accorgimento utile da mettere in pratica è quello di abbinare l’uso di mestoli in legno. Il metallo, infatti, potrebbe danneggiare la pentola.

Altre tecniche di cottura da approfondire

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Erbe aromatiche: coltivare e raccogliere le piante aromatiche

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Riscopriamo un sapere antico con la guida per avere le erbe aromatiche in casa, in balcone o nell’orto. Scopri come coltivarle, raccoglierle e conservarle!

Le erbe aromatiche commestibili sono utilizzate dall’uomo per scopi alimentari, curativi e in alcuni casi magici, un po’ come per le erbe selvatiche, da tantissimi anni.

Nel passato, infatti, alcune piante aromatiche venivano bruciate in onore del dio Sole, della Luna o della Madre Terra per celebrare la nascita di un bambino o propiziare il raccolto futuro. E bruciandole, l’uomo si rese conto anche delle loro proprietà (rilassanti, stimolanti e decongestionanti) e cominciò ad utilizzarle per curare molte malattie, oltre che per cibarsene.

In tempi più recenti la scienza ha ‘certificato’ le virtù delle piante aromatiche e la loro fondamentale funzione biologica per il metabolismo vegetale, per l’impollinazione, per la difesa dagli insetti fitofagi, per la conservazione di altre specie vegetali e l’alimentazione degli erbivori.

Erbe aromatiche proprietà e utilizzi

In cucina hanno conquistato un posto sempre più rilevante poiché sono in grado di esaltare e arricchire il sapore dei cibi o prolungare la conservabilità di alcune pietanze.

Facilmente reperibili al supermercato o dal fruttivendolo, sono un must della tradizione culinaria occidentale e orientale. Ma c’è chi ancora oggi preferisce coltivarle da sé, nel proprio orto domestico o sul balcone di casa. Si possono così usare fresche o essiccare per averle sempre a portata di mano.

Erbe aromatiche coltivazione

Il luogo

Prima di tutto, è fondamentale la scelta del terreno e del luogo che dedicheremo alla coltivazione delle aromatiche. Il posto giusto è quello più lontano da fonti inquinanti, al riparo dal vento e dal freddo intenso e in terreni ben drenati che evitino pericolosi ristagni d’acqua.

A seconda delle varietà selezionate, inoltre, sarà bene scegliere luoghi ben soleggiati per le varietà eliofile, oppure ombreggiati per quelle che crescono bene solo al riparo dalla luce diretta del sole.

Il terreno

Il terreno deve essere sempre ben drenato e libero dalle infestanti, che sottraggono nutrimento alle altre piante e soffocano le radici. Eseguite frequenti zappettature e controllate periodicamente lo stato di salute. Intervenite tempestivamente in caso di attacchi parassitari o malattie crittogamiche.

Le varietà 

  • Le varietà arbustive devono essere opportunamente sorrette con sostegni o tutori, nonché frequenti potature che limitino lo sviluppo eccessivo delle cime con conseguente indebolimento del fusto. Eliminate periodicamente foglie, fiori e rametti secchi.
  • Le piante più anziane devono sempre essere affiancate da esemplari giovani.
  • Alla fine della stagione vegetativa, prima che cominci l’inverno, il terreno deve essere pulito dalle annuali morte.
  • Le basi delle biennali perenni vanno pacciamate con paglia per proteggere le radici dal freddo.
  • Trasferire in vaso quelle specie che non sopportano il gelo e che dovrete conservare in casa.
  • Eliminate le infiorescenze piene di semi di quelle varietà che, auto-seminadosi, provocherebbero fenomeni di infestazione (finocchio, levistico).

ECCO LA NOSTRA: Guida alle piante da balcone: come fare un orto nel terrazzo

La conservazione

Per il consumo fresco, oltre alla normale pulizia, la raccolta e la conservazione non richiedono particolari precauzioni; diverso è il caso della conservazione a lungo termine che deve avvenire nel rispetto di alcune regole.

  • Al momento della raccolta, la pianta non deve essere inumidita da rugiada mattutina, acqua di innaffiatura o pioggia.
  • Il momento ideale per la raccolta è il mattino, quando la rugiada si è asciugata e il sole non è ancora troppo caldo.
  • Anziché lavarle in acqua, meglio strofinare delicatamente le parti che si vogliono conservare con un panno umido.

Essiccazione e congelamento delle erbe aromatiche

Per conservare tutto l’anno sapore e profumo delle aromatiche, le tecniche di conservazione sono l’essiccazione e il congelamento.

Essiccare vuol dire disidratare le parti sane della pianta esponendole per il tempo necessario alla luce del sole.

Attenzione a non prolungare l’esposizione per non alternare i principi attivi. Potete farlo in forno. Non superate mai la temperatura di 30-35° per le parti aeree e di 50° per radici e rizomi.

Le erbe saranno pronte per essere riposte in dispensa non appena appariranno fragili e scricchiolanti al tocco.

I contenitori più idonei alla conservazione sono vasetti in terracotta o vetro richiudibili ermeticamente, sacchetti di carta o latta stagnata. I vasetti andranno collocati in luoghi bui e asciutti per ritardare l’invecchiamento della pianta essiccata al loro interno.

Il congelamento permette di conservare per lungo tempo le erbe. Pulite bene le piante con uno straccio umido e riponetele negli appositi sacchetti per il freezer o in vasetti di vetro.

La raccolta delle erbe aromatiche

Con la raccolta delle erbe spontanee l’uomo ha potuto cibarsi. Nei secoli, poi, ha imparato a produrre da sé la maggior parte di questi frutti e ad utilizzarli nei cibi.

Anche se oggi non è più una necessità, raccogliere le erbe spontanee è un’attività che dovremmo riscoprire, perché è come andare alla riscoperta di sapori unici, molto diversi da quelli che acquistiamo ‘già pronti’ nei supermercati.

Anche se molte erbe posseggono virtù medicinali, la loro raccolta è diversa da quella delle erbe officinali. Le aromatiche devono essere prese quando fiori, foglie e germogli, sono più teneri. 

Invece le piante officinali per scopi fitoterapici vanno colte quando hanno raggiunto il completo sviluppo, per permettere alla pianta il massimo dei suoi principi attivi.

L’altra regola fondamentale è di effettuare la raccolta in luoghi lontani da fonti inquinanti. Non ai bordi delle strade, in campi coltivati, nei frutteti e in terreni vicini a corsi d’acqua o stagni che spesso e volentieri sono frequentati da topi e altri roditori.

erbe aromatiche

Coltivare erbe aromatiche può riservare grosse soddisfazioni…

La raccolta a seconda della pianta aromatica

In determinati periodi dell’anno la pianta potrebbe risentire dell’asportazione e indebolirsi facilmente. Ecco uno schema per la raccolta delle varie parti delle specie aromatiche più comuni:

  • Foglie (acetosella, origano, erba cipollina, rosmarino, basilico, prezzemolo, salviamenta): prima della fioritura, si possono essere asportate durante tutto l’anno vegetativo.
  • Steli (angelica, borragine, finocchio): prima che abbiano raggiunto il completo sviluppo o prima della fioritura.
  • Radici e rizomi: in autunno le annuali e biennali, in primavera quelle perenni.
  • Tuberi al momento della fioritura, quando contengono il massimo dei principi attivi.
  • Fiori (calendula, camomilla, lavanda): all’inizio della fioritura
  • Bulbi (aglio, cipolla): quando la pianta aerea inizia a seccare, aspettare la fine della fioritura.
  • Infiorescenze e fiori (calendula, camomilla, lavanda): all’inizio della fioritura, non appena dischiusi.
  • Semi e frutti (aneto, cumino, coriandolo, ginepro, levistico, senape, sedano): quando la pianta inizia a seccare e i frutti iniziano a cambiare colore poiché giunti a piena maturazione o qualche giorno prima.

SCOPRI LE NOSTRE DUE GUIDE: 

Come riconoscerle

Il riconoscimento botanico delle varietà edibili non è sempre semplicissimo poiché molte piante hanno ‘gemelle’ tossiche la cui ingestione potrebbe essere molto pericolosa. Il consiglio è di documentarsi, attenersi alla raccolta delle specie di cui si è certi e, in caso di dubbi, scartare quelle dall’aspetto meno familiare.

Tra le varietà più comuni e semplici da identificare ci sono: le carote selvatiche, gli asparagi selvatici, la cicoria, la bardana, il tarassaco, l’ortica, l’acetosella, il sambuco, la borragine, la malva, il finocchietto selvatico, la margherita pratolina, il silene, la menta, la rucola selvatica.

Le varie parti di queste erbe possono essere consumate a crudo, al vapore o lessate, in insalate e minestre o incorporate in ricette più elaborate alle quali sapranno donare quell’inconfondibile sapore di selvatico che stuzzica il palato.

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Olivo: storia, usi, proprietà e benefici

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La sua scoperta risale probabilmente a 6000 anni fa in Asia Occidentale dove le antiche popolazioni semitiche trasformarono la varietà selvatica in una specie domestica. Ma furono i Greci, poco più tardi, a consacrare l’olivo quale simbolo di pace, fertilità e rinascita.

La sua imperturbabilità alle forze del tempo e della natura alimentò il culto presso tutte le popolazioni dell’area Mediterranea, fino a trasformarlo in un elemento di forza e purificazione spirituale.

olivo

Nella storia dell’olivo, mito e leggenda si intrecciano inesorabilmente. Ne sono testimonianza i numerosi racconti, i testi religiosi e i rinvenimenti archeologici. Una leggenda narra della Dea Atena, dalla cui lancia piantata nel suolo dell’acropoli di Atene fece crescere il primo ramoscello di olivo, con l’intento di benedire i popoli. La Bibbia e i Vangeli parlano dell’olivo come di quella pianta che la colomba portò a Noè dopo il Diluvio Universale. La stessa in compagnia della quale Gesù trascorse le sue ultime ore di vita recandosi nell’Orto degli Olivi.

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Oltre alla sua valenza fortemente simbolica nella storia della religione e della spiritualità cristiana, l’olivo rappresenta un elemento fondamentale della cultura alimentare mediterranea. E

se le innumerevoli qualità organolettiche dell’olio extravergine di oliva sono ormai note, meritano un’attenzione speciale anche le sue proprietà benefiche, le stesse che ritroviamo anche nell’estratto delle foglie. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

olivo

Olivo: pianta e frutti

L’olivo è una pianta da frutto sempreverde che appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta raggiunge la sua piena maturità intorno ai 50 anni di vita e, in condizioni climatiche ottimali, si rivela molto longeva. Alcuni esemplari, infatti, possono superare i mille anni di età!

Questa pianta è coltivata in tutte le zone del Mediterraneo, in particolare in Spagna, Tunisia, Italia, Turchia, Grecia, Marocco. I suoi preziosi frutti (le olive) sono d sempre utilizzate come alimento-base dell’intera piramide alimentare. Tra le varietà di olive italiane più apprezzate e diffuse ricordiamo:

  • Ascolana tenera
  • Nocellana del Belice
  • Bella di Cerignola
  • Taggiasca
  • Carolea
  • Cassanese
  • Giarraffa
  • Itrana
  • Sant’Agostino
  • Santa Caterina
  • Olive di Gaeta
  • Oliva del Leccino

olivo

Dalla spremitura delle olive si ottiene un pregiato liquido che è l’olio extravergine di oliva. Studi scientifici dimostrano che il regolare consumo di quest’olio ha molteplici benefici per tutto l’organismo. In particolare:

  • contrasta il diabete
  • protegge il fegato
  • riduce il rischio di cancro al seno o al colon
  • previene l’Alzheimer
  • protegge cuore e arterie
  • riduce il rischio di ictus
  • contrasta l’invecchiamento cellulare

La pianta produce i suoi primi frutti circa tra il terzo e il quarto anno vegetativo. Raggiunge la piena attività tra il nono e il decimo. Il fusto dell’olivo è cilindrico e contorto, nodoso, spesso simile ad una vera e propria opere d’arte forgiata dalle mani di Madre Natura. I rami formano delle strutture nodulose, gli ovoli, da cui ogni anno spuntano i rametti più teneri, detti polloni basali. La corteccia è di colore grigio o grigio scuro.

L’Italia è il maggior produttore mondiale di olio d’oliva, ma in tutto il mondo il consumo è aumentato esponenzialmente negli ultimi decenni. I consumatori sono infatti sempre più consapevoli delle sue virtù.

olivo

Olivo proprietà e usi

L’olio di oliva e gli estratti delle foglie (ricche di polifenoli e flavonoidi) sono utilizzati in fitoterapia, omeopatia e cosmesi naturale come rimedi medicamentosi e trattamenti di bellezza.
In cosmesi si utilizzano per sfruttarne le proprietà nutritive e l’alto concentrato di vitamina E ed A.  Li ritroviamo in unguenti, saponi e altri prodotti per pelle e capelli.

Per i capelli

Una soluzione naturale semplicissima da mettere in pratica per nutrire i capelli secchi, è limpacco con l’olio di oliva da applicare sulla chioma un prima dello shampoo. Una volta distribuito puro sul cuoio capelluto e su tutta la lunghezza dei capelli, si lascia in posa almeno per 30 minuti con un telo tiepido avvolto intorno al capo.

Altre proprietà

Tra i benefici dell’olio di oliva, uno dei più importanti è collegato alla capacità di stimolare le secrezioni gastroenteriche e favorire il processo digestivo. Ciò vuol dire che:
  • protegge dall’ulcera duodenale
  • aiuta la motilità intestinale
  • stimola le attività del pancreas e della cistifellea
  • aumenta la produzione di bile

olivo

Dal punto di vista organolettico, l’olio e le foglie di olivo sono ricchi di vitamine e polifenoli, sostanze che agiscono nell’organismo come antiossidante, antinfiammatorio e antibatterico naturale. L’apporto vitaminico più importante è composto da:

  • A (beta-carotene): fondamentale per pelle, mucose, ossa, denti e per la visione notturna
  • D: permette la calcificazione delle ossa
  • E: antiossidante, importante per il funzionamento del tessuto muscolare e di quello nervoso
  • K: fondamentale per la coagulazione del sangue. Utile contro numerose malattie cardio-vascolari e tumorali

Le foglie di olivo hanno anche proprietà ipoglicemizzantidiuretiche e colesterolitiche. Le proprietà benefiche sono collegate alla presenza di una sostanza particolare, l’oleuropeina. Si tratta di un glucoside amaro responsabile di benefici importantissimi per la nostra salute.

Riassumendo, si può dire che questa pianta svolge le seguenti azioni:

  • Antiossidante: previene l’ossidazione cellulare e contrasta l’azione dei radicali liberi.
  • Depurativa: favorisce l’eliminazione di acidi urici, tossine, grassi e zuccheri nel sangue, fegato e reni.
  • Cardioprotetttiva: aumenta l’elasticità delle arterie e favorisce la regolare circolazione sanguigna.
  • Ipocolesterolemizzane: riduce i livelli di colesterolo cattivo e alza quelli di colesterolo buono.
  • Immunostimolante: aumenta le difese immunitarie e svolge un’azione antivirale, antimicotica e antibatterica.

I benefici dell’estratto di foglie di ulivo o di un decotto sono collegati, dunque, ad un’attività benefica a livello cardiovascolare, immunitario, circolatorio, ecc. Si tratta di un rimedio naturale utilizzabile in tutti i casi di malattie ricollegabili a virus, batteri, funghi, lieviti, ecc. compresi herpes, candida e micosi. Utile anche  in caso di fatica cronica, in periodi di particolare stress psico-fisico e come antiossidante naturale.

Ulteriori informazioni

Scopri anche questi oli vegetali, e qualcosa in più sull’olio di oliva stesso:

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Papavero: proprietà, usi, ricette e controindicazioni

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Il papavero è un’erbacea fiorifera associata nella tradizione popolare a molti rimedi naturali per favorire il sonno, specie nei bambini.  Il suo nome, infatti, deriva dal latino ‘pappa’ o ‘papa’, poiché un tempo i semi di papavero venivano uniti alla pappa dei bimbi per facilitarne il riposo. Ancora oggi, in alcune regioni italiane l’infuso di semi di papavero è chiamato ‘papagna’ ad indicare proprio l’oppio misterioso che i nostri nonni usavano per conciliare il sonno.

