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Robinia: l’albero dalle mille virtù

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La robinia è un genere di leguminosa molto diffusa nelle città italiane per il suo aspetto elegante, le fioriture opulente e il portamento simile a quello di una acacia. Queste caratteristiche ne fanno una pianta ornamentale molto apprezzata e la si vede spesso ornare viali, aiuole e parchi dove sprigiona il suo profumo intenso e inebriante. Scopriamo tutto quello che c’è da sapere su questa varietà arborea e conosciamo le sue proprietà benefiche per la salute.

Nota anche come gaggia o falsa acacia, la robinia pseudoacacia è una pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Leguminose originaria dell’America Settentrionale, ma da tempo diffusa anche nelle regioni Mediterranee.

Il suo nome è stato dedicato da Carlo Linneo a Jean Robin, giardiniere di Enrico IV e Luigi XIII e fondatore nel 1590 dell’Orto Botanico di Parigi. Fu proprio in questo luogo magico che all’inizio del Seicento Robin coltivò per la prima volta la pianta dando vita ad una lunga tradizione dedita alla coltivazione di molte varietà appartenenti allo stesso genere.

SCOPRI: Le varie medicine alternative

robinia

In tempi più moderni, la robinia ha trovato un posto d’onore in tutte le città italiane per il suo aspetto elegante, ma sopratutto per la sua resistenza allo smog e agli scarichi industriali.

La pianta, infatti, cresce bene lungo strade e viali e la si incontra facilmente sulle ferrovie dove viene piantata fin dall’epoca dei treni a vapore per scopi ornamentali e di consolidamento.

Un tempo, le foglie di robinia erano l’alimento cardine della dieta dei conigli da allevamento e in generale di tutti i ruminanti.

robinia

Oggi è diventata una specie autoctona in Italia, molto impiegata per il consolidamento di scarpate e pendici franose anche su terreni poco fertili.

E non è tutto. Foglie, fiori e radici di questa leguminosa trovano largo impiego anche in fitoterapia e in omeopatia per le sue spiccate proprietà emollienti e protettive nei confronti della mucosa gastrica.

Robinia pianta

Si tratta di un albero a foglia caduca la cui altezza va dai 16 ai 25 metri, con chioma variabile, aperta e globosa. Il tronco è leggermente irregolare, diritto, spesso biforcato caratterizzata da una corteccia spessa e nodosa sopratutto nei vecchi esemplari, di colore ocra-aranciato.

Il sistema radicale è espanso, forte, poco profondo e rende difficile l’instaurarsi tutto intorno dell’altra vegetazione. I fiori sono raggruppati in rametti penduli di 10-20 cm, di colore prevalentemente bianco e dall’intenso profumo dolciastro.

FOCUS: Come coltivare alberi da frutto in casa

robinia

Si tratta di un albero estremamente adattabile a qualsiasi condizione e tipo di terreno, che cresce anche spontaneamente fino a 1400 metri di altitudine. Se coltivata in giardino, non necessita di cure particolari. Riceve la giusta quantità di acqua dalle piogge, per cui non richiede di essere annaffiata. I terreni devono essere drenati e ben profondi, per consentire lo sviluppo delle radici.

Negli Stati Uniti e in tutto il Nord America la robinia  cresce spontanea come infestante. In Europa la sua diffusione è affidata per lo più alla coltivazione  in tutta l’area sub-mediterranea facilitata dalla rapida propagazione per stoloni. La si trova naturalizzata nelle boscaglie, scarpate, massicciate, sponde fluviali, rive dei fossi, ecc.

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Robinia proprietà

La Robinia pseudoacacia contiene un alto apporto vitaminico (A, B1, B2 , B3) e minerali come calcio, fosforo, ferro, magnesio, sodio, potassio, zinco e oli essenziali. E’ ricca di fibre, carboidrati, proteine e glucosidi. Le sue infiorescenze e i principi attivi contenuti nella corteccia vantano proprietà emollienti e protettive nei confronti delle mucose gastriche e intestinali.

A livello digestivo, in particolare, aiutano a contrastare l’eccessiva acidità e si rivelano utili nel trattamento di pirosi gastrica o esofagite. In erboristeria la robinia si può acquistare sotto forma di tintura madre per il trattamento raucedine e faringiti. Nelle tisane protagonisti sono i fiori essiccati che vantano proprietà rilassanti e sedative.

FOCUS: Miele di acacia, proprietà e benefici

robinia

In passato gli estratti della corteccia di robinia venivano utilizzati come lassativo e tonico naturale. Dalle foglie, invece, si otteneva un decotto utile a stimolare il vomito e a supportare il corretto funzionamento del fegato. I fiori cotti, infine, erano considerati un valido rimedio per attenuare le infiammazioni oculari.

Dalle infiorescenze di robinia si ottiene anche un miele energizzante di colore  ambrato dal sapore delicato e gentile, molto apprezzato anche dai bambini. Come rimedio naturale, la robinia trova impiego in maniera analoga all’acacia:

  • Antinfiammatorio: aiuta a combattere mal di gola e tosse. Coadiuva l’espulsione del catarro. Nella medicina popolare, i fiori cotti di acacia venivano mangiati per ridurre le infiammazioni a carico degli occhi.
  • Astringente: si utilizza molto nei casi di enterite e diarrea.
  • Emolliente: aiuta le mucose contro l’acidità nei casi di esofagite o pirosi gastrica.

Robinia in cucina

In cucina si utilizzano le infiorescenze della robinie raccolte tra aprile e maggio. I fiori, infatti, sono deliziosi se preparati con una pastella e fritti.

La ricetta dei fiori di robinia fritti

Questa ricetta prevede pochissimi ingredienti ed è molto facile da realizzare.

Ingredienti:

  • Infiorescenze appena dischiuse di robinia
  • 5 uova
  • 2 cucchiai di farina bianca
  • mezzo litro di latte
  • olio di arachidi
  • sale
  • miele
  • una buccia d’arancia

Preparazione:

  • Dopo aver preparato la pastella stemperando la farina bianca nel latte, aggiungete i rossi delle uova, un pizzico di sale, la buccia d’arancia e lasciate riposare per un’ora.
  • Montate a neve i bianchi dell’uovo ed uniteli alla pastella.
  • Passate i fiori nella pastella e friggeteli in olio bollente.
  • Eliminate i peduncoli, scolateli su carta assorbente e serviteli caldi con miele.

frittelle di robinia

Robinia controindicazioni

Eventuali effetti collaterali e interazioni farmacologiche sono dovuti alla presenza di tannini in tutte le parti variabili. E’ buona norma, dunque, evitare il fai-da-te e chiedere sempre consiglio al proprio medico curante o erborista di fiducia.

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Zigolo: proprietà e caratteristiche di un super-food quasi sconosciuto

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Lo zigolo, noto anche come mandorla di terra, è una pianta erbacea rustica molto comune in Europa, che produce un tubero commestibile dal sapore dolciastro e dai sentori di mandorla e noce. Grazie ai suoi notevoli valori nutrizionali,  può essere considerato a tutti gli effetti un superfood, nonché un valido alleato nelle diete ipocaloriche e nei regimi alimentari vegani, vegetariani e per soggetti celiaci. Scopriamo le proprietà e caratteristiche di questa pianta.

Considerato a lungo, a torto, tra le piante infestanti, oggi è iscritto all’elenco europeo delle piante che hanno ottenuto la denominazione DOP, lo zigolo è un’erba commestibile conosciuta in tutto il mondo con i nomi più stravaganti e curiosi. Per alcuni è la mandorla di terra, lo zigolo dolce, il cipero o zizzola.

Gli spagnoli lo chiamano chufatigernut o xufa. Per altri ancora è la zizzola di terra, bagigi, bacicci, babbagigi, o dolcichini. Insomma, l’elenco dei nomi e dei nomignoli di questa pianta e dei suoi tuberi è lungo almeno quanto la sua tradizione, visto che le prime piantagioni risalirebbero a 4.000 anni fa.

I nostri cugini spagnoli lo conoscono meglio per la sua versatilità in campo alimentare. A Valencia, lo zigolo è noto come chufa dai cui tuberi si ricavano pesto, liquori e bevande rimineralizzanti.

Zigolo: la pianta

Si tratta di una erba spontanea appartenente al genere Cyperus, dal termine greco Kyperos con cui un tempo si indicava proprio il Cyperus esculentus L. Qualcuno assimila l’etimologia di questo nome al latino Cypris, Venere, ed altri ad un antico termine che designava un grande vaso concavo o una pentola di terracotta.