Il papavero è una delle piante erbacee annuali più conosciute e diffuse nei campi di tutte le regioni italiane, specie in quelli di cereali. Lo si trova anche in aree abbandonate e ai margini di strade e sentieri di campagna. Un tempo era considerato un’infestante ed era chiamato ‘rosolaccio‘ che vuol dire ‘rosa dei campi’ in riferimento al suo aspetto che ricorda vagamente quello della rosa selvatica.

FOCUS: Fitoterapia, guida alle piante officinali per curarsi naturalmente

papavero

Oggi, la sua diffusione è in lento declino per via dell’uso sempre più massiccio di pesticidi e diserbanti. Considerate, dunque, che se in un campo di grano o di granoturco non si scorgono i colori sgargianti del papavero, quasi certamente quel campo è stato trattato con sostanze chimiche…

Come pianta officinale, i petali freschi e i semi di alcune specie vengono utilizzati per preparare sciroppi e bevande medicamentose. Il papavero selvatico, ad esempio, ha proprietà sedative e antispasmodiche e se ne usano i petali e le capsule vuote per fare sciroppi e tisane utili in caso di tosse, insonnia e stati di eccitazione nervosa.

papavero

A seconda della località e della tradizione popolare, questa pianta viene indicata con nomignoli e termini dialettali che variano di regione in regione e a volte di paese in paese.

In Abruzzo, ad esempio, il nome cambia a seconda della tradizione dialettale di ogni paesino: papagne (Chieti), papàmbele (L’Aquila), papàmbre (Alto Vastese, Gessopalena, Pescasseroli). E ancora: Papavere, papivere, pèpelle, papaina, pupélla, pupille, cingelacastra (Marsica), bellòneche, bionniche (Capistrello)… e così via.

Una curiosità molto particolare è legata allo schioccare del petalo del papavero in fiore. Posto nel pungo della mano e colpito col palmo dell’altra, lo schiocco sarebbe prova di fedeltà e di amore ricambiato. E con il colore dei fiori di papavero si otteneva una tintura rossa che un tempo veniva utilizzata dalle donne per colorare labbra e guance.

papavero

Papavero selvatico e altre specie

Come detto, il papavero è una pianta erbacea annuale che cresce fino a 60 centimetri di altezza. Il fusto è eretto, ramoso, setoloso e produce una sostanza lattiginosa. La pianta produce un bel fiore grande 5-7 centimetri, con 4 petali rosso scarlatto racchiusi inizialmente in una capsula sub­sferica. La capsula si schiude da maggio a giungo e in alcune regioni anche in agosto e settembre, liberando i petali stropicciati e setosi.

Scopri altre guide ai semi di:

In Italia esistono 12 specie spontanee, alcune molto rare o in forte declino. Ogni specie si distingue dall’altra per colore, forma e dimensioni. Le più comuni sono:

  • Papavero da oppio (Papaver somniferum). E’ la specie coltivata come pianta officinale e ornamentale. Si utilizzano i semi aromatici prodotti dai fiori che sbocciano tra maggio e agosto. Cresce spontaneo in tutta Italia fino a 1500 metri di altitudine ed è molto diffuso in Abruzzio, tra Chieti e L’Aquila.
  • Papavero setoloso (Papaver somniferum). Cresce spontaneamente nei pascoli, a ridossi di muri di recinzione e nei campi coltivati, quasi sempre come infestante. E’ molto comune sulle coste occidentali  della Liguria, Calabria, Sicilia, Sardegna e Corsica. Fiorisce tra maggio e giugno.

papavero

  • Papavero comune o Rosolaccio (Papaver rhoeas). Lo si ritrova come infestante nei campi di cereali non trattati chimicamente, ma anche vicino a ruderi e a ridosso di muri e steccati. Fiorisce tra aprile e settembre a tutte le latitudini italiane.
  • Papavero selvatico (Papaver argemone). Nelle colture di cereali si palesa come infestante. Cresce bene su suoli pesanti, subacidi e nelle zone irrigue. E’ molto comune in tutta la pianura lombarda, in Piemonte e un po’ più raro in Toscana, Umbria, Sardegna. Fiorisce tra maggio e giugno.

papavero rosa

  • Papavero alpino (Papaver rhaeticum). Si diffonde nei campi ghiaiosi da 1800 a 3020 metri di altitudine. E’ molto comune sulle Alpi orientali, dalle Giulie alle Grigne. Fiorisce tra luglio e agosto.
  • Papavero giallo (Glaucium flavum). E’ detto anche Papavero delle dune o Papavero cornuto. In passato i suoi semi si usavano per produrre olio per le lampade e sapone.

Papavero proprietà

A questa pianta erbacea sono collegate proprietà cosmetiche, in particolare per cura della pelle e del viso. Il suo maggiore utilizzo in fitoterapia, però, è come sedativo molto efficace per conciliare il sonno. I petali di contengono alcaloidi, sostanze mucillaginose e antocianine che conferiscono il colore rosso ai petali. In erboristeria si utilizzano per le spiccate proprietà narcotiche, calmanti, decongestionanti ed espettoranti.

Si raccolgono in estate durante il periodo della fioritura. Vengono essiccati in un posto ventilato e caldo e riposti in barattoli di vetro scuro o in sacchetti di carta. Quelli comprati in erboristeria invece, devono conservare il color rosso scuro ed essere leggermente umidi.

papavero

I semi di papavero, invece, sono ricchi di acidi grassi, proteine, sali minerali e vitamina E. Sono utilizzati come rimedio naturale contro ansia e come cibo antistress, avendo un blando effetto sedativo e calmante derivato dagli alcaloidi, una proprietà che li rende un alleato naturale nelle medicine alternative.

Contengono fitosteroli, che aiutano ad abbassare il colesterolo nel sangue.

Semi di papavero

semi di papavero si ricavano dalla pianta del papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas). Sono di due tipineri e bianchi, ma le loro proprietà non cambiano a seconda del colore. Come tutti i semi oleosi, sono una ricca fonte di grassi e proteine ma sono anche una riserva di manganesecalcio, acido linoleico (ovvero Omega 6) e vitamina E.

L’apporto calorico non è indifferente: il loro consumo non è consigliato per chi segua una dieta ipocalorica.  Sebbene durante la lavorazione dei semi di papavero la concentrazione di questi alcaloidi venga consistentemente abbattuta, il loro consumo non è indicato per donne di gravidanza, bambini e soggetti con problemi respiratori.

Papavero usi e applicazioni

Le parti edibili e medicamentose della pianta, come detto, sono petali e semi. Questi si possono utilizzare sotto forma di tintura madre, infusi, decotti e sciroppi dal potere decongestionante e sedativo.

  • Infuso rilassante: lasciate macerare 5-6 grammi di petali in acqua bollente per 10 minuti. Filtrare e bere in caso di insonnia o per conciliare il sonno in bambini e anziani. Sempre a scopo sedativo è possibile utilizzare anche la tintura madre (40-45 gocce) prima di andare al letto.
  • Sciroppo per tosse e pertosse: mettete in infusione 35 grammi di fiori di papavero con mezzo litro di acqua bollente per 10 minuti. Unite 600 gr di zucchero di canna e cuocete sul fuoco mescolando fino ad ottenere una miscela densa.

papavero

  • Sciroppo espettorante e decongestionante: mettete a macerare 20 grammi di petali di papavero in 100 grammi di alcool a 60° per 5 giorni. Filtrata con un panno e aggiungete 100 grammi di acqua. Lasciate riposare per un’ora. Assumere 2 o 3 bicchierini di sciroppo al giorno fino a guarigione.
  • Acqua di bellezza: lasciate sobollire una manciata di petali freschi in manciata di petali freschi in 300 grammi di acqua per 15 minuti. Filtrata e utilizzate l’infuso tiepido per la detersione del viso o applicato mediante l’uso di garze sterili.

papavero

A proposito di tosse o raffreddore, ecco altri consigli utili:

Papavero controindicazioni

Nonostante il papavero nostrano e il papavero da oppio appartengono alla stessa specie, quello da oppio è ricco di sostanze pericolose (morfina, codeina e papaverina). Dunque, se l’utilizzo della varietà nostrana può considerarsi innocuo, a patto di non superare i 5-6 grammi di petali al giorno, quello da Oppio no. Nei soggetti sensibili l’uso del papavero può provocare reazioni allergiche o nausea. In tutti i casi, è sempre bene evitare il fai-da-te e chiedere consiglio al proprio medico di fiducia.

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Papavero ricette

In cucina si utilizzano sia le foglie, i semi e i germogli teneri di papavero, raccolti a inizio Primavera. Questi ultimi, sono molto buoni in insalata, con olio e succo di limone. Si abbinano altrettanto bene in misticanza con ad altre erbe di campo spontanee come cicoria, tarassaco e ortica.

papavero

Le foglie mature delle rosette basali si cucinano  come gli spinaci, magari in abbinamento a bietole selvatiche e profumate con timo, dragoncello, rosmarino, origano, maggiorana ecc. Sempre le foglie cotte possono essere un ottimo ripieno per tortelli e ravioli. I semi di papavero, infine, si abbinano meravigliosamente ad impasti di pizza, pan brioche, pane integrale e cracker.

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Pimpinella: l’erba rivitalizzante che rompe le pietre

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La pimpinella è una delle erbe officinali ed aromatiche più utilizzate fin dall’antichità come ricostituente naturale, l’equivalente del Ginseng per i cinesi e della Radice della Taiga per i Russi. Il suo nome ha un’etimologia alquanto curiosa: ‘saxifraga‘, in latino, significa letteralmente ‘che rompe le pietre’. Scopriamo questa pianta e le sue proprietà benefiche tanto apprezzate dai nostri avi.

Il nome Pimpinella saxifraga deriva dal latino bipinula, che significa più o meno ‘dalle piume doppie’, per via della particolare forma delle foglie. Saxifraga, invece, vuol dire ‘che rompe le pietre‘ in riferimento alla forza e ai terreni pietrosi particolarmente ostili in cui si propaga questa erba.

pimpinella

Nel Medioevo, i nostri avi dicevano: “Mangiate aglio e pimpinella e vivrete più a lungo” a testimonianza di come la pianta fosse già associata a proprietà rivitalizzanti e ricostituenti. Addirittura, ne masticavano foglie e fiori freschi per proteggersi dalla peste mediante la purificazione dell’alito.

Oggi la Pimpinella è conosciuta con il nome anica e la varietà verde della pianta è l’ingrediente-base del gelato blu al gusto ‘Puffo’. Il suo vero nome è proprio Pimpinella Anisum, più comunemente nota come anice o anice verde. Plinio il Vecchio è stato il primo a descrivere le tante virtù della Pimpinella, nonché uno dei primi a suggerirla come rimedio naturale per le affezioni delle vie respiratorie, date le proprietà espettoranti e lenitive.

Pimpinella, l’erba selvatica

Questa erba selvatica dalle note aromatiche è originaria del Mediterraneo, e più in generale dei climi caldi e temperati. Predilige terreni ben drenati, esposti alla luce diretta del sole e può essere coltivata con successo in giardini e orti.

La pianta a è conosciuta come anice comune o anice verde, da non confondere  con l’omonima pimpinella dal nome botanico Sanguisorba minor.

pimpinella

In genere, la non supera il metro di altezza, si presenta con un ‘f’ all’interno e foglie composte di forma differente a seconda della posizione. Le foglie sono picciolate, lombate e con i margini dentati.

Le infiorescenze sono ombrelle formate da tanti capolini bianchi che classificano la pianta nella famiglia delle ombrellifere. I semi sono piccoli diacheni sottolineati da striature.

Le proprietà

Una delle proprietà più importanti della pimpinella per cui è molto conosciuto in fitoterapia è senza dubbio quella digestiva. Già nella tradizione popolare, infatti, i semi di questa erba erano utilizzati per aiutare la digestione, combattere meteorismo e flatulenze, ma anche i gonfiori addominali e i crampi. Molto simile al finocchio, il principio attivo più sfruttato è l’anetolo da cui viene estratto l’olio essenziale.

La pianta, inoltre, è in grado di svolgere un’azione benefica anche nei confronti delle vie aeree grazie alle sue proprietà espettoranti e antibatteriche. Aiuta a combattere il vomito, la nausea e gli spasmi.

Il suo fitocomplesso è ricco di preziosissimi oli essenziali dalle spiccate virtù balsamiche e carminative. Può essere utilizzata addirittura come galattogeno in quanto favorisce la produzione di latte materno.

pimpinella

Una tisana a base di semi di pimpinella è l’ideale come antibatterico e digestivo naturale. Così come i suffumigi a base di olio essenziale di pimpinella aiutano ad espellere muco e catarro liberando le vie respiratorie.

Controindicazioni

Non vi sono controindicazioni particolari all’uso regolare di pimpinella se non il buon senso: evitate il fai-da-te e non assumete i suoi estratti in caso di allergie ad uno dei principi attivi.
L’olio essenziale
di pimpinella non deve essere utilizzato in gravidanza poiché stimola le contrazioni uterine. Ad alte dosi, può provocare ebbrezza e tremore. Le interazioni possibili si manifestano con antinfiammatori e cortisonici. Prima di intraprendere un trattamento, chiedete sempre il supporto del medico o dell’erborista di fiducia.

Pimpinella olio essenziale

L’olio essenziale di questa pianta favorisce la digestione, neutralizza il meteorismo, calma la tosse e fluidifica il catarro. Le sue attività benefiche si esplicano, in particolare, come:

  • Antifermentativo
  • Colagogo (favorisce la secrezione biliare)
  • Spasmolitico
  • Galattogogo
  • Come digestivo:  1 goccia di olio essenziale e un cucchiaino di miele sciolti in una tazza di acqua calda da bere subito dopo i pasti.
  • Galattagogo: 1 cucchiaio di olio di germe di grano, 2 gocce di olio essenziale da massaggiare sul seno (non sul capezzolo) fino a completo assorbimento per 2 volte al giorno.
  • Mucolitico: 1 cucchiaio di olio di mandorle dolci, 5 gocce di olio essenziale di anice da massaggiare sul petto prima di coricarsi per aiutare le vie respiratore o sulla pancia per combattere i dolori addominali.

Ricette con la pimpinella

Oltre che come pianta officinale dalle numerose virtù, la pimpinella è anche nota come pianta aromatica utilizzabile in cucina per preparare e insaporire molti piatti. Il suo profumo delicato ricorda quello della noce, il retrogusto salato e fresco, invece, fa venire in mente il gusto del cetriolo.

ECCO LA NOSTRA: Guida alle piante da balcone: come fare un orto nel terrazzo

Queste caratteristiche la rendono perfetta per preparare insalate, insaporire verdure cotte, zuppe e minestre. E’ anche un alternativa al basilico nella preparazione di un delizioso pesto, nonché del prezzemolo per aromatizzare le pietanze.

Abbinata a dragoncello e rosmarino diventa una buonissima salsa aromatica  perfetta per condire il pesce bianco. Ma la ricetta forse più famosa a base di pimpinella è quella della salsa ravigote. Questa prevede un’emulsione di pimpinella, acciughe, capperi, aceto di vino bianco, basilico, cerfoglio, dragoncello, erba cipollina, prezzemolo, scalogno, sale, pepe e olio evo.  Accompagna splendidamente carni bianche, pesce lesso e uova affogate.

Altre informazioni

Scoprite altre erbe medicinali che si utilizzano per le loro proprietà carminative, come la pimpinella:

  • Angelical’erba degli angeli usata in medicina cinese, ottima per intestino, l’apparato digerente e regolare la temperatura corporea
  • Camomilla, la bevanda calmante per eccellenza
  • Boldo, disintossicante, cura i disturbi digestivi, lingua bianca, candida e alitosi.
  • Finocchio per gastrite e colite
  • Liquiriziaoltre le caramelle, è amica di stomaco e intestino, calma la tosse e aiuta il fegato, ma attenzione alle dosi perché alza la pressione
  • Menta piperitadall’aroma fresco ad azione anestetica, depurativa e antisettica
  • Timo, usato in cucina e come antinfiammatorio le vie urinarie e l’apparato respiratorio, grazie all’azione balsamica e fluidificante lenisce la tosse, la bronchite e il raffreddore

 

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Salsapariglia: la pianta che fa bene a uomo e ambiente

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Salsapariglia è solo uno dei tanti, curiosissimi nomi con i quali è conosciuta la Smilax Aspera L., pianta mediterranea nota fin dall’antichità per le sue proprietà diaforetiche e febbrifughe. Oggi, questo arbusto perenne è considerato un fitodepuratore per la sua capacità di bonificare i terreni contaminati da metalli pesanti e sostanze tossiche. Ecco tutto quel che c’è da sapere sulle sue virtù e i sui possibili utilizzi.