In generale, si tratta di una pianta a fusto eretto e robusto, alta fino a 40 cm, con foglie basali rigide di colore verde chiaro. Rispetto ad altre specie della stessa famiglia, la varietà esculentus si distingue facilmente per la presenza di tuberetti radicali, grandi poco meno di una nocciola, localizzati alla fine delle radici che si possono raccogliere estraendo delicatamente la pianta dal terreno.

zigolo

La proprietà del Cyperus esculentus ha dei piccoli tuberi attaccati alle radici, simili a delle nocciole, che si possono mangiare, e da cui si ricava una farina e un latte rinfrescante

Cresce spontaneamente a latitudini tropicali e sub-tropicali, ma è diffuso in gran parte delle pianure e delle basse coste del Mediterraneo, Italia compresa. Sebbene in alcuni paesi sia considerata una temibile infestante, in Spagna è coltivata su vasta scala. Il periodo di raccolta è l’autunno.

Le proprietà

In Italia lo zigolo è poco conosciuto, ma è molto utilizzato in cosmesi per il suo profumo simile alla viola, per il potere idratante, nutritivo ed antiossidante che fa dello zigolo un ottimo alleato di bellezza. Lo si trova, infatti, come ingrediente-base di molte creme e oli per il corpo, saponi esfolianti e preparazioni cosmetiche adatte a nutrire e purificare la pelle.

In fitoterapia è considerata una pianta dalle spiccate proprietà diuretiche, digestive, stimolanti, toniche, diuretiche ed emmenagoghe. Il suo consumo regolare, infatti, stimolerebbe l’afflusso di sangue nell’area pelvica e nell’utero.

Oltre a queste virtù, i principi attivi contenuti nelle parti aeree e radicolari della pianta svolgono un’azione carminativa, ovvero aiutano a ridurre l’aria che si accumula nello stomaco e nell’intestino.

zigolo

A questo tubero vengono attribuite anche proprietà nutritive e terapeutiche davvero eccezionali, tra cui:

  • Prevenzione dell’ arteriosclerosi
  • Abbassamento del livello di colesterolo cattivo e aumento di quello buono
  • Abbassamento dei  trigliceridi
  • Azione rimineralizzante (potassio, magnesio, calcio, ferro e fosforo)
  • Regolazione del le funzioni intestinali
  • Azione digestive
  • Stimolazione delle difese immunitarie
  • Prevenzione del cancro al colon

Molti nutrizionisti ed esperti concordano nel definirlo un alimento ‘completo’ proprio in virtù dei macro e micronutrienti che è in grado di apportare.

Utilizzi in cucina

Dal punto di vista nutrizionale, lo zigolo dolce presenta un notevole contenuto in fecola, zucchero e un olio eccellente simile in tutto e per tutto all’olio di mandorle dolci e di oliva. Il ridotto contenuto in grassi, l’assenza di glutine, sodio e colesterolo, l’alto contenuto in minerali, ne fanno un alimento davvero straordinario.

La farina di chufa può essere aggiunta al muesli, allo yogurt o ad alimenti cotti come zuppe, budini, creme.

Ricetta della horchata

Il derivato più noto dello zigolo rimane la horchata de chufa, una bevanda rinfrescante che sembra latte ed è molto consumata nel sud-est della Spagna. Sbagliando viene tradotta con il nostro corrispettivo ‘orzata’. Si può preparare anche in casa:

  • 500 gr di tuberi di zigolo
  • 450 gr di zucchero
  • 2 l di acqua

Preparazione. Lavate accuratamente i tuberi e poneteli in ammollo per almeno 12 ore. Sciacquate nuovamente in acqua pulita e sgocciolare bene. Schiacciate i tuberi in un mortaio fino a ridurli in poltiglia. Aggiungete l’acqua e lasciate al fresco per circa 3 ore.

zigolo

La horchata è la bevanda rinfrescante simile al latte nota nella zona di Valenza, fatta con i tuberi dello zifolo

Passate al setaccio premendo bene al fine di estrarre tutto il succo. Aggiungete lentamente lo zucchero, senza mescolare. Una volta sciolto lo zucchero, filtrate con un pezzo di tela o un colino fine ottenendo così l’horchata. Lasciate raffreddare in frigorifero e mettete nel freezer per servire la bevanda quasi ghiacciata.

Altre informazioni

Ci sono diverse piante che producono superfood e sono anche usati in cosmetica per il profumo e le molteplici virtù idratantinutritive ed antiossidanti, oltre che in cucina, vediamone alcune schede:

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Silene: tutte le virtù di quest’erba dall’azione emolliente usata sia in cosmetica che in cucina

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La silene è un’erba spontanea il cui nome deriva dal Dio Sileno, educatore e compagno di Bacco, famoso per il ventre rigonfio che ricorda il calice panciuto e globoso di questa pianta. Un’origine molto curiosa per una pianta bella da vedere, buona da mangiare e benefica per la salute, molto diffusa in Romagna, dove è considerata una verdura a tutti gli effetti. Scopriamola insieme.

Silene, Strigoli, stridoli, s-ciopit, carletti, grisol, sonaglini e chi più ne ha più ne metta. I nomignoli e i soprannomi popolari di questa pianta non peccano certo in fantasia ed originalità.

Il nome scientifico, in realtà, è silene vulgaris: si tratta di un’erba spontanea che si raccoglie da marzo a settembre, in particolare nei prati della Romagna dove è apprezzatissima in cucina.

silene

Il suo gusto intenso è noto sin dall’antichità in tutto lo Stivale e anche all’estero, in particolare in Spagna e Portogallo.

Nella tradizione romagnola, sembra che il nome ‘strigoli’ derivi dal portamento strisciante dei sui steli e dal caratteristico ‘stridio’ che foglie e steli emettono quando vengono sfregati.

Silene, la pianta

Il suo nome botanico è Silene Vulgaris, un genere appartenente alla famiglia delle Cariofillacee più comunemente nota con il termine popolare ‘strigoli’ o ‘stridoli’.

Si tratta di una pianta erbacea del gruppo delle biennali o perenni che durante il suo sviluppo può crescere fino a raggiungere i 30-70 cm di altezza.

Caratterizzata da un fusto vischioso, molto ramificato, e ricoperto da una leggera peluria e dal portamento ascendente, non ama i ristagni d’acqua, preferisce i terreni calcarei e cresce in zone con pendenze più o meno ripide.

LEGGI ANCHE: I germogli, perchè mangiarli e come cucinarli

silene

Le foglie sono opposte, ovali e lanceolate, all’aspetto carnose e vellutate.

Il fiore è un calice pendulo di forma cilindrica. Ha un aspetto piuttosto appariscente, volgarmente noto con il nome di ‘bubbolino’. Anch’esso è ricoperto da una leggera peluria ed è formato da 5 petali di colore bianco-rosato che si schiudono da maggio ad agosto.

La pianta è maggiormente diffusa nelle zone temperate del Mediterraneo, sopratutto nelle regioni del Centro-nord fino a 1300 metri di altitudine. La si vede più facilmente nelle bordure, nei prati falciati, nei terreni incolti, ai margini dei boschi e delle siepi.

Foglie, fiori e giovani germogli possono essere raccolti da marzo a maggio, oppure nel periodo autunnale (ricacci).

Proprietà

In fitoterapia viene usata per la sua azione lassativa, diuretica e depurativa del fegato. Le radici, così come quelle della saponaria, venivano usate nell’antichità per le proprietà nutritive e depurative.

Vitamine, carboidrati, sali minerali, saponine e mucillagini rappresentano i valori nutrizionali più importanti della pianta che perciò deve essere consumata preferibilmente a crudo o scottata per pochi minuti al vapore.

Come verdura utilizzata per il consumo alimentare assicura un buon apporto di vitamina C e fenoli, composti antiossidanti.

Buona anche la concentrazione di altri acidi grassi, come l’acido oleico, linoleico, linolenico, erucico, palmitico e stearico.

SILENE

Gli estratti di questa pianta sono utilizzanti anche per la loro azione emolliente e trovano largo impiego nella produzione di saponi e lozioni per la cura della pelle.

Sin dal passato, è utilizzata per realizzare preparazioni utili al trattamento di alcune affezioni agli occhi (oftalmie).

Utilizzi in cucina

È una pianta spontanea molto apprezzata come verdura cotta, ottima per preparare risotti, zuppe, frittate e insalate miste. Il suo maggiore impiego, però, è come ripieno per paste, ravioli, casoncelli e torte salate.

In Spagna è considerata una vera e propria verdura e compare in numerose ricette a base patate, uova o carne. In Grecia e Cipro si consuma cruda nelle insalate verdi o saltata con olio extravergine di oliva. 