C’è chi la chiama Strappabrache, Stracciacappe o Stracciabrache. Chi la conosce con il nome di Rovo-cervone, Rovo-cerrone o anche Salsa paesana. Altri l’hanno sempre chiamata semplicemente ellera spinosa, in riferimento alla spinosità dei suoi rami e foglie. I bambini la ricordano per la pozione magica di Gargamella, il nemico dei Puffi.

Salsapariglia: la storia del nome

In realtà, la salsapariglia nostrana, ha un nome botanico e un’etimologia ben precisa di derivazione greca e latina. Si tratta della Smilax Aspera L., pianta arbustiva perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae che cresce spontanea in quasi tutto il Mediterraneo.

Il termine deriva dal greco smilé (raschietto) e dal latino asper (pungente) e definisce in maniera assai eloquente la morfologia di questa pianta rampicante.

salsapariglia

Nota nel XVI secolo come rimedio contro la sifilide, oggi la salsapariglia è utilizzata in fitoterapia come diaforetico, diuretico, febbrifugo e depurativo naturale. E’ particolarmente indicata per il trattamento di sindromi influenzali e da raffreddamento poiché è un ottimo espettorante.

Utile in caso di asma, artrite, gotta, reumatismi ed eczemi, i suoi principi attivi più importanti sono concentrati nelle radici. Tra i tanti, ricordiamo la smilacina, la salsasaponina, glucidi, colina, saponina, tannini, potassio e calcio.

Proprio con la radice di Salsapariglia vengono preparati infusi e decotti per la cura dell’influenza, del raffreddore e dei reumatismi.

I rimedi naturali per i malanni di stagione:

Recentemente è stata selezionata come fitodepuratore poiché è in grado di crescere e prosperare anche in terreni contaminati da alte concentrazioni di metalli pesanti, tra cui piombo, bario, zinco e cadmio. La sua capacità consiste nell’assorbire queste sostanze nelle radici per poi trasferirle nelle foglie. In questo modo i livelli di tossicità  si abbassano notevolmente e gli inquinanti non si trasferiscono nella catena alimentare.

Salsapariglia nostrana pianta

La salsapariglia è una pianta arbustiva perenne dal portamento rampicante. Appartiene alla famiglia delle Smilacacee. Si tratta di una pianta spontanea, particolarmente diffusa nei boschi e nelle isole. Resiste tranquillamente a lunghi periodi di siccità e la si vede diffusamente nella macchia mediterranea.

Il fusto flessibile e delicato è in realtà pieno di aculei e spine pungenti, tra le quali crescono bacche rosse riunite in grappoli di cui si nutrono gli uccelli. Le foglie presentano un’inconfondibile forma a cuore con margini seghettati. La pianta produce anche dei piccoli fiori di colore giallognolo riuniti in ombrellifere, dal profumo gradevole.

SALSAPARIGLIA

La salsapariglia è una pianta originaria dell’America tropicale ma ormai diffusa nel Mediterraneo meridionale. Cresce spontanea nelle zone ombrose, ai bordi dei campi e lungo le siepi, fino a 300 metri di altitudine. E’ comune in Liguria, nell’Italia centro-meridionale e nelle isole, più rara a nord.

Sfregata in maniera vigorosa, la salsapariglia produce una schiuma che ricorda quella prodotta dai cavalli quando sudano. Da qui il nome: salsa (schiuma) e pariglia (coppia di cavalli).

Salsapariglia proprietà e usi

Le proprietà attribuite alla salsapariglia sono collegate all’azione del suo fitocomplesso che si esplica nell’organismo svolgendo un’azione:

  • Diuretica
  • Depurativa
  • Espettorante
  • Emetica

Per queste ragioni è molto consigliata in caso di influenza sotto forma di decotto o tisana. E’ l’ideale per abbassare la febbre alta poiché è un diaforetico naturale: favorisce, cioè, la sudorazione e accelera il processo di guarigione.

L’uso esterno come depurativo per la pelle consiste in un decotto a base di 20 grammi di radice e 2 litri di acqua da bere 1 o 2 volte al giorno. Per il trattamento dell’artrite e dei reumatismi, occorrono 30 grammi di radice e 5 grammi di saponaria bolliti in 1 litro di acqua per 20 minuti.

Il macerato di radici (15 grammi) dolcificato con del miele è l’ideale per alleviare i sintomi del raffreddore e dell’influenza. Bevuto subito prima di andare a letto, favorisce il riposo notturno e calma la tosse.

Controindicazioni

Il consumo di questa pianta è collegato all’insorgenza di alcuni effetti collaterali. Il più grave è l’irritazione della mucosa gastrica.

È dunque raccomandato di assumerla sotto stretta osservazione medica e di evitare il fai-da-te. Sconsigliata anche in caso di terapie concomitanti a basi di diuretici e digitalici.

salsapariglia

Salsapariglia ricette

Nel Salento, in particolare, i germogli più teneri sono raccolti e consumati come asparagi selvatici, dopo essere stati bolliti. Il loro sapore è leggermente amarognolo, ma gradevole ed è molto apprezzato nella preparazione di zuppe, minestre, frittate e sformati di verdure.

Dalla salsapariglia, in Spagna, si ricava una bevanda analcolica a base di estratto di radice, zucchero, miele e acqua.

Altre informazioni

Trovate tante altre piante con proprietà simili alla salsapariglia, cioè diuretiche, febbrifughe e depurative:

  • Angelical’erba degli angeli usata in medicina cinese, ottima per intestino, l’apparato digerente e regolare la temperatura corporea
  • Crespino, la pianta anticolesterolo che controlla anche la glicemia
  • Equiseto per l’artrosi, è drenante e diuretica
  • Olivoporta benefici al sistema cardiovascolare  e immunitario, e regolarizza la pressione sanguigna
  • Pilosellaamica delle gambe, è un potente diuretico, usato contro la cellulite, sgonfia i tessuti e aiuta in caso di edemi degli arti inferiori e ritenzione idrica
  • Salicepianta antinfiammatoria, antinevralgica e antifebbrile, è utile contro reumatismi, mal di testa e febbre
  • Spaccapietra: aiuta reni e fegato, è febbrifuga, può essere usata come blando lassativo, e contrasta batteri e vermi intestinali
  • Tarassaco per calcoli biliari e renali
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Piante annuali: varietà, coltivazione e cure

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Le piante annuali sono vegetali in grado di compiere il loro ciclo di vita in un anno o poche stagioni. L’ultimo periodo dello sviluppo è dedicato alla moltiplicazione poiché la pianta produce semi che consentiranno di propagare la specie nell’anno successivo. Ecco tutto quel che c’è da sapere sulle piante annuali e sulle tecniche per coltivarle in giardino e in vaso.

Le piante annuali sono definite tali poiché compiono il loro ciclo di vita vegetativo in un anno, una o due stagioni. La loro prerogativa è quella di dedicare l’ultima fase della vita vegetativa alla produzione di semi di varie dimensioni che serviranno alla propagazione nell’anno successivo. In botanica, sono considerate annuali anche tutte quelle specie esotiche non sopravvivono a condizioni climatiche avverse che si verificano con l’avvicendarsi delle stagioni.

piante annuali

La verbena

A differenza delle piante biennali, le annuali possono avere diversi periodi di fioritura. Ce ne sono di moltissime varietà e tipologie e l’elenco è davvero sterminato. Generalmente si distinguono due tipologie principali:

  • Specie da seminare a primavera con fioritura estiva
  • Specie da seminare in autunno e con fioritura tardo-invernale

Queste ultime sono definite anche semi-rustiche poiché resistono anche a temperature molto basse. Le piante annuali sono per lo più erbacee dagli apparati fogliari molto sviluppati e dalle fioriture di colori intensi e vivaci. Non a caso, sono utilizzate in giardinaggio per decorare aiuole e bordure. Per la facilità di coltivazione, possono essere poste a dimora sia in vaso che in piena terra.

piante annuali

La malva

Le varietà

La coltivazione delle annuali deve iniziare con la scelta delle varietà più adatte al tipo di terreno, di clima e alle esigenze colturali della pianta stessa, rapportate al tempo che potremo dedicarle.

Tra le piante annuali da giardino e da vaso più apprezzate, come non citare la verbena, la petunia, la viola cornuta, l’alisso, la begonia, la bocca di leone, la calendula, la campanella, il fiordaliso, il geranio, il girasole, la malva, la primula e il garofano indiano.

piante annuali

La primula

Le annuali sono utili per scandire i ritmi stagionali e comporre aiuole miste. Il consiglio è di acquistarle in vivaio o nei negozi specializzati  in vasetti o vaschette da trapiantare nel giro di pochi giorni.  Se invece volete cimentarvi nella coltivazione a partire dal seme, allora potrete mettere alla prova il vostro pollice verde acquistando direttamente le sementi.

La coltivazione

Ricordate che si tratta di piante dall’apparato radicolare molto superficiale, sensibile alla siccità, ai ristagni idrici e bisognoso di terreno arricchito di nutrimento e ben drenato.

Scegliere le piante annuali più adatte al giardino, per esempio, significa valutare bene l’esposizione solare dello spazio a disposizione e le temperature medie che vi si registrano. Nelle regioni climatiche più fredde con estati tiepide il consiglio è di prediligere le specie con fioritura invernale come l’aster e altre specie di montagna. Nelle regioni climatiche più calde vanno bene tutte le piante annuali a fioritura estiva a patto che godano di una buona esposizione. Tra queste, ricordiamo la calendula, la pratolina e la felicia.

piante annuali

Il Geranio

Piante annuali da fiore

Il grande vantaggio delle piante annuali è che ne esistono una grandissima varietà per tutte le stagioni dell’anno. Coltivarle, quindi, vuol dire assicurarsi una bella macchia di colore sia in estate che in inverno, sopratutto se si ha la fortuna di vivere in zone climatiche miti. Abbinate alle biennali, queste piante regaleranno molte soddisfazioni sia in giardino che in balcone, rallegrando il vostro spazio verde con bellissime e scenografiche fioriture.

In inverno si trovano in commercio calendule, pratoline, primule e viole. Man mano che ci si avvicina alla primavera i vivai si popolano di specie da giardino come l‘agerato, le bocche di leone, le campanule, i garofani, le gerbere, i ranuncoli, le tagete.

La primavera è un’esplosione di bulbose dalle fioriture variopinte come gerani, primule, tulipani e begonie. Verso la fine della stagione inizia la disponibilità di annuali estive: impatiens, margherite, pervinche, petuniesurfinie, verbene

In autunno, infine, ci sono i crisantemi, i girasoli tardivi, ciclamini, cavoli ornamentali, eriche, peperoncini ornamentali e le viole. Tra le piante annuali che producono fiori, c’è  anche la portulaca che si coltiva da metà giugno. Oppure la lobelia che produce meravigliosi fiori blu, azzurri, bianchi, rosa o rossi.

Ecco altre guide alla coltivazione di fiori e bulbi:

Piante annuali: elenco

Come detto, l’elenco delle piante annuali è davvero infinito. Tuttavia, si possono individuare alcune specie più rappresentative che vengono utilizzate per la coltivazione in giardino e in vaso. Alcune di esse sono particolarmente adatte per decorare balconi, davanzali e ringhiere e prediligono un’esposizione in pieno sole.

Ecco una selezione delle piante annuali più belle, colorate e facili da coltivare:

  • Bocca di leone (Antirrhinum majus): è una pianta perenne coltivata come annuale. Fiorisce da giugno a metà autunno, con grande varietà di colori.
  • Calendula (Calendula officinalis): fiorisce dalla primavera a fine estate nei toni del giallo e dell’arancione.
  • Campanella (Campanula spp.): fiorisce in colorazioni che vanno dal bianco al celeste, dal blu al viola.
  • Dimorfoteca (Dimorphotheca spp.): è uan sorta di margherita di colore rosa, bianco, giallo, rosso o viola. Ha fioriture lunghissime che iniziano al principio della primavera fino alle prime gelate invernali.
  • Flox (Phlox drummondii): fiorisce da giugno a settembre.
piante annuali

La Gazania

  • Garofano e garofanino (Dianthus spp.): fiorisce da giugno a ottobre e, a seconda della varietà.
  • Gazania (Gazania spp.): fiori gialli, arancio, rosso, rosa, che compaiono da maggio a ottobre; si schiudono in pieno sole e si chiudono di sera.
  • Petunia (Petunia hybrida): fiorisce abbondantemente da maggio all’autunno in quasi tutte le colorazioni. Ne esistono di diverse le varietà a seconda del portamento e delle corolle.  Può vivere bene anche a mezz’ombra.
  • Tagete o garofano indiano (Tagetes patula): fiorisce da giugno a ottobre con fiori gialli e arancioni.
  • Verbena comune (Verbena hybrida): fiorisce da giugno a ottobre nelle tonalità di viola.
  • Viola del pensiero (Viola tricolor): fiorisce da fine estate fino a primavera inoltrata.
  • Zinnia comune (Zinnia elegans): fiorisce da giugno a ottobre in svariate colorazioni.

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Uncaria: proprietà e usi di questo immunostimolante naturale

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L‘uncaria tormentosa è una pianta rampicante conosciuta in Italia con il nome di ‘unghia di gatto’ per gli uncini che caratterizzano la superficie dei suoi fusti. Si tratta di una liana amazzonica dalla corteccia e radici medicamentose, utilizzate in medicina popolare per le spiccate proprietà immunostimolanti e antinfiammatorie. Conosciamola meglio e scopriamo caratteristiche, usi e controindicazioni di questa pianta delle salute.

L’uncaria tormentosa detta anche Lingua di gatto per i suoi uncini che ricordano gli artigli dei nostri amici felini, è una pianta rampicante originaria della foresta pluviale amazzonica. E’ conosciuta ed utilizzata fin dall’antichità dalle tribù native dell’America Centro-Meridionale per le sue proprietà immunostimolanti, antivirali e antinfiammatorie.

Nella medicina popolare amazzonica si sfruttano la corteccia, le foglie e le radici di questa liana sotto forma di decotto, polvere o infuso per il trattamento di varie affezioni di origine batterica e virale.

In particolare, è conosciuta in fitoterapia come rimedio naturale in caso di infezioni, dolori muscolo-scheletrici, gastrite e altre affezioni del tratto gastrointestinale.

uncaria

Uncaria tormentosa, la pianta

Si tratta di arbusto rampicante (liana) appartenente alla famiglia delle Rubiacee che può raggiungere un’altezza di 3-5 metri.

Le foglie sono caduche, picciolate, ricoperte di peluria (caratteristica da cui deriva l’aggettivo ‘tomentosa’). Alla base di ogni foglia si sviluppano 2 o 3 protuberanze a forma di uncino che la pianta utilizza nella foresta come arpioni e sostegni su altre specie nella ricerca di luce.

fiori di colore giallo hanno forma a calice e corolla a imbuto. L’habitat naturale dell’uncaria è la foresta tropicale dell’America Centrale, i boschi luminosi e le zone umide dell’Amazzonia a 300-800 metri di altitudine.

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Proprietà e benefici

Studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia di questa pianta nel sostenere le difese immunitarie dell’organismo e la sua azione antinfiammatoria e antiossidante. Le ricerche hanno evidenziato, inoltre, che la maggior parte delle sue proprietà benefiche  sono concentrate nel chemiotipo che presenta alcaloidi ossindolici pentaciclici e glucosidi derivati dell’acido quinovico.

In virtù di queste scoperte, è classificabile a tutti gli effetti come rimedio fitoterapico che aiuta a rinforzare le difese naturali del corpo e a prevenire l’insorgenza di malattie di tipo infettivo e flogistico.

I principi attivi contenuti nel suo fitocomplesso, infatti, promuovono il processo della fagocitosi attraverso il quale i globuli bianchi neutralizzano virus e batteri. Sempre con questo meccanismo, i mediatori chimici di molte infiammazioni vengono inibiti (prostaglandina PGE2 e il TNF-alfa).

La corteccia dell’uncaria, in particolare, è la parte della pianta con la più alta concentrazione di sostanze benefiche per la salute umana. Essa vanta numerose proprietà, tra cui:

  • Immunostimolanti
  • Antivirali
  • Antinfiammatorie
  • Antimutagene

Ecco perché è utilizzata in fitoterapia per la cura e il trattamento di:

  • Malattie infiammatorie croniche
  • Deficienze immunitarie
  • Infezioni virali
  • Malattie da raffreddamento
  • Allergie
  • Patologie degenerative
  • Immunodeficienze 

Studi condotti su pazienti affetti da HIV e sottoposti all’assunzione regolare di questa pianta, hanno evidenziato un significativo aumento degli anticorpi, mentre in altri pazienti affetti da alcune forme di cancro si è constatata l’inibizione della proliferazione di cellule tumorali.

Per le sue proprietà antinfiammatorie e antivirali, è indicata sia per via interna che esterna in caso di:

  • Herpes
  • Varicella zoster
  • Reumatismi
  • Artrite
  • Artrosi
  • Dolori osteoarticolari e muscolari

uncaria

Anche chi soffre di cistite o prostatite può ricorrere all’uso di uncaria. La sua azione immuno-modulante e antinfiammatoria si rivela molto efficace per il trattamento di queste malattie croniche e, in generale, di tutte le affezioni del tratto urinario.

Usi e controindicazioni

La composizione chimica di questa pianta e i numerosi principi attivi concentrati nel suo fitocomplesso hanno rivelato nel corso degli anni la validità degli estratti di pianta intera rispetto alle singole frazioni.

Questo significa che per sfruttare al massimo le proprietà benefiche dell’uncaria è preferibile usare gli estratti derivati da tutte le parti aeree e radicolari della pianta.

Non esistono effetti collaterali o controindicazioni, Tuttavia, sono possibili reazioni allergiche in caso di ipersensibilità ed è sempre preferibile consultare il proprio medico di base prima dell’uso.

Altre informazioni

Scoprite le proprietà e gli utilizzi di altre piante officinali con la caratteristica di essere antinfiammatorie e immunostimolanti come l’uncaria:

  • Astragalola pianta anti-stress che stimola il sistema immunitario
  • Aloe verala pianta miracolosa perché depura l’organismo dalle tossine, cura le escoriazioni e gli eritemi della pelle, ed è un potente anti-infiammatorio naturale
  • Artiglio del diavoloun ottimo antinfiammatorio e antidolorifico naturale
  • Assenzio, associato al liquore maledetto è in realtà un buon tonico, digestivo e antinfiammatorio
  • Borragineusata in cucina ma famosa per il suo olio antiossidante e antinfiammatorio
  • Dulcamara: possiede proprietà lenitive, antireumatiche, antinfiammatorie e antibatteriche, ma è estremamente tossica
  • Eleuterococco, il ginseng siberiano tonifica e stimola il sistema immunitario
  • Echinacea, ha una potente azione immunostimolante ed antinfiammatoria
  • Linonoto per i suoi semi e l’olio che se ne ricava, ha proprietà lassative, emollienti, lenitive, antinfiammatorie, revulsive e risolventi.
  • Nigellanota per l’olio, ha proprietà antiossidanti, antitumorali, antibatteriche
  • Noni, il frutto di Tahiti dal succo antiossidante e rinforzante delle difese immunitarie
  • Parietaria, utile contro mal di gola, tosse e cistite, indicata per i disturbi renali e le infiammazioni
  • Querciasvolge un’azione astringente, antinfiammatoria e analgesica del cavo orale, è utile per alleviare la diarrea
  • Ribes nero, pianta antinfiammatoria e antistaminica, utile contro congiuntivite, allergia e stanchezza
  • Santoreggiaoltre che in cucina, è usata come afrodisiaco, antibatterico ed antiossidante.
  • Tè verde, la bevanda disintossicante e antiossidante più famosa
  • Vischiorimedio naturale per l’emicrania e le crisi epilettiche, stimola il sistema immunitario
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Uva ursina: tutte le proprietà della bacca che cura la cistite

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L‘uva ursina deve al suo nome al botanico francese Michel Adanson, che nel 1763 classificò per primo la pianta con il termine greco actòs che significa ‘orso’, in riferimento alla credenza popolare secondo cui gli orsi ne andrebbero ghiotti. Ma fu il farmacologo Girardi a scoprirne per primo proprietà e benefici connessi al suo utilizzo fitoterapico.

Pressocchè sconosciuta a greci e latini, l’uva ursina è una pianta arbustiva, appartenente alla stessa famiglia del mirtillo (Ericaceae) e molto popolare nelle regioni dell’emisfero settentrionale del Globo, in particolare Canada, Caucaso, Siberia e Nord Europa. In Italia si scorge solo nelle zone montuose e nelle brughiere alpine e appenniniche, fino a 2400 metri di altitudine.

Nella tradizione popolare, la pianta è anche nota come uva orsinauva selvaggia o uva dell’orso, poiché pare che le sue bacche siano molto gradite agli orsi.

uva ursina

In fitoterapia, si utilizzano prevalentemente le foglie che possono essere raccolte tutto l’anno per poi essere essiccate e conservate in contenitori di vetro o porcellana.

Proprio le foglie sono ricche dei principi attivi più importanti tra cui arbutina, acido gallico, tannini, iridoidi, flavonoidi, acido ursolico e uvaolo. A queste sostanze sono collegate le principali proprietà benefiche veicolate dal consumo di quest’uva.

Scopriamo insieme di cosa si tratta.

Uva ursina: la pianta

Si tratta di un piccolo arbusto sempreverde che raggiunge al massimo i 30 centimetri di altezza. Il portamento di rami e foglie è strisciante e nelle condizioni ideali diventa tappezzante.

Le foglie di colore verde scuro  vengono rinnovate dalla pianta ogni 3 anni. Cresce bene nei luoghi ombreggiati come boschi, sottoboschi, sassaiole e terreni rocciosi.

La fioritura avviene da maggio a giugno con fiori rosa tenue raccolti in grappoli che lasciano il posto a bacche rosse (drupe) commestibili  dal sapore delicato e gradevole.

Scoprite altre deliziose bacche e frutti di bosco:

Le proprietà

La pianta è nota fin dall’antichità per l’azione antibatterica e antinfiammatoria data dalla sinergia dei principi attivi presenti nel suo fitocomplesso. Questo la rende un rimedio naturale molto adatto alla cura delle affezioni del tratto urinario, come la cistite, e per tutti quei disturbi di origine batterica che determinano stati infiammatori anche cronici e recidive frequenti. Da qui, l’azione antimicrobicaantinfiammatoria e calmante.

Il principale principio attivo a cui è imputata questa azione benefica è l’arbutina, un antibatterico naturale che prima di raggiungere le vie urinarie subisce una trasformazione nell’intestino e libera una particolare sostanza capace di neutralizzare i batteri presenti nel tratto urogenitale.

Questo processo è favorito da un ambiente basico, per cui è consigliabile mangiare molta frutta e verdura a foglia larga per massimizzare gli effetti dell’uva ursina. In alternativa è possibile consumare piccole quantità di bicarbonato di sodio per alcalinizzare le urine. I tannini contenuti nell’uva ursina, inoltre, svolgono un’azione astringente che risulta utile per il trattamento della diarrea e delle infezioni urinarie accompagnate da minzione dolorosa e forte bruciore.

In cosmesi, l’uva ursina è utilizzata come sbiancante naturale per la pelle, poiché inibisce un enzima che trasforma la tiroxina in melanina e da origine alle macchie solari.

Usi e applicazioni

L’uva ursina può essere prescritta dal medico curante per la cura di :

  • cistite acuta e cronica
  • uretrite
  • colobacillosi
  • ipertrofia prostatica
  • cistiti da catetere

Le preparazioni comuni sono l’infuso, il decotto o il macerato freddo. Attraverso questi preparati si favorisce l’attività diuretica cion un conseguente beneficio per le vie urinarie.

Per farsi un infuso è sufficiente 1 cucchiaio di estratto secco in 1 tazza di acqua bollente per circa 15 minuti e poi filtrato. Bevuto 4 volte al giorno lontano dai pasti è un antimicrobico naturale molto efficace e potente.

Nelle erboristerie e nei negozi specializzati, l’uva degli orsi è disponibile anche sotto forma di tintura madre che costituisce un’alternativa all’infuso, in dosi che normalmente prevedono 50 gocce sciolte in poca acqua da assumere 3 volte al giorno lontano dai pasti.

uva ursina

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Controindicazioni

In caso di gravidanza, allattamento e insufficienza epatica o renale l’uso è sconsigliato. In periodi di assunzione prolungati, inoltre, possono verificarsi irritazioni alla mucosa gastrica, nausea e vomito.

L’utilizzo non dovrebbe superare i 10-12 giorni consecutivi, e attenersi strettamente alle indicazioni fornite dal proprio medico curante o da un esperto specializzato.

Durante l’assunzione è buona norma bere almeno 2 litri di acqua al giorno. In concomitanza di trattamenti, inoltre, possono verificarsi riduzioni dell’attività disinfettante dell’uva ursina se abbinata ad alimenti o piante ricchi di vitamina C.

I trattamenti non devono essere replicati più di 5 volte l’anno.

Altre indicazioni

Trovate diverse erbe che hanno proprietà antinfiammatorie e sono perfette per la cura del tratto urinario come l’uva ursina:

  • Ericaamica delle vie urinarie, è diuretica, antisettica, astringente e antinfiammatoria
  • Gramigna per calcoli urinari, infezioni urinarie e coliche nefritiche
  • Issopodal buon profumo, ideale contro tosse, asma, raffreddore e cistite
  • Mirtoè balsamico, antinfiammatorio e astringente, cura la cistite ed emorroidi, aiuta la digestione
  • Orticacura i capelli ma è utile anche in caso di anemia, artrite, cistite e diarrea perché ricca di acido folico e ferro
  • Parietaria, utile contro mal di gola, tosse e cistite, indicata per i disturbi renali e le infiammazioni
  • Ribes nero, pianta antinfiammatoria e antistaminica, utile contro congiuntivite, allergia e stanchezza
  • Timo, usato in cucina e come antinfiammatorio le vie urinarie e l’apparato respiratorio, grazie all’azione balsamica e fluidificante lenisce la tosse, la bronchite e il raffreddore
  • Verga d’orocura le infezioni delle vie urinarie, è diuretica e antinfiammatoria, utile contro ritenzione idrica, cellulite, gotta ed iperuricemia.
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Erbe rilassanti: quali sono le erbe contro lo stress

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Erbe rilassanti: si possono preparare delle tisane a base di erbe contro lo stress e l’ansia con piante dalle proprietà rilassanti, che ci aiutano a combattere gli stati ansiosi in modo naturale.

Stanchezza, ansia, irritabilità e insonnia sono disturbi diffusi e comuni, quasi sempre generati da ritmi di vita frenetici e da un comune denominatore, lo stress che possono essere però alleviati grazie all’utilizzo di erbe rilassanti. Complice il lavoro e i problemi quotidiani, spesso lo stress può causare disturbi di salute seri, o comunque da non sottovalutare.

Per questa ragione occorre saper ascoltare il proprio corpo e cogliere i segnali che ci invia prima che l’ansia diventi cronica e si trasformi in vera e propria depressione.

Per prevenire le complicazioni indotte dallo stress e sciogliere la tensione quotidiana in modo naturale possiamo ricorrere ad alcune erbe che sembrano fatte apposta per superare con successo i disagi dello stress.

Alcune piante officinali, infatti, possiedono spiccate proprietà antidepressive, stimolanti e rilassanti. Vediamo insieme quali sono.

Erbe rilassanti: piante ed erbe anti-stress

Ci sono delle erbe contro lo stress e nervosismo che possono agire sotto forma di tisana rilassante, in infusione o come tintura madre o olio essenziale da applicare su alcune zone del corpo. vediamone alcune delle più efficaci.

Ricordate, inoltre, che per preparare l’infuso perfetto in genere occorrono 3-4 cucchiai delle erbe scelte, 1 litro di acqua in ebollizione e un periodo di infusione non inferiore ai 5 minuti… da consumare rigorosamente in un momento della giornata libero da impegni o a sera, prima di andare a dormire.

Ma vediamo quali sono le più popolari.

Borragine

E’ un ottimo alleato contro lo stress. L’acqua di cottura o l’infuso ottenuto dalla bollitura di 3-4 cucchiai di foglie di borragine secca per litro d’acqua è il rimedio ideale per regolare l’attività ormonale e ritrovare il giusto equilibrio tra mente e corpo.

Erbe rilassanti - borragine

Erbe rilassanti: Quali sono le erbe contro lo stress:? la borragine ad esempio

Ginseng

E’ forse il più potente antidepressivo ed energizzante che la natura possa offrirci. Le sue proprietà sono note da millenni e apprezzare sopratutto nella cultura orientale. Per consumare il ginseng e godere di tutti i suoi benefici è possibile assumerlo in compresse già pronte acquistabili in erboristeria o para-farmacia.

Tiglio

Un’erba dalle numerose virtù terapeutiche soprattutto rilassanti del sistema nervoso. Ha un effetto rilassante, sedativo e antispastico. Un infuso a base di fogli essiccate di tiglio aiuta a limitare il nervosismo e lo stress, l’ansia ed il mal di testa. Filtrate l’infuso dopo aver lasciato 1 cucchiaino raso di foglie di tiglio in acqua bollente per 5 minuti. Potete dolcificare con miele. Si può utilizzare anche sotto forma di gemmo-derivato o macerato glicerico (in gocce).

Quali sono le erbe contro lo stress: il tiglio

Quali sono le erbe contro lo stress: il tiglio

Valeriana

La valeriana è una pianta antispasmodica, calmante, molto efficace contro l’insonnia, grazie all’azione di alcune sostanze in essa contenute (acido valerianico e iridoidi). Infatti inibiscono l’enzima che regola l’eccitabilità neuronale, quello che induce la sensazione di rilassamento e di sonno. E’ controindicata in gravidanza e durante l’allattamento. Può essere usata sotto forma d‘infuso: versate 1 cucchiaio raso di radice di valeriana in 1 tazza d’acqua bollente e lasciate per 10 minuti. Filtrate e bevete prima di andare a dormire.

La melissa e la camomilla

Sono le erbe più indicate per preparare tisane rilassanti e leggermente sedative. La camomilla, in particolare, aiuta a riposare bene.

Echinacea

Usata in infusione o tisana, attenua l’ansia e combatte l’insonnia, specie se combinata alle proprietà del salice bianco e della maggiorana.

Quali sono le erbe contro lo stress: la lavanda

Quali sono le erbe contro lo stress: la lavanda

Lavanda

Si tratta di un’erba rilassante e indicata per dormire bene. Si può assumere sotto forma di infuso, come qualsiasi altra erba, o nella vasca da bagno con dei sali minerali alla lavanda.

Rosmarino

Considerato uno dei tonici naturali più indicati a combattere la stanchezza mentale e fisica, può essere bevuto sotto forma di infuso assieme alla menta piperita. E’ un toccasana per combattere lo stress e ritrovare la giusta armonia.

SPECIALE: Schisandra, la pianta anti-stress dall’Oriente

Quali sono le erbe contro lo stress: il rosmarino

Erbe rilassanti: molto efficace contro lo stress anche il rosmarino

Cuscino di erbe rilassanti

Prima di correre dal medico per farsi prescrivere ansiolitici o altri farmaci per dormire e calmare lo stress, provate anche a farvi un cuscino rilassante, tutto naturale. Vi occorrono:

  • 75 gr di fiori essiccati di lavanda
  • 75 gr di fiori essiccati di camomilla
  • 75 gr di foglie di basilico sacro
  • 75 gr di fiori essiccati di escolzia
  • 75 gr di fiori essiccati di melissa
  • 5 gocce di olio essenziale di lavanda

Preparazione. In una ciotola mescolate tutte le erbe e aggiungete olio essenziale di lavanda. Cucite su tre lati un telo di cotone bianco e riempitelo di questo composto; poi chiudete il quarto alto. Ponete questo cuscino accanto al vostro, il profumo di queste erbe arriva al cervello e lo rilassa, e vedrete che sogni d’oro…

Ricordate, inoltre, che per preparare l’infuso perfetto in genere occorrono 3-4 cucchiai delle erbe scelte, 1 litro di acqua in ebollizione e un periodo di infusione non inferiore ai 5 minuti… da consumare rigorosamente in un momento della giornata libero da impegni o a sera, prima di andare a dormire.