Per l’uso alimentare, le foglie possono essere raccolte in primavera e a giugno. Il loro sapore dolciastro ricorda quello dello spinacio e dell’ortica.

Ricetta dei casoncelli con silene

I casoncelli di magro con silene si preparano a partire da una sfoglia sottile di pasta sfoglia:

  • 1 kg di farina 00
  • 7 uova
  • 3 tuorli
  • acqua

Preparazione. Impastate la farina con le uova e i tuorli con l’acqua e poi su una spianatoia infarinata tiratela in una sfoglia sottilissima.

Per il ripieno ripassate nel burro le foglie di silene lessate pochi minuti, aggiustate di sale e pepe. Aggiungete la ricotta di pecora e guarnite il tutto con un pizzico di noce moscata. Infornate a 220° per 20-30 minuti.

Altre informazioni

Potreste trovare interessanti altre informazioni contenute in queste schede botaniche sulla cura delle piante:

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Dalle piante un aiuto per la bonifica di terreni inquinati: i nuovi fitorimedi

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Un fitorimedio per bonifica di terreni inquinati? Esiste, ed è basato sulla capacità di alcune piante di assorbire e degradare metalli pesanti e microrganismi inquinanti prodotti dalle lavorazioni industriali e disperse nel terreno. Scopriamo insieme tutti i dettagli di questa rivoluzionaria tecnica di risanamento ambientale che è anche naturale, economica e sostenibile.

Bonificare i terreni inquinati e degradati dagli scarti delle lavorazioni industriali è uno dei problemi più urgenti che l’emergenza ambientale ha evidenziato negli ultimi decenni.

Dagli anni Cinquanta ad oggi, in particolare, lo studio delle possibili soluzioni è stato sempre più orientato verso lo sviluppo di tecniche e tecnologie di risanamento sostenibili e naturali, come il fitorisanamento. Ma in cosa consistono i fitorimedi applicati alla bonifica dei terreni inquinati e quali sono i benefici indotti?

Fitorisanamento dei terreni inquinanti: cos’è e come funziona

Arsenico, mercurio, nichel, rame, idrocarburi alifatici e aromatici, clorurati: sono solo alcuni esempi delle tante sostanze tossiche che negli anni sono state riversate nell’ambiente. Ogni giorno questi residui entrano in contatto con i terreni e con le falde acquifere corrompendo interi ecosistemi naturali, spesso in maniera irreversibile.

Nella maggior parte dei casi, la bonifica dei siti compromessi da questo tipo di inquinanti è affidata a metodi di vecchia concezione, che consistono nella rimozione dei suoli contaminati e nell’estrazione delle sostanze nocive. Tali sostanze vengono poi sottoposte a trattamenti chimici e termici che ne limitano la pericolosità degradandole.

Si tratta di un procedimento complesso e impattante, che rende necessario l’impiego di un notevole quantitativo di risorse energetiche e la movimentazione di molti mezzi (camion, ruspe, bulldozer, ecc), necessari al dissodamento dei siti e al trasporto della terra fino ai centri di bonifica.

Per anni, dunque, ricercatori e studiosi di tutto il mondo si sono dati da fare per individuare tecniche alternative a basso impatto ambientale in grado di rispondere a questo tipo di emergenze.

E la risposta è arrivata dalla natura, in particolare da una selezione di piante che assorbono le sostanze inquinanti disperse nei terreni, azzerandone o riducendone la tossicità. Sono veri e propri fitorimedi applicati ad aree contaminate dalla presenza di metalli pesanti e idrocarburi, che sfruttano la capacità di alcune piante di assorbire queste sostanze, promuovendo un processo di risanamento naturale del terreno.

È ciò che gli esperti definiscono ‘fitobonifica‘ o ‘fitorimediazione‘, e sulla quale numerosi centri di ricerca lavorano già da alcuni decenni per affinare le tecniche ed estenderne l’applicabilità anche su larga scala.

Tecniche sostenibili per la bonifica dei terreni inquinati

L’idea di base è quella di piantumare i terreni da bonificare con determinate specie vegetali che si nutrono di questi composti, li estraggono dal terreno e li accumulano nelle foglie e nelle radici, risanando di fatto il suolo.