Cuscino di erbe rilassanti

Cuscino di erbe rilassanti

Bagno rilassante di erbe contro lo stress

Se siete molto stressati e in agitazione, un bel bagno rilassante farà al caso vostro. Potete preparavi un bagno con queste erbe dalle proprietà calmanti:

  • 50 gr di fiori essiccati di scutellaria
  • 50 gr di fiori essiccati di camomilla
  • 50 gr di foglie di basilico sacro
  • 50 gr di fiori essiccati di verbena
  • 50 gr di fiori essiccati di melissa

Preparazione. In una garza di cotone mettete tutte le erbe e chiudetela con uno spago. Immergete il sacchettino nell’acqua del bagno, e direttamente sotto il getto del rubinetto mentre riempite la vasca. Prendete un bagno di almeno 20-30 minuti.

Leggi anche queste altre soluzioni naturali antistress e per rilassarsi:

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Schisandra, la pianta anti-stress che viene dall’Oriente

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La schisandra è una pianta rampicante originaria dell’Asia che vanta proprietà utili in caso di stress psico-fisico e tensioni nervose. Il suo portamento, le bacche rosse raccolte a grappolo e il fusto legnoso ricordano la vite. Nella Medicina Tradizionale Cinese la schisandra è considerata un tonico e astringente naturale formidabile.

Ecco tutto quello che c’è a sapere su questa pianta e sulle sue applicazioni fitoterapiche.

Schisandra, la conoscete? Ecco una pianta dalla storia davvero affascinante, proveniente dalle fredde regioni del Nord della Cina, Corea e Russia, nella regione orientale dell’Amur. Il suo nome botanico, schisandra chinensis, deriva dal cinese i wu wèi zi che significa ‘bacca dai cinque sapori’.

In effetti il frutto di questa rampicante decidua è davvero particolare poiché in bocca procura sensazioni di acido, dolce, amaro, speziato e salato.

La Medicina Tradizionale Cinese annovera la schisandra tra le 50 erbe fondamentali per le sue proprietà toniche e astringenti che si rivelano particolarmente utili per il benessere di reni e polmoni, ma anche contro gli eccessi di sudorazione e la perdita di sali minerali.

FOCUSQuali sono i cibi anti-stress?

Nella moderna fitoterapia, le virtù medicamentose di questa pianta sono collegate alla sua natura adattogena e all’alta concentrazione di lignani che si rivelano utili per cuore, mente e sistema nervoso. Un anti-stress naturale, insomma, che sostiene l’organismo in tutte quelle situazioni di affaticamento e stanchezza psico-fisica.

Le sue proprietà ricostituenti, antiossidanti e afrodisiache, concentrate sia nelle bacche che nelle foglie, fanno della schisandra un rimedio naturale perfetto per preparare infusi e tisane energizzanti.

schisandra francobollo russia

La curiosità: questa pianta è talmente famosa in Russia che nel 1998 fu celebrata con l’emissione di un francobollo.

Schisandra pianta e coltivazione

La Schisandra chinensis è una pianta rampicante decidua dal fusto legnoso e dal portamento vigoroso e coprente, ma non invadente. Tuttavia, lasciata libera di crescere, può arrivare fino a 10 metri di altezza e coprire con il suo fogliame superfici molto ampie, anche se in condizioni normali non supererà i 4 metri.

Cresce solitamente ai margini di boschi di latifoglie e radure, spesso in strette valli di fiumi e torrenti. In montagna la si trova fino a 600 metri sul livello del mare.

Appartiene alla famiglia delle Schisandracee e come molte piante di questa famiglia ha foglie di un bel colore verde lucido, carnose e appuntite che in autunno si colorano di uno scenografico giallo-arancio prima di cadere. La pianta produce bacche rosso rubino riunite in grappoli che maturano in settembre.

SCOPRI: Dipladenia, come coltivare e curare questa pianta rampicante

La fruttificazione è molto generosa e talvolta persiste fino ad inverno inoltrato, rendendo la pianta molto ornamentale. La sua natura rustica e vigorosa fa si che non abbia bisogno di particolari cure per la coltivazione. Essa, infatti, è molto resistente a parassiti e malattie fungine  e sopporta bene anche il freddo più intenso.

Predilige comunque posizioni semi-soleggiateterreni soffici, ben drenati, tendenzialmente acidi.  Tuttavia si adatta bene anche ai terreni più calcarei e poco fertili. L’unica cosa che teme sono i ristagni idrici che possono rivelarsi fatali.

Come tutte le piante rampicanti,  richiede un supporto per la crescita. Non tollera la siccità, dunque è bene assicurarle un apporto idrico regolare e terreno sempre umido. La potatura, non obbligatoria, deve avvenire in estate. La schisandra inizia a produrre bacche dal terzo anno di vita in poi. In genere, ogni pianta produce in media 100 grappoli.

schisandra

Specialmente la medicina tradizionale cinese conferisce alle bacche di Schisandra numerose proprietà curative e salutari.

Schisandra proprietà

Come abbiamo visto, si tratta di una pianta adattogena che agisce dove l’organismo ne ha più bisogno. Le sue principali virtù possono essere così riassunte:

  • Anti-stress ed energizzanti
  • Stimolanti nei confronti del sistema nervoso centrale
  • Tonificanti e vasodilatatrici per cuore, pressione sanguigna e insufficienze respiratorie
  • Immunostimolanti
  • Antiossidanti, antibatteriche, espettoranti, antiussive
  • Regolarizzanti nei confronti del ph gastrico
  • Rimineralizzanti in caso di ipersudorazione
  • Riequlibranti e nutritive per la pelle (Vitamina A ed E)

La maggior parte di questi benefici sono attribuibili all’alta concentrazione nel suo fitocomplesso di lignani, principi attivi ovvero fitoestrogeni che aiutano a mantenere il cuore sano e stimolare le difese immunitarie. Tra i principali, ricordiamo: schisandrina, schisandrolo, schisanterina e gomisina.

Queste sostanze agiscono sul tessuto epatico danneggiato favorendo la sua naturale rigenerazione, sopratutto in caso di epatiti, cirrosi e abuso di alcol. E’ altresì utile per mantenere l’equilibrio sistemico dell’organismo e infondere tonicità e brillantezza psico-fisica sopratutto nei periodi di stress.

Alcune ricerche cliniche – non ancora confermate – sembrerebbero dimostrare la sua efficacia anche per migliorare l’ossigenazione cellulare, il ché farebbe della schisandra un ottimo rimedio naturale anche per il trattamento di svariate patologie polmonari.

A proposito di stress:

Schisandra usi

Le parti della pianta utilizzate in erboristeria e fitoterapia sono i frutti essiccati al sole e le foglie. I preparati erboristici reperibili sono ottenuti principalmente con l‘estratto secco, sotto forma di capsule e preparati per tisane e infusi. Gli impieghi principali sono adattogeni, antiossidanti ed energizzanti.

L’uso degli estratti di schisandra è consigliato anche in caso di tosse, asma, insonnia, stress, diarrea cronica, sudori notturni, sete, eccessiva diuresi. Il decotto, in particolare, si prepara portando ad ebollizione 200 ml circa di acqua e un cucchiaio raso di estratto di schisandra.

Lasciato in infusione per 20 minuti, filtrato e dolcificato a piacere, è un ottimo rinvigorente naturale e può essere consumato al mattino e al pomeriggio.

SPECIALE: Come difendere le piante dal freddo

Schisandra controindicazioni

Sebbene rari,  i possibili effetti collaterali collegati al consumo degli estratti di schisandra possono essere di natura gastrica e allergica (orticaria). Potrebbe, inoltre, verificarsi bruciore gastrico, acidità e diminuzione dell’appetito. L’uso di schisandra, pertanto, è sconsigliato a chi soffre di reflusso gastrico, ulcera peptica, epilessia, pressione alta e ipertensione endocranica.

Da evitare anche in caso di gravidanza e allattamento. Come per tutte le erbe officinali, ricordiamo che è assolutamente sconsigliato il fai-da-te e che è buona norma agire dietro consiglio del proprio medico curante.

Schisandra ricette

Le bacche della pianta sono ottimi snack energizzanti consumati freschi, cotti o essiccati. Grazie al loro sapore unico e particolare, possono essere impiegate con successo per realizzare vino, marmellate, succhi, estratti e come spezia per condimenti di carne e pesce.

Anche le foglie più tenere e i giovani germogli della pianta sono commestibili e si prestano ad essere inserite in gustose insalate miste.

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Concime organico: tutto sui metodi di fertilizzazione

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Il concime organico rappresenta una fonte preziosissima di nutrimento per il terreno destinato alla coltivazione delle nostre piante da fiore e da frutto. Nell’orto, in giardino o in balcone la concimazione rappresenta uno step fondamentale per assicurare alle colture i giusti nutrienti e uno sviluppo sano e florido. Vediamo insieme cos’è, quali sono i tipi di concime organico più diffusi e come utilizzarlo al meglio.

In tema di giardinaggio e orticoltura, ogni pollice-green che si rispetti sa che la concimazione è una fase colturale molto importante poiché serve ad apportare al terreno, e quindi alle piante, tutti i nutrimenti necessari alla crescita.

Che si tratti di piante da fiore coltivate in giardino o in vaso, arbusti, piante sempreverdi, rampicanti o alberi da frutto, il concime organico è una preziosa fonte di sali minerali, micro e macro-elementi indispensabili all’accrescimento delle nostre colture.

concime organico

Le piante, infatti, non vivono solo di ossigeno, carbonio e idrogeno che prelevano dall’aria e dall’acqua. La loro crescita dipende anche da altre sostanze nutritive presenti nel terreno. Queste sostanze si dividono in 3 categorie:

  • Macro-elementi maggiori (azoto, fosforo, potassio)
  • Macro-elementi secondari (calcio, magnesio, zolfo, ferro)
  • Micro-elementi (rame, zinco, boro, manganese, molibdeno)

Tutti questi principi nutritivi vengono ceduti alle piante attraverso il terreno – se la messa a dimora è in piena terra – o il terriccio qualora si tratti di coltivazioni in vaso. La carenza di queste sostanze, infatti, si ripercuote sull’equilibrio vegetativo della pianta e si manifesta sopratutto su foglie e frutti.

Il concime organico può essere ritenuto a tutti gli effetti un fertilizzante naturale poiché apporta al terreno tutto ciò di cui la pianta ha bisogno per crescere e prosperare. Ma quali sono, dove si trovano e come devono essere somministrati perché la loro resa sia davvero efficace? Scopriamolo insieme.

concime organico

Concime organico cos’è

Il concime organico è la fonte di nutrimento più naturale e facilmente reperibile di cui l’uomo può disporre per fertilizzare il suolo, sia esso un semplice orto casalingo, sia un campo di grandi estensioni coltivato in maniera intensiva. Serve infatti a fornire alla terra il nutrimento necessario allo sviluppo delle colture.

La fertilizzazione, infatti, è una pratica molto antica e applicata sia per sostenere la fase vegetativa e riproduttiva delle piante che per mantenere inalterate le sostanze nutritive disperse nel terreno.

Oltre che per le colture in pieno campo, la concimazione organica rappresenta un intervento molto importante per le piante coltivate in vaso che necessitano ancor di più di nutrimento per sviluppare un buon apparato radicale in uno spazio molto limitato.

concime organico

Il concime organico somministrato nelle quantità e nei tempi giusti, consente alle piante, comprese le varietà ornamentali, di accedere a tutti i nutrienti di cui hanno bisogno. Si tratta essenzialmente di composti biologici ricavati da depositi animali o vegetali (ecco perché ‘organici’).

I fertilizzanti biologici contengono anche acqua, cellulosa e materiale secco e vegetale di varia natura che va a integrare le risorse naturalmente presenti nel terreno con grande beneficio per le piante che vi dimorano. In generale, il concime organico può essere annoverato in due macro-categorie:

  • Concimi organici azotati, ricchi di fosforo, potassio e microelementi in quantità variabili.
  • Concimi organici NP che contengono azoto organico e fosforo di derivazione biologica, ma non potassio.

Entrambi i gruppi di fertilizzanti citati sono facilmente reperibili anche nei vivai e nei garden-center a prezzi variabili.

concime organico

Concime organico: le tipologie

I concimi organici più diffusi e utilizzati sono tanti quante le fonti da cui possono essere generati. Come anticipato sono facilmente reperibili in natura, nei vivai, nei negozi specializzati in giardinaggio e in alcuni caso possono essere prodotti anche a casa.

Ecco un elenco dei principali tipi di concime organico disponibili sul mercato:

  • Pennone: derivato da piume e penne di animali di allevamento. Contiene una percentuale variabile di azoto organico e carbonio di origine biologica.
  • Guano: ha origine dagli escrementi di uccelli, sopratutto marini e residui di pesce. La sua composizione è molto variabile, ma prevede azoto organico, fosforo e piccole quantità di potassio.
  • Pelli di animali e crini: sono scarti animali che non trovano altro impiego se non la produzione di concime. Derivano dalle lavorazioni delle pelli o da macellazione di animali. Forniscono un buon contenuto di azoto e a volte di anidride fosforica.

concime organico

  • Letame o stallatico: si tratta di escrementi di animali di allevamento equini, bovini, suini e ovini. La percentuale di nutrienti è molto variabile e varia in funzione della specie da cui provengono. In virtù dell’ottimo potere ammendante, il letameviene utilizzato anche per migliorare la tessitura del terreno.
  • Farina di sangue e di carne: sono derivati del sangue, porzioni di ossa, cartilagini e carne residuate dalla macellazione degli animali. Contiene azoto organico, piccole percentuali di fosforo e potassio.
  • Panelli: ottenuto dagli scarti dell’estrazione dell’olio, contengono azoto organico e talvolta piccole quantità di fosforo e potassio.
  • Borlanda essiccata: è un concime organico ottenuto dal centrifugazione del melasso, un sottoprodotto del saccarosio lavorato industrialmente.  Contiene azoto, carbonio organico e potassio in forma di ossido di potassio.

concime organico

  • Farina di pesce: originato dagli scarti di lavorazione industriali del pesce trattati con il vapore e poi essiccati e ridotti in polvere. La composizione varia in funzione della specie ittica da cui la farina viene ricavata.
  • Cornunghia: è la polvere di corna o zoccoli di animali destinati alla macellazione. A seconda dell’origine questo fertilizzante può contenere anidride fosforica in quantità anche rilevante. Si tratta del fertilizzante usato in agricoltura biodinamica.
  • Cascami di lana: concime organico ottenuto dalla lavorazione della lana. Deve essere sottoposto a un trattamento di solubilità con acidi e vapore acqueo. La sua composizione è molto variabile, ma comprende azoto organico, fosforo e potassio.

concime organico

  • Pollina: è ricavato dalle deiezioni di volatili, sopratutto da polli e galline. Spesso integrato con gesso per diminuire la basicità. Contiene un contenuto minimo di azoto organico e fosforo.
  • Humus:  si ottiene dalla decomposizione di vegetali e insetti presenti sugli strati più superficiali del terreno.
  • Cenere di legna: può avere una composizione diversa a seconda del materiale di derivazione e del tipo di legno impiegato. In genere fornisce una buona percentuale di fosforo, potassio, calcio e magnesio.
  • Sfalci di monocolture: si tratta degli sfalci agricoli lasciati a decomporsi sul terreno. i fertilizzanti da sfalci di monocolture più diffusi provengono da lupino, fava, rafano e senape.

Concime organico fatto in casa

Oltre ad essere acquistato nei negozi specializzati, il concime organico può essere facilmente realizzato anche a partire dagli scarti disponibili in casa e da alcune erbe facilmente reperibili. Si tratta del cosiddetto compost. Molti fertilizzanti naturali, infatti, sono proprio davanti al nostro naso. Si tratta per lo più di:

Un ottimo concime organico fatto in casa è l’infuso o il macerato di equiseto che svolge anche un’azione antiparassitaria protettiva per le piante. Si può preparare a partire dalla pianta fresca o secca. Basta portate a ebollizione una buona quantità di equiseto in 3 litri d’acqua e lasciare il tutto in infusione per 10 – 15 minuti. A questo punto filtrate, lasciate raffreddare e versate il liquido alla base delle piante. Usate queste fertilizzante liquido quando l’infuso si sarà ormai raffreddato.

Altre informazioni

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Erbe commestibili in estate: quali raccogliere?

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Eccovi la nostra guida alle principali erbe commestibili in estate che potrete raccogliere durante le vostre passeggiate. Fateci sapere nei commenti se ce n’è qualcuna che stiamo trascurando!

Dopo le prime passeggiate primaverili alla scoperta delle piante mangerecce di questo periodo, perché non scoprire quali sono le erbe commestibili in estate. Anche in questa stagione la natura ci mette a disposizione numerose alternative.

L’arrivo del caldo rende le nostre ‘spedizioni’ forse un po’ più faticose, ma non certo avare di primizie altrettanto prelibate e gustose da portare in tavola per rendere più green, e perché no, economico il nostro menu estivo.

Leggi anche: Erbe commestibili: cosa raccogliere in primavera

Erbe commestibili in estate: avvertenze necessarie

Come sempre occorre attrezzarsi con un paio di guanti e forbici da giardinaggio, un sacchetto di tela o cotone o un cesto in vimini dove riporre le erbe raccolte. Il consiglio è sempre lo stesso: non portare a casa piante sconosciute o dal riconoscimento botanico incerto e, nel caso vogliate essere certi della vostra scelta, munitevi di guide per controllare l’esattezza del vostro giudizio.

Il rischio che si corre nel mangiare erbe selvatiche non commestibili è davvero troppo alto.

Onde evitare qualsiasi pericolo, eccovi una breve selezione delle piante selvatiche estive commestibili di più facile identificazione, con alcune informazioni utili per il riconoscimento e la raccolta.

Erbe commestibili in estate: quali raccogliere?

Vediamo la nostra selezione.

Cicoria

La cicoria (Cichorium intybus): è una pianta erbacea perenne dalla molte varietà, molto diffusa nei campi incolti, sia in pianura che in montagna fino a 1.600 metri d’altitudine. In estate, questa pianta regala delle vivaci fioriture azzurre e celesti e si caratterizzata per un fogliame verde scuro. Della cicoria si raccolgono le foglie appena prima della fioritura, i fiori durante i mesi estivi e le radici in autunno.

Le parti edibili più prelibate sono proprio le foglie e i fiori che possono essere consumati sia cotti che crudi e incorporati in svariate insalate e ricette più elaborate come le famose ‘puntarelle alla romana‘ e ‘pane e cicoria ripassata‘.

Erbe commestibili in estate

Erbe commestibili in estate: la Cichorium intybus (Cicoria comune)

Bardana

La bardana (Arctium Lappa) è una pianta biennale molto diffusa che nasce spontaneamente nei terreni incolti, nei pressi dei boschi e vicino alle strade. Può essere presente sia nelle zone di mare che in quelle di montagna, fino ai 1.700 metri di altitudine. Il suo aspetto colpisce per le grandi e larghe foglie e per i piccoli fiori racchiusi in boccioli ricoperti da sottili e piccole lamelle appuntite.

Della bardana si raccolgono praticamente tutte le parti, ma i primi mesi estivi (giugno e luglio) sono quelli più propizi per asportare le foglie i fiori e lo stelo floreale (appena prima della fioritura). Se asportati dalle piante più giovani, gli steli possono essere consumati anche crudi, in insalata, oppure privati della peluria e delle parti esterne più coriacee e poi lessati.

Il sapore della bardana è molto gradevole e ricorda vagamente quello del carciofo.

bardana

Bardana (Arctium lappa)

Finocchio selvatico

E veniamo ora al finocchio selvatico (Foeniculum sylvestre). Si tratta di una delle piante erbacee mediterranee più diffuse e conosciute dello Stivale. Il suo utilizzo in cucina è estremamente vario e si presta al consumo a crudo, cotto, per accompagnare alcune pietanze o semplicemente per ‘profumare’ i cibi. Del finocchio selvatico – che in estate fiorisce assumendo la caratteristica forma ombrellifera – si raccolgono le cime e i germogli più teneri a partire da metà agosto fino a settembre inoltrato quando le infiorescenze si colorano di giallo.

Proprio i fiori del finocchietto si usano sia freschi che essiccati per insaporire minestre, stufati, insalate, pietanze a base di pesce e primi piatti. Le foglie e le barbe si usano crude per profumare le insalate o per arricchire il pinzimonio.

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Erbe commestibili in estate: Il finocchietto selvatico in fiore

Portulaca

La Portulaca è un’erba grassa di incerta origine (forse asiatica o sudamericana) da sempre molto utilizzata in cucina come erba aromatica e misticanza per le insalate.

Le sue foglie carnose di colore verde chiaro si raccolgono durante la stagione estiva quando la pianta è più ricca di sostanze nutritive e sali minerali. Oltre che dalla caratteristica forma arrotondata e oblunga, la portulaca è riconoscibile anche dalle belle fioriture che variano dal colore giallo vivo a tutte le gradazione del rosa e del fucsia.

I suoi rametti, privati del sottile strato di peluria, possono essere conservati sott’olio.

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Erbe commestibili in estate: la Fioritura di Portulaca

Piantaggine

La piantaggine (Plantago Laceolata) è una pianta officinale spontanea molto diffusa in Italia. Cresce sopratutto lungo i sentieri, nei terreni incolti, o nei prati di montagna. Essendo una pianta perenne può essere raccolta e consumata tutto l’anno. Ma è in estate che le foglie raggiungono il massimo sviluppo da giugno ad agosto mentre le spighe (dalle quali si ricavano i semi) si recidono in agosto-settembre.

Proprio le foglie sono ottime per arricchire insalate, profumare altri piatti in associazione con aromatiche spontanee simili o per preparare gustose frittate. Anche arricchire un minestrone è una cosa che si può fare con la piantaggine.

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Erbe commestibili in estate: la Piantaggine (Plantago lanceolata)

Qualche approfondimento tematico

Eccovi altre piante della salute e rimedi naturali da scoprire:

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Coltivare patate in 3 modi semplici

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Se vi siete mai chiesti come riuscire a coltivare patate e altri ortaggi in spazi ristretti senza poter disporre di un orto o di un giardino, ecco la nostra guida pratica sui 3 modi più semplici per coltivare delle ottime patate naturali: nel sacco, in vaso o in un bidone.

Coltivare patate genuine e buonissime è meno difficile di quello che si possa pensare. Con la fine dell’inverno, entriamo anche nel periodo più propizio per iniziare a coltivare molte varietà di vegetali commestibili. Si tratta di un’attività che in molti casi è possibile praticare anche in assenza di un orto, un giardino o un balcone sufficientemente grande.

Coltivare patate di diverse varietà in assenza di un vero orto è semplice. Per scoprire come riuscirsi è sufficiente procurarsi pochi attrezzi e seguire dei semplici consigli pratici.

Le patate possono essere coltivate durante tutto l’anno, ma la fine dell’inverno e l’inizio della primavera sono indubbiamente il momento ideale per cimentarsi in questa attività.

I tuberi in generale, come le patate e lo zenzero, possono essere coltivati anche in casa con modalità e tecniche differenti.

Vi proponiamo i 3 modi più semplici per avere patate buonissime in spazi ridotti, utilizzando un sacco, un vaso o in un comune bidone.

Come coltivare patate in un sacco

Munitevi di un sacco di juta abbastanza capiente e robusto (10 litri), un po’ di terriccio di buona qualità e qualche patata germogliata. Questo è tutto quel che vi occorre per riuscire a coltivare nel sacco una buona quantità di patate assolutamente naturali e prive di pesticidi. Se non disponete di un sacco di juta, potete utilizzare delle borse di stoffa della spesa impermeabili, riutilizzabili e opportunamente forate per il drenaggio dell’acqua.

Una volta riempito a metà il sacco con il terriccio, spezzettate le patate germogliate più grandi (in modo da ottenere più piantine) e disponetele ben distanziate l’una dall’altra, come suggerito nel caso del sacco. Coprite con altro terriccio, innaffiate accuratamente il terreno in modo da tenerlo sempre inumidito, ma non  bagnato, poiché i ristagni d’acqua comprometterebbero la germinazione dei tuberi e vi restituirebbero patate marce. Ricordate, inoltre, che per favorire la germinazione delle patate da interrare sarà sufficiente tenerle per qualche giorno alla luce.

coltivare nel sacco

Come coltivare patate senza un orto ma con il sacco di juta è semplice, ideale in piccoli spazi

Col passare del tempo vedrete spuntare i primi germogli in superficie:  copriteli con altro terriccio e attendete lo sviluppo delle piantine e delle foglie dal colore verde intenso. Le vostre patate potranno essere raccolte e mangiate quando le foglie saranno completamente appassite o secche; per farlo, vi basterà rovesciare il vostro sacco e raccogliere le deliziose patate ottenute da questa tecnica di coltivazione semplice e alla portata di tutti.

come coltivare patate sacco

Come coltivare patate senza un orto ma con il sacco di juta è semplice, ideale in piccoli spazi

Tenendo conto che la maggior parte delle patate crescono e maturano in circa 60 giorni  dall’interramento, ricordate che coltivare le patate con il sacco il periodo migliore va da fine marzo a maggio.

Avete ancora qualche dubbio? Date un’occhiata a questo video-tutorial su come coltivare le patate in un sacco.

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Come coltivare patate in vaso

I tuberi come le patate, ad esempio, possono essere coltivati in casa anche in spazi ristretti, servendosi di pochi e semplici attrezzi: un sacco di juta, un po’ di terriccio di buona qualità e qualche tubero germogliato è tutto quel che vi occorre per coltivare nel sacco direttamente a casa vostra delle ottime patate prive di pesticidi e assolutamente naturali.

Se avete a disposizione un balcone, scoprire come coltivare della patate novelle gustose e naturali in poche mosse sarà quindi davvero un gioco da ragazzi. Quello che vi serve è un vaso di forma variabile (vanno bene sia quelli tondi che rettangolari), capiente 50 lt e profondo max 30 cm, del terriccio ricco e qualche patata bio germogliata.

Una volta forato il vaso per evitare ristagni d’acqua e riempito per 1/4 con il terriccio, dividete le patate in due o tre parti al fine di ottenere un maggior numero di piantine. Posizionatele nel terreno con i germogli rivolti verso l’alto, ben distanziate tra loro.

Fiore patate

Le patate possono essere coltivate facilmente anche in vaso e sul balcone di casa, con i fiori bianchi anche piantine ornamentali

LEGGI ANCHE la guida alle piante sul balcone: come fare un orto sul balcone

Da questo momento la tecnica da seguire è molto simile a quella che abbiamo visto per la coltivazione delle patate nel sacco. Le prime foglioline che faranno capolino dovranno essere ricoperte con uno strato di terriccio inumidito regolarmente con un po’ d’acqua.

Ripetete l’operazione fino a quando i fusti germogliati non cominceranno ad allungarsi e irrobustirsi e compariranno i primi, bellissimi fiori bianchi e rosati.

In questa fase la pianta della patata diventa una pianta ornamentale dall’aspetto davvero gradevole e rallegrerà il vostro balcone con una generosa fioritura e un ricco fogliame dal colore verde brillante.

Nell’arco di 2/3 mesi noterete che le piantine cambieranno di colore e da vede diventeranno gialle e inizieranno ad appassire.

coltivare patate in un barile

coltivare patate: I vari passaggi per coltivare le patate nel bidone o nel barle

A questo punto le vostre patate sono pronte per essere raccolte: disseppellitele, spazzolatele delicatamente per rimuovere la terra e posizionatele per un paio di giorni in un luogo asciutto e sufficientemente assolato. Le vostre patate potranno così essere cucinate e portate in tavola.

Scopri: Come scegliere le patate

Come coltivare patate in un bidone o nel barile

Avete a disposizione un bidone della spazzatura abbastanza profondo oppure un barile come quelli per la conservazione del vino, che giacciono inutilizzati in garage, in cantina o in un angolo del cortile di casa? Con pochi e semplici accorgimenti potrete impiegare il vostro vecchio contenitore per coltivare delle buonissime patate.

patate nel bidone

Ecco la pianta di patate nel bidone

L’ideale è che il bidone abbia una capienza di circa 50 lt e sia facilmente forabile alla base per favorire il drenaggio dell’acqua ed evitare la formazione di muffe e funghi che potrebbero dar vita a marciumi.

Riempitelo per 1/4 della capienza di terriccio fertile e posizionate al suo interno delle patate da seme (possibilmente biologiche o acquistate da un contadino) tagliate a metà per la larghezza e rivolte con le gemme verso l’alto e sistemate il bidone in un luogo sufficientemente assolato.

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Man mano che le parti aeree della patata cominceranno a svilupparsi, abbiate cura di coprirle con del terriccio e di mantenere il giusto grado di umidità con annaffiature frequenti ma non abbondanti: anche in questo caso, infatti, è bene evitare pericolosi ristagni d’acqua.

Dopo circa 3 mesi, il colore delle foglie e dei fusti delle piantine virerà dal verde al giallo e una volta appassite potrete raccogliere le patate rovesciando il bidone. Ricordate di tenere da parte qualche patata in modo da impiegarla per nuove semine che vi consentiranno di ottenere altri generosi raccolti di patate home-made.

Chi di voi conoscere modi alternativi e tecniche semplici per coltivare patate?

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Anemone: tutto su questa pianta ideale per decorare giardini e balconi

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Elegante e raffinato, l’anemone è una pianta fiorifera antichissima che conta più di 150 varietà dai colori scenografici, l’ideale per decorare giardini e balconi. Vediamo insieme come coltivarlo e conosciamo tutte le sue peculiarità.

L’anemone è una pianta erbacea dalla storia antica e affascinante. Appartiene alla famiglia delle Ranunculaceae. ed è originario del Sudafrica e del Sudamerica. Qui viene anche chiamato Fiore del Vento per la delicatezza del suo calice.

Questa pianta perenne si adatta a qualsiasi tipo di terreno e cresce anche spontaneamente in giardini, prati e campi. A seconda della specie si appartenenza – ce ne sono più di 150 – l’anemone produce fiori differenti per colori e caratteristiche, tutti di grande impatto scenografico. Le colorazioni variano dal bianco al viola, dal giallo al rosso fino all’azzurro.

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Per crescere e regalare fioriture abbondanti ha bisogno della luce diretta del sole, ma lo si può ammirare spesso anche in zone di ombra e mezzombra, ad esempio ai piedi degli alberi. Nel pieno sviluppo, questa pianta erbacea può raggiungere i 15 centimetri di altezza.

Attenzione, però! Si tratta di una pianta tossica che irrita le mucose, sopratutto degli animali. Una volta essiccata, invece, ha proprietà antidepressive per il sistema nervoso e lenitive per l’apparato urinario che di quello digerente.

Grazie alla sua adattabilità e resistenza, l’anemone più essere coltivato sia in piena terra che in vaso, animando con le sue vivaci sfumature giardini, bordure ma anche balconi e terrazzi. Ecco tutti i segreti per riuscirci.

anemone

Un fiore candido di anemone

Storia e significato dell’anemone

Nel linguaggio dei fiori l’anemone rappresenta l’effimero e l’abbandono. Più precisamente, è il simbolo dell’amore tradito, della speranza mal riposta e  farne dono vuol dire comunicare alla persona che lo riceve la propria delusione o un senso di abbandono.

Se ripercorriamo la storia di questa pianta, scopriamo che per gli antichi egizi era un segno di malattia, mentre per gli etruschi era il fiore dei morti. Ancora oggi, infatti, le necropoli etrusche vicino Tarquinia sono tappezzate di distese di anemoni di color azzurro tenue.

Il mito greco, invece, indica in Anemone una giovane e bellissima ninfa della corte di Flora di cui Zefiro e Borea si erano perdutamente innamorati. Essendo in competizione tra loro, essi iniziarono a lottare per conquistare il cuore di Anemone scatenando bufere e tempeste.

Di fronte cotanta ammirazione per la bella ninfa, Flora reagì per invidia e scagliò su Anemone una maledizione che la trasformò per sempre in un fiore meraviglioso. Fu così che Anemone iniziò a schiudersi in Primavera, accarezzata dai primi venti dolci di Zefiro, per poi disperdersi sotto le folate più impetuose di Borea.

E’ per questo motivo che nelle culture moderne così come un tempo, l’anemone è un fiore associato alla caducità dei sentimenti e all’abbandono. La sua fragilità e delicatezza è il simbolo della brevità dell’amore.

Bellissimi quanto fragili, i fiori di anemone si sciupano al primo soffio di vento.