Molte sono le piante già note agli esperti che possono essere usate nella bonifica dei terreni. Ognuna di esse si nutre di una particolare classe di sostanze inquinanti e sfrutta una specifica tecnica di estrazione, il che la rende più o meno adatta ai diversi siti da bonificare e alle sostanze da abbattere.

Tra le specie più conosciute, spiccano il vetiver e la canapa, note per la capacità di assorbire i metalli pesanti in generale. C’è poi il girasole selvatico, che assorbe il nichel e il cromo. La senape indiana, invece, è perfetta per abbattere i livelli di piombo, cesio, cadmio, nichel, zinco e selenio dispersi nelle falde.

Alcune specie arboree si sono rivelate utili per la bonifica di terreni inquinati. È il caso del pioppo, un albero capace di assorbire nelle sue fibre vegetali notevoli quantità di metalli e continuare ad accumularli per tutto il suo ciclo di vita.

Ma le risorse naturali del regno vegetale e della biodiversità a servizio della scienza non finiscono qui. Esistono molte altre specie in grado di crescere e prosperare in terreni gravemente contaminati e di accumulare gli inquinanti con la tecnica della ‘fitoestrazione‘, l’alternativa economica e sostenibile ai trattamenti chimici. Oltre a quelle già citate, infatti, le specie più promettenti sono la brassica, la rapa, il cavolo, il salice, il lupino bianco, e il granoturco.

Test di laboratorio hanno dimostrato che tutte queste piante sono in grado di assorbire le sostanze tossiche con efficienze variabili dal 35% al 40% . Ciò significa che nell’arco di 4-5 cicli stagionali è possibile raggiungere il 100% di fitoestrazione delle sostanze metalliche e dei microrganismi presenti nel suolo.

Fitorimedi bonifica di terreni inquinati

Fitorimedi: la brassica è una delle piante più adatte alla bonifica di terreni inquinati

Fitorimedi assistiti: cosa sono e che benefici portano

Al fine di massimizzare la capacità delle piante selezionate di bonificare naturalmente i terreni inquinati con la tecnica della fitoestrazione, i biologi e i biochimici del Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente stanno lavorando ad un metodo basato sull’impiego sinergico di vegetali e batteri.

Si tratta del cosiddetto fitorimedio assistito che sfrutta l’azione combinata delle piante e dei microrganismi rizosferisci, particolari batteri promotori della crescita collocati intorno alle radici. Con questa tecnica, oltre alla fitoestrazione, si promuove anche la fitorizodegradazione, cioè la biodegradazione dei contaminanti organici in altre sostanze più semplici e meno tossiche che entrano nella catena alimentare degli organismi presenti nel terreno.

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Un tavolo con pallet fatto in casa: un esempio perfetto di riciclo creativo di pellet

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Scopriamo insieme come fare un tavolo fai da te con pallet, grazie alla guida pratica di una nostra redattrice che ha deciso di misurarsi con questa piccola impresa. Il risultato è prodigioso!

Questa volta è una redattrice di Tuttogreen a provare in prima persona a cimentarsi in una attività di riciclo creativo. E ci racconta come è andata.

“Durante gli ultimi giorni di vacanza ho deciso di dedicarmi ad un progetto di bricolage che si è rivelato davvero entusiasmante.

L’idea di fare tavolo fai da te con pallet mi è letteralmente balzata in mente dopo aver visto alcuni pallet di varie dimensioni abbandonati vicino casa. In passato avevo apprezzato qualche bella immagine sul web di oggetti realizzati proprio con i pallet, ma non mi sarei mai aspettata di riuscire a realizzarne in breve tempo una tutta mia.

Fatto sta che, mossa da un’irrefrenabile desiderio di donare nuova vita a quei bancali in legno che ben presto sarebbero finiti per marcire o per essere bruciati, ho deciso di farci qualcosa che mia madre desiderava da tempo: un tavolo da giardino in legno.

ALTRE IDEE DI RICICLO CREATIVO: Come riutilizzare i jeans

L’impresa, a dire il vero, mi sembrava al quanto ardita e benché dalle foto e dai tutorial che continuavo a guardare su internet gli spunti non mancavano, credevo sinceramente che si sarebbe rivelato un clamoroso disastro.