Anemone: utilizzi e varietà

La specie forse più conosciuta e utilizzata per la coltivazione in giardino è l’anemone japonica, dalla caratteristica fioritura estivo-autunnale. Si tratta di una varietà molto apprezzata per scopi decorativi, con fusti eretti e lunghi oltre 1 metro. I fiori sono di grandi dimensioni e spaziano dalle varietà a fiore calice doppio, semidoppio e semplice di colore bianco, rosato o rosso.

Un’altra specie rizomatosa coltivata per i suoi bei fiori che possono essere anche recisi, è l’anemone coronaria. La caratteristica principale è la sua rusticità che la rende forte e resistente anche al freddo intenso. La fioritura è abbondante con fiori semplici o doppi e le colorazioni vanno dal bianco, al rosso, fino ad arrivare al blu intenso e viola. Il fiore si caratterizza per l’elegante frastagliatura dei petali.

Sempre per scopi decorativi, da citare anche l‘anemone fulgens i cui fuori multi petalo si presentano di  un bel rosso accesso.

In omeopatia ed erboristeria, invece, la specie di anemone più utilizzata è quella nemorosa che vanta proprietà benefiche e curative per gli stati depressivi, disturbi del sonno, malattie di origine infiammatoria come cistiti, gastriti e otiti.

anemone

Il delicato fiore rosato dell’anemone japonica

Scoprite qualcosa di più sui vari tipi di piante:

anemone

Lo spettacolo degli anemoni in fiore

Coltivare l’anemone in giardino

Come abbiamo visto, la famiglia dell’anemone comprende molte varietà diverse per caratteristiche e quindi per esigenze. Anche se nella maggior parte dei casi la fioritura avviene sempre in primavera, ci sono alcune specie che fioriscono anche in inverno e in autunno, come quelle boschive.

Dunque, le tecniche di giardinaggio non potranno essere identiche, ed è quindi consigliato chiedere consiglio al proprio vivaista di fiducia per decidere quali tipologie di anemone meglio si adattano al nostro caso.

In generale si tratta di una pianta perenne molto rustica, che si adatta bene a climi, terreni e condizioni differenti. Tuttavia, preferisce dimorare in terreni ben drenati, ricchi e umidi, tendenzialmente acidi. Sarà quindi obbligatorio procedere alla fertilizzazione con concimi organici e azotati in modo ciclico e preparando bene il fondo.

ANEMONE

Il clima ideale è temperato, con temperature medie che vanno dai 14° ai 20°. Con queste condizioni, infatti, l’anemone regala splendide fioriture.

L’esposizione migliore è a mezzombra, ma nelle zone climatiche più fresche può essere esposto anche alla luce diretta a condizione che non vi permanga per molte ore consecutive.

Meglio optare per una zona del giardino riparata dal vento e dagli sbalzi di temperatura repentini, magari a ridosso di muri e siepi. Le innaffiature devono essere regolari ma mai eccessivi.

La pianta, infatti, non gradisce i ristagni idrici. Per assistere ottimamente la crescita sono sufficienti 2-3 irrigazioni settimanali (Primavera-Autunno) verificando prima che il terreno sia ben asciutto.

Coltivare l’anemone in vaso

Per la coltivazione in vaso, sarà molto importante prestare attenzione alla predisposizione del contenitore più adatto. Meglio optare per un vaso ampio e abbastanza profondo.

Qui la pianta potrà svilupparsi in altezza e in larghezza, anche per quanto riguarda l’apparato radicale. Il fondo del contenitore dovrà essere coperto di ghiaia e cocci o di argilla espansa che favoriranno il drenaggio. Il terriccio deve essere drenante, acido e ricco.

anemone

La messa a dimora deve avvenire in inverno. Il bulbo può essere interrato in una buca profonda circa 7-10 cm con le radici rivolte verso il basso.  Durante l’inverno sarà opportuno procedere con una pacciamatura che protegga le radici dalle gelate.

In primavera, invece, e per tutto il periodo di fioritura, la pianta avrà bisogno di aria, acqua e sole, ma anche di una buona quantità di ombra.

Altre informazioni

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Corniolo: tutto sulle sue bacche rosse diuretiche e tonificanti, perfette contro la dissenteria

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Il corniolo è un albero da frutto spontaneo a foglia caduca, molto diffuso nelle regioni dell’Italia settentrionale, nelle zone boschive e nelle radure pianeggianti. Le sue bacche sono drupe simili ad olive e durante la maturazione cambiano frequentemente colore. Nella campagna emiliana e romagnola, i frutti del corniolo venivano utilizzati per produrre aceti, liquori, gelatine e dolci.

Le proprietà tonico-astringenti fanno di questo frutto un ottimo rimedio per la cura di dermatiti, dolori articolari e disturbi del metabolismo. Scopriamolo insieme.

Il corniolo (Cornus Mas) deve il suo nome alla durezza del legno che caratterizza la corteccia di questo albero da frutto molto diffuso nei boschi a latifoglie e nelle radure pianeggianti dell’Europa e del Caucaso. Il nome ‘corniolo’ deriva, infatti, dal termine cornus che vuole dire appuntocorno’.

Secondo la leggenda, il cavallo di Troia fu costruito proprio con il legno di corniolo, così come il giavellotto con il quale Romolo tracciò i confini di Roma. Caduto in disuso come albero da frutto, oggi è più diffuso negli orti e nei giardini come pianta ornamentale.

corniolo

La pianta del corniolo

Il genere Cornus annovera circa 45 specie proprie dell’emisfero boreale. Si tratta di un alberello deciduo che raggiunge mediamente i 3-6 metri di altezza. Cresce spontaneo nelle macchie, nei boschi, lungo i fiumi, sia in pianura che in media montagna, fino a 1400 metri di quota. Ha un portamento espanso, la chioma fitta e un tronco molto ramificato con corteccia bruno-giallastra, e squamosa.

Il suo portamento, infatti, è espanso e la chioma molto fitta e frondosa. Si tratta di una specie arbustiva longeva ma di lentissimo accrescimento, che raggiunge il pieno sviluppo dopo 25-30 anni di età.

Le foglie sono opposte, di forma ellittica allungata con nervature arcuate e prominenti.

I fiori sono piccoli, gialli, odorosi, raccolti in gruppetti di 10-25 infiorescenze, che sbocciano sui rami ancora privi di foglie da febbraio a marzo.

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L’albero produce bacche commestibili che giungono a maturazione a fine agosto-settembre acquisendo una colorazione rosso corallo brillante. La loro polpa ha un sapore leggermente acidulo ma zuccherino, estremamente dissetante. Possono essere consumate fresche, oppure impiegate per la preparazione di succhi, decotti, marmellate e liquori.

corniolo

Corniolo proprietà

Corteccia e frutto del corniolo sono impiegati in fitoterapia per le proprietà febbrifughe e astringenti, molto utili in caso di disturbi intestinali e stati febbrili di varia natura.

Dalla corteccia grigiastra, infatti, si ottengono dei rimedi fitoterapici (infusi e decotti) utili contro malessere, debolezza e stati influenzali.

Le bacche, che giungono a piena maturazione verso fine agosto, sono ricche di vitamina C ed un tempo erano considerate il rimedio naturale più efficace per combattere la dissenteria.

SCOPRI: Rimedi naturali per l’acidità di stomaco

L’alto contenuto di vitamina C, acido malico, mucillagini e tannini gli conferiscono proprietà anti-diarroiche, diuretiche e tonificanti. Studi clinici, dimostrerebbero l’efficacia degli estratti del corniolo come anti-infettivo e antimicrobico contro alcuni tipi di batteri resistenti agli antibiotici.

Per questo motivo, il suo consumo può rivelarsi utile anche in caso di affezioni alle vie respiratorie e dolori articolari.

corniolo

Un metodo interessante per sfruttare le proprietà astringenti delle bacche consiste nel consumare i frutti crudi oppure bere un infuso tre volte al giorno lontano dai pasti.

Per la sua azione benefica e purificante sulla pelle, il corniolo è considerato un vero e proprio rimedio naturale di bellezza. Le sue proprietà salutari sull’epidermide sono sfruttate come:

  • antirughe naturale, sotto forma di decotto a base di corteccia di corniolo
  • scrub per il viso, unendo al succo delle bacche miele, limone e zucchero
  • impacco per i capelli, amalgamando il succo con dell’aloe vera in gel

Corniolo usi in cucina

Dal punto di vista alimentare, le bacche del corniolo sono utilizzabili per fare la marmellata e per dei succhi vitaminici. Dalla loro fermentazione si ricava anche una grappa e un liquore digestivo molto gradevole. Le corniole raccolte ancora acerbe, invece, possono essere conservate in salamoia realizzando una soluzione di acqua e sale.

Ricetta della marmellata di corniole

La ricetta della marmellata di corniole prevede i seguenti ingredienti:

  • 1 kg di corniole mature
  • 3 mele
  • ½ kg di zucchero
  • un bicchierino di rhum
  • scorza di limone

Corniolo

Preparazione. Pulite delicatamente i frutti, privateli del nocciolo e metteteli a bollire in una pentola coprendoli di acqua. Una volta in ebollizione, lasciate cuocere fino a che la polpa non risulterà morbida.

Passate al setaccio, aggiungete la mela già cotta in forno con il torsolo e i semi, lo zucchero e la scorza di limone. Lasciate addensare per qualche minuto a fiamma bassa continuando a mescolare delicatamente, finché la consistenza è tale da non scorrere sul cucchiaino. Aggiungere a fine cottura il liquore e trasferire il composto ancora caldo in barattoli sterili ed ermetici. Eventualmente apstorizzate, se preventivate di conservala più a lungo.

Altre informazioni

Potete trovare altre piante usate in fitoterapia per curare la dissenteria e per dare tono come il bacche rosse del corniolo:

  • Acaciadall’azione antimicrobica è utile contro la diarrea e nelle enteriti
  • Aglio, il viagra naturale, ma anche potente un antibiotico e antiparassitario contro le infezioni gastrointestinali
  • Agrimonia, l’erba dei cantanti, combatte la diarrea ed i problemi al fegato, ma anche le emorragie e le infiammazioni alla gola
  • Boldo, disintossicante, cura i disturbi digestivi, lingua bianca, candida e alitosi
  • Carvi, i semi digestivi e disinfettanti
  • Ciliegio, è depurativo e disintossicante, ma anche diuretico e antinfiammatorio, agisce contro la ritenzione idrica e la cellulite
  • Corbezzolousato come diuretico, antinfiammatorio, antisettico e contro la diarrea è anche ottimo per deliziose marmellate
  • Ericaamica delle vie urinarie, è diuretica, antisettica, astringente e antinfiammatoria
  • Fumaria, pianta diuretica, utile per regolare il flusso biliare e proteggere il fegato
  • Levistico, simile al sedano, calma il dolore, è diuretico e disinfettante
  • Maggioranaottima in cucina ma utile anche per tosse, dolori, reumatismi, mal di gola e cattiva digestione
  • Olivello spinosodalle bacche stimolanti naturali
  • Poligalaè emolliente, espettorante e lassativa, diuretica e contro problemi intestinali, tosse, asma e bronchite
  • Prezzemolousatissimo in cucina come erba aromatica, ha anche proprietà diuretiche, lassative, ipotensive
  • Querciasvolge un’azione astringente, antinfiammatoria e analgesica del cavo orale, è utile per alleviare la diarrea
  • Saponariaoltre a all’azione detersiva grazie alle saponine, è depurativa, sudorifera, tonica, espettorante e diuretica
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Prugnolo, regala la prima fioritura di primavera e le sue bacche nutrono gli uccelli in inverno e combattono la dissenteria

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Il prugnolo selvatico è uno dei primi arbusti a regalare fantastiche fioriture candide ad inizio primavera, utile per la salute e facile da coltivare, utilizzata sia in ambito fitoterapico che vivaistico. Conosciamolo meglio in questa guida a lui dedicata.

Il prugnolo selvatico, detto anche susino di macchia o nerospinoè un arbusto che si adatta bene a qualsiasi terreno e clima. Semplice da coltivare, viene impiegato soprattutto in erboristeria, fitoterapia e nella medicina tradizionale per le proprietà diuretiche, depurative e lassative dei suoi frutti e fiori.

In inverno, i suoi rami fitti e spinosi sono un riparo sicuro per molti animali selvatici e gli uccelli si cibano delle sue bacche bluastre.

Lo si vede ancora coltivato come spianta da siepe nei parchi, nei giardini pubblici e nei frutteti, dove è apprezzato per l’abbondanza dei sui frutti e delle sue splendide fioriture candide, ma soprattutto per la sua resistenza alle avversità climatiche e allo smog.

prugnolo

La pianta

Il prugnolo o pruno selvatico (Prunus spinosa L.) è un arbusto spontaneo appartenente alla famiglia delle Rosaceae. Durante lo sviluppo raggiunge un’altezza compresa tra 1,5-2,5 metri, ma non è raro imbattersi in esemplari alti anche 3,5 metri.

Il tronco è caratterizzato da una corteccia bruno-nerastra o grigio-ardesia, lucida nei fusti giovani e sui rami, rugosa e scagliosa da vecchia.

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I fiori compaiono in marzo-aprile e sbocciano sui rami prima o contemporaneamente alle foglie. I frutti (drupe) maturano in settembre-ottobre e persistono durante l’inverno. Hanno un colore blu-nerastro, con buccia ricoperta da una sottile patina cerosa. La polpa è verde-giallastra, dal sapore spiccatamente acido-tannico.

prugnolo

Il prugnolo è diffuso da nord a sud in tutte le regioni italiane, in pianura e in montagna fino a 1500 metri di altitudine. Lo si vede spesso nelle radure e nelle boscaglie dei fiumi e dei maggiori corsi d’acqua, così come nei cespuglieti, tra siepi, radure, scarpate, terreni incolti, sassosi e substrati poco profondi.

È un arbusto importante soprattutto per la sua funzione protettiva poiché è un valido riparo per gli
uccelli che costruiscono i nidi tra i sui rami ramificati e fitti. Merli, tordi, pettirossi e cornacchie sono alcune delle specie che gradiscono di più i suoi frutti.

prugnolo

Per gli appassionati di giardinaggio, sarà utile sapere che il prugnolo è un arbusto molto adatto a fare siepi impenetrabili grazie alla sua spinosità.

La coltivazione è molto semplice ed è tra gli alberi da giardino più diffusi, vista la sua spiccata adattabilità a qualsiasi tipo di terreno e condizione ambientale, tanto da essere considerato anche un albero da frutto. Resiste alla siccità e alle gelate invernali.

Essendo una pianta rustica, necessita di irrigazione solo in caso di siccità prolungata. Per la potatura è sufficiente provvedere all’eliminazione dei rami secchi o malati, cercando di far spazio nella parte interna. Lasciato crescere liberamente apparirà più disordinato, ma comunque bello e ricchissimo di fiori durante la primavera.

Proprietà del prugnolo

Le bacche carnose e acidule del prugnolo sono ricche di principi attivi benefici per l’organismo e si prestano al trattamento naturale di svariati disturbi.

In fitoterapia, il suo fitocomplesso è utilizzato principalmente per l’attività diuretica, depurativa e lassativa che è in grado di promuovere. Notevole, infatti, è l’apporto di principi antiossidanti che risultato preziosi anche per la cura e la bellezza della pelle, oltre che per l’apparato cardiocircolatorio e  intestinale.

Il modo migliore per consumare le bacche del prugnolo è al naturale, oppure sotto forma di succhi, sciroppi e confetture. Il consumo regolare (ma non eccessivo) di queste preparazioni, stimola l’appetito, agevola l’attività digestiva e  produce inoltre in tutto il corpo una sensazione di tonicità e vigore.

Per questo motivo, molto spesso il prugnolo è inserito sotto forma di integratore in programmi nutrizionali per soggetti deboli e affaticati.

I frutti di questo arbusto vantano anche proprietà antibatteriche e astringenti, utili in caso di diarrea, emorragie nasali e infezioni al cavo orale. Recenti studi,  inoltre, dimostrano che i principi attivi in essi contenuti svolgerebbero anche un’importante attività antitumorale.

Oltre ai frutti, del prugnolo si utilizzano anche le foglie per la preparazione di rimedi omeopatici utili in caso di raffreddore e mal di gola. Dalla macerazione dei fiori, invece, si ottengono preparati efficaci per il trattamento della stitichezza e della ritenzione idrica. Si tratta, in generale, di decotti e tisane dall’azione antispasmodica che si rivela particolarmente benefica sull’intestino sul colon.