Come fare un tavolo fai da te con pallet: il materiale necessario

Avevo a disposizione 5 giorni di tempo e una discreta dotazione di  materiale:

  • 2 pallet di piccole dimensioni di forma quadrata che avrei usato come piedi di appoggio del tavolo
  • 1 pallet più grande, sempre quadrato, che sarebbe diventato il piano di appoggio

Rovistando tra gli attrezzi da lavoro di mio padre e in garage, ho recuperato anche dei preziosi strumenti, indispensabili per trattare il legno e dare forma al mobile:

  • mezzo barattolo di vernice trattante per legno incolore
  • 1 barattolo di vernice ad acqua (sempre specifica per legno) di colore un po’ rossastro
  • 1 seghetto
  • carta vetrata
  • 1 grossa lima
  • chiodi e martello

Come fare un tavolo fai da te con pallet: le istruzioni passo passo

Ecco il tutorial che ho realizzato partendo dalla mia esperienza.

Regolare la misura dei pezzi di pallet

Il primo problema da affrontare era portare alla stessa altezza i due pallet più piccoli, che insieme avrebbero formato il piedistallo del tavolo. Per farlo ho dovuto usare il seghetto con il quale ho tagliato di misura il pallet più alto. Operazione che si sarebbe potuta fare con molto meno tempo e fatica utilizzando una sega elettrica, ma arrangiandosi si riesce a far tutto ugualmente.

Sempre con il seghetto ho tagliato le parti di tavole rotte, mentre quelle danneggiate le ho riparate con chiodi e martello in modo da poter contare su una superficie quanto più ampia possibile.

Carteggiare il legno

A questo punto ho affrontato la fase più faticosa ma anche più divertente: carteggiare il legno, operazione che per fortuna ha coinvolto tutta la famiglia con notevole risparmio di tempo.

Già, perché levigare per bene il legno, eliminando tutte le schegge e le irregolarità della superficie e smussando gli angoli delle tavole arrotondandoli adeguatamente (per questo ci si può aiutare con la lima, oltre che con la carta vetrata)  è forse la cosa più importante e dalla sua buona riuscita dipende gran parte del successo del progetto.

Fatto ciò, ho pulito il legno dalla polverina depositata e ho ripreso in mano chiodi e martello per unire tra loro i due pallet più piccoli (a mo’ di piedistallo, appunto) e inchiodarlo al resto della struttura. Una raccomandazione: se procedete allo stesso modo prendete bene le misure prima di inchiodare tra loro i pallet altrimenti la stabilità del tavolo sarà compromessa…

tavolo con pallet

Il tavolo con pallet comincia a prendere forma…

Et voilà, il tavolo fai da te con pallet cominciava a prendere forma davanti ai nostri occhi! Da una prima prova di stabilità, tuttavia, risultata un po’ barcollante forse a causa della scarsa ampiezza del piede d’appoggio. Per fortuna, appoggiati in un angolo polveroso della soffitta, giacevano inutilizzati da secoli alcuni pezzi di battiscopa in legno che si sono rivelati perfetti.

Una volta tagliati in sezioni più piccole, infatti, li ho inchiodati a congiunzione dei pallet in modo da ottenere una base d’appoggio sufficientemente larga che desse maggiore stabilità a tutta la struttura.

La vernice per trattare il legno

Superato l’ostacolo, ho proceduto con la prima passata di vernice trattante per il legno. Io ne avevo a disposizione mezzo barattolo che ho diluito con un po’ di acquaragia per sfruttare anche i residui incrostati sulle pareti del contenitore.

Dopo la prima mano, il legno iniziava già a cambiare aspetto; dopo la seconda e la terza era veramente bello! (ricordate, tra una mano e l’altra, di lasciare asciugare per bene). Molto più levigato, nutrito e lucente, l’aspetto del tavolo cominciava ad essere quello che avevo immaginato ed era pronto per la vera e propria verniciatura che ho eseguito il giorno dopo per permettere al legno di continuare ad asciugare e di assorbire il trattamento.

Per fortuna non è stato necessario comprar nulla, perché mio padre aveva appena verniciato delle persiane con una vernice ad acqua che faceva proprio al caso mio: traslucida, leggera, rossiccia ma poco coprente, si è rivelata perfetta per uniformare il colore dei pallet (che in partenza erano tutti diversi) e dare brillantezza al legno.

Anche in questo caso, ci vogliono almeno tre passate, ma il legno del pallet adeguatamente levigato non assorbe una grande quantità di prodotto, quindi un barattolo per un tavolo di medie