In ambito cosmetico, gli estratti del prugnolo sono utilizzato per la preparazione di prodotti dedicati alla cura della pelle. I suoi principi attivi, infatti, aiutano la naturale rigenerazione cellulare dell’epidermide sopratutto in caso di dermatiti, ferite e lievi ustioni.

prugnolo

L’azione antibatterica, inoltre, contrasta l’azione di funghi e batteri. Con le bacche del prugnolo si realizza un olio vegetale dall’alto potere idratante che lascia la pelle morbida ed elastica. Il suo impiego è consigliato soprattutto alle donne in gravidanza poiché previene la formazione di smagliature e contribuisce a mantenere l’ottimale tonicità della pelle.

Infine, la maschera e la tintura madre ottenuta dalla macerazione delle bacche di prugnolo è considerata un valido aiuto per contrastare acne, pori dilatati e altre imperfezioni e prevenirne la ricomparsa.

In cucina

I frutti possono essere usati per preparare marmellate e confetture, mentre con i fiori si possono realizzare infusi o tisane. È sempre meglio evitare il fai-da-te, poiché contiene anche sostanze tossiche. Meglio dunque avvalersi di preparazioni già pronte e acquistabili in erboristeria.

Le bacche possono essere impiegate anche per produrre liquori come la prunella, il bargnolino e il prospino. Per poter essere mangiati freschi, i frutti devono prima essere congelati altrimenti risulteranno troppo aciduli e astringenti. In alternativa possono essere raccolti dopo le prime gelate autunnali.

Ricetta del gin alle prugnole

La ricetta del gin alle prugnole, un ottimo digestivo da servire e consumare fresco a fin e pasto, prevede i seguenti ingredienti:

  • 250 gr di prugnole
  • 250 gr di zucchero
  • ½ l di gin

Preparazione. Occorre mettere tutti gli ingredienti in un vaso a chiusura ermetica, riporlo in un posto buio e lasciarlo riposare per almeno tre mesi ricordando di agitarlo una volta a settimana. Filtrate e imbottigliate.

Altre informazioni

Qui trovate diverse schede su piante e alberi i cui fiori, bacche e foglie possono essere impiegate in ambito fitoterapico come lassativi e diuretici, ma anche ornamentali per decorare il giardino proprio come il prugnolo:

  • Betulla per calcoli urinari
  • Camomilla, la bevanda calmante per eccellenza
  • Corbezzolousato come diuretico, antinfiammatorio, antisettico e contro la diarrea è anche ottimo per deliziose marmellate
  • Corniolo, le sue bacche rosse hanno azione antidiarroica, tanto da essere usate contro la dissenteria, e come tonico
  • Orticacura i capelli ma è utile anche in caso di anemia, artrite, cistite e diarrea perché ricca di acido folico e ferro
  • Magnolia: tutto su questo albero dalle inconfondibili fioriture abbondanti
  • Pioppo: varietà e caratteristiche di un albero a crescita rapida
  • Pitosforo: una piante super resistente
  • Verga d’orocura le infezioni delle vie urinarie, è diuretica e antinfiammatoria, utile contro ritenzione idrica, cellulite, gotta ed iperuricemia
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Trifoglio: proprietà e usi dell’erba amica delle donne

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Il trifoglio è un’erbacea molto apprezzata sia come pianta ornamentale nei giardini, che come pianta officinale in fitoterapia per le sue virtù benefiche. Considerato da sempre un’erba sacra e miracolosa, il trifoglio è un fitoestrogeno naturale, fonte preziosa di molte sostanze nutritive. Conosciamo le sue proprietà e gli usi in una guida pratica tutta dedicata a questa pianta officinale cara alle donne.

Il trifoglio ha una storia antica. I Druidi celti, i Greci e i Romani, già nell’antichità, lo veneravano per le sue proprietà curative e medicamentose. Non a caso, Discoride e Galeno parlavano del trifoglio come di un’erba capace di guarire le ferite lasciate dai morsi dei serpenti velenosi. Plinio il Vecchio, dal suo canto, conforma nei suoi scritti che si tratta di una pianta sacra e magica che neanche i serpenti osano toccare…

La tradizione popolare, infine, ci ricorda che in rarissimi casi questa pianta erbacea spontanea tanto diffusa nei nostri prati può produrre 4 foglie (quadrifoglio) e diventare simbolo di buona sorte. Se ne trova 1 ogni 10.000, ma quando accade è come vivere un piccolo miracolo.

FOCUS: Fitoterapia, guida alle piante officinali per curarsi naturalmente

TRIFOGLIO

In fitoterapia ed erboristeria, il trifoglio è considerato una pianta officinale molto utile per le sue proprietà curative e benefiche.

E’ ricco di vitamine, sali minerali e altre sostanze nutritive importanti per il benessere dell’organismo ed è un’erba amica delle donne poiché il suo fitocomplesso è ricco di fitestrogeni naturali che contrastano l’azione dei radicali liberi e gli scompensi della menopausa.

Ecco tutto quel che c’è da sapere sul trifoglio, un’erbacea buona e bella, coltivata nei giardini come pianta ornamentale per il suo portamento tappezzante, ordinato e compatto che in botanica lo fa classificare anche come infestante.

Trifoglio pianta

Il trifoglio è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Fabacee (leguminose). Il genere Trifolium comprendente circa 300 specie, tutte diffuse nelle regioni temperate dell’emisfero boreale e in quelle montuose dei tropici. Il suo nome è ispirato alla forma della foglia divise in tre, anche se esistono varietà che possiedono 4, 5 o 7 foglioline.

Si tratta di un’annuale o biennale che in alcuni casi si comporta anche come perenne. Durante il suo sviluppo può raggiungere i 30 centimetri di altezza ed è molto apprezzato nei giardini come ornamentale poiché tende a tappezzare i terreni in modo compatto e ordinato. Questa erbacea si divide principalmente in 2 varietà:

trifoglio rosso

Il caratteristico fiore violaceo del trifoglio rosso

Durante la fioritura, il trifoglio si colora di sfumature brillanti e vivaci che, a seconda della varietà, spaziano dal rosso porpora, al bianco passando per il rosa e il viola intenso. In genere, questa erbacea non tollera il freddo intenso e predilige i terreni argillosi ad altri tipi di suoli. L’importante è che non debba vivere in condizioni di eccessiva umidità e che il terriccio sia ben drenato.

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trifoglio

La crescita del trifoglio è rapida (2-15 giorni dalla semina) e i primi germogli lobati fanno capolino già dopo le prime 48 ore. Per questo motivo è una pianta molto diffusa nei prati, nei boschi e nelle campagne, utilizzata nei pascoli come foraggio per il bestiame e impiegata anche nelle rotazioni agrarie per la rigenerazione dei terreni tra una coltura e l’altra.

APPROFONDISCI:

Trifoglio Rosso

Il trifoglio rosso (Trifolium pratense) è una pianta erbacea perenne molto diffusa e coltivata come erba da foraggio in diverse parti del mondo. E’ una delle varietà di trifoglio più utilizzate in fitoterapia per le sue proprietà curative contenute sopratutto nei fiori. Essi, infatti, sono una preziosissima fonte di minerali (calcio, cromomagnesio, fosforo e potassio) e vitamine, tra cui A, B12, K, E, C.

Il fitocomplesso del trifoglio rosso è il più ricco di isoflavoni, estrogeni naturali che favoriscono l’equilibrio ormonale nell’organismo. Queste sostanze si rivelano molto utili in particolare al benessere delle donne in menopausa, poichè aiutano a contrastare in modo naturale i disturbi tipici (nervosismo, osteoporosi e vampate) e della sindrome premestruale.

trifoglio

Trifogli cremisi

Un’altra importante proprietà del trifoglio rosso è quella antiossidante che lo rende un ottimo alleato contro l’azione ossidante dei radicali liberi che causano l’invecchiamento cellulare. Inoltre, è una buona fonte naturale di cumarine, composti aromatici che aiutano a migliorare la circolazione del sangue.

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Sembra, infine, che il trifoglio rosso sia utilizzato anche come coadiuvante della fertilità. Pare, infatti, che il consumo regolare di trifoglio rosso sia associato fin dall’antichità a molti benefici sulla produzione di ormoni femminili indispensabili alla riproduzione.

trifoglio

Trifoglio benefici e utilizzi

Al trifoglio sono state attribuite molte altre proprietà benefiche, tra cui:

  • Espettorante
  • Antispastica
  • Antinfiammatoria
  • Regolatrice delle secrezioni ghiandolari
  • Antieczematosa

L’infuso a base di trifoglio è uno dei rimedi naturali più antichi per la cura di bronchiti, tosse, infiammazioni intestinali e disturbi della menopausa. Il trifoglio dal fiore bianco,inoltre, è anche una delle principali fonti di sostentamento delle api perché i suoi fiori rappresentano un’ottima fonte di nettare.

trifoglio

Il trifoglio dal fiore giallo, invece, è lo stesso citato da Omero nell’Odissea: da sempre utilizzato nella medicina popolare come rimedio contro depressione, insonnia e palpitazioni. Non bisogna dimenticare, infine, il Trifolium dubium e il Medicago lupulina, due tipi di trifoglio selvatico che in Irlanda vengono portati all’occhiello il giorno di San Patrizio. Nell’antichità, queste erbe venivano usate per la cura di edemi ed abrasioni cutanee.

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Oggi il trifoglio è utilizzato per uso esterno sotto forma di tisana per il trattamento della sindrome del colon irritabile, cistiti, uretriti e coliche renali. I fiori svolgono sulle vie respiratorie un’azione espettorante, utile in caso di malattie da raffreddamento, tosse secca e irritativa, laringite e bronchite. Solitamente, viene prescritto per contrastare i sintomi e i disturbi della menopausa in dosi consigliate che vanno dai  40 agli 80 mg di isoflavoni.

trifoglio

Le controindicazioni

Anche se le indagini cliniche svolte sui possibili effetti collaterali derivanti dall’assunzione regolare di estratti di trifoglio non riportano casi di tossicità o effetti collaterali significativi, questa erba non è raccomandata alle donne in gravidanza o affette da endometriosi, fibromi uterini e tumori al seno, alle ovaie o all’utero. È sconsigliata l’assunzione anche per gli uomini in caso di carcinoma della prostata. 

Trifoglio in cucina

Il trifoglio rosso può essere utilizzato in cucina come ingrediente per preparare risotti, gustose insalate o saporite minestre. I fiori possono essere consumati gratinati, brasati o in accompagnamento a misticanze selvatiche. Una ricetta ottima per consumare il trifoglio è quella dello sformato di trifoglio pratense. Ecco gli Ingredienti necessari:

  • 1 kg di trifoglio dei prati
  • pancetta affumicata
  • cipolla
  • 50 gr di besciamella
  • 2 uova
  • parmigiano grattugiato
  • olio extravergine di oliva
  • burro
  • sale e pepe

trifoglio

Per quanto riguarda la preparazione, fate lessare il trifoglio in acqua salata per un paio di minuti e trasferitelo poi in una padella antiaderente per rosolarlo con olio e un trito di cipolla e pancetta. Versate il tutto nel mixer e lavoratelo fino ad ottenere un composto omogeneo e liscio.

Mischiatelo con la besciamella, formaggio grattugiato e le uova sbattute. Trasferite in uno stampo per ciambella precedentemente imburrato e cuocete a bagnomaria.

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Come coltivare menta in vaso e a terra: la guida pratica

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Coltivare menta in vaso o in piena terra è più semplice di quel che si possa pensare, dato che si tratta di una pianta che ben si adatta a molti tipi di terreno e clima. E allora, non perdetevi la nostra guida-pratica piena di suggerimenti e consigli utili per avere menta sempre fresca e buona direttamente a casa vostra.

La menta è una pianta erbacea perenne che si declina in molte specie, e quelle più diffuse sono la piperita, romana, mentuccia e acquatica. Ha un sapore leggermente piccante e un forte aroma. Composta prevalentemente da acqua, fibre, ceneri, proteine e carboidrati, la menta presenta una buona concentrazione di sali minerali. In particolare, potassio, magnesio, rame, manganese, sodio e fosforo. Discreta è anche la quota di vitamine, soprattutto quelle del gruppo A, B, C e D.

Le proprietà della menta dipendono dalla presenza di un alcool estratto dall’essenza di menta, il mentolo, che è molto utilizzato per preparare cosmetici, profumi e medicinali per il suo potere rinfrescante e per le proprietà spasmolitiche. Inoltre, ha un’azione antisettica.

come coltivare menta

In cucina la menta viene usata per insaporire tanti tipi di pietanze, salse salate, zuppe e vellutate, nella pasta e nei secondi sia di carne che di pesce. Ma soprattutto la troviamo nei dolci e nelle bibite: tutte sfruttano il suo sapore dissetante e rinfrescante e la sua azione digestiva.

Sapete come fare…  Un orto sul terrazzo?

Viste le sue innumerevoli proprietà e i tanti usi culinari a cui si presta, è bene averne sempre una scorta in casa. Il modo migliore è coltivare menta in vaso o nel terreno seguendo alcune semplici tecniche di coltivazione che vi permetteranno di ottenere in poco tempo un raccolto rigoglioso e profumato.

Come coltivare menta: terreno, esposizione e semina

Come molte altre piante perenni, anche la menta si adatta molo bene a quasi tutti i terreni e clima, alle esposizioni ombrose o più soleggiate e resiste anche agli eventi climatici più avversi. L’unica accortezza che si deve prestare quando si coltiva menta in vaso o in giardino è l’umidità.

Evitare i ristagni idrici e i terreni troppo umidi perché, a lungo andare, potrebbero danneggiare l’apparato radicolare della pianta e comprometterne lo sviluppo.

come coltivare menta

Questa pianta aromatica predilige i terreni ricchi, dunque ricordate di cambiare il terriccio ogni due anni o arricchirlo con sostanze organiche. Nei periodi più freddi o particolarmente piovosi, coprite i fusti con dei teli. In tal modo, proteggerete le foglie dagli agenti atmosferici e dal gelo.

Per coltivare con successo menta in vaso o a terra occorrerà assicurare alle piantine innaffiature regolari che consentano di mantenere il terreno sempre umido, evitando di bagnare le foglie.

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La propagazione

La propagazione della menta deve coincidere con l’arrivo della primavera e può avvenire attraverso i semi, per talea degli apici vegetativi o trapiantando delle piantine già adulte in vaso o in pieno campo. Nel caso in cui optaste per la propagazione per tale, ricordate che gli apici da mettere a dimora devono essere lunghi almeno 20-25 cm, asportati  dalla pianta verso marzo-aprile o all’inizio dell’autunno e riposti in un bicchiere con acqua o direttamente nel terreno per favorirne la radicazione.

come coltivare menta

Se scegliete la coltivazione in vaso, tenete presente che appena la pianta inizierà a germogliare dovrà essere spostata in pieno sole e che i travasi dovranno seguire la crescita. Optate per contenitori grandi almeno 40-45 cm o da 60 cm se avete spazio a sufficienza per far crescere piante più grandi e rigogliose.

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Un consiglio sicuramente valido per chi vuole coltivare menta con successo è scegliere la varietà che meglio si adatta alla proprio zona climatica. La menta piperita, ad esempio, vive meglio al freddo e se coltivata in giardino attirerà farfalle, api e altri insetti impollinatori che faranno la gioia di tutte le altre piante. La menta spicata, invece, vive bene ai climi più caldi.

menta

Come coltivare menta: raccolto e conservazione

Solitamente il raccolto avviene in estate quando le foglie sono particolarmente ricche di mentolo e oli essenziali. Dopo aver asportato dalla pianta le foglie più grandi e alcuni degli apici vegetativi, utilizzate la menta per il consumo a crudo, essiccatela per preparare tisane e infusi o congelatela in cubetti di ghiaccio per averne una bella scorta sempre pronta all’uso in qualunque periodo dell’anno. Ricordate che non provvedendo alla raccolta regolare delle foglie, a metà stagione le cime della pianta andranno comunque potate.

Vi è interessato scoprire le basi su come coltivare menta in vaso o nel terreno? Allora preparatevi ad accogliere l’arrivo della primavera e a mettere in pratica i nostri consigli…

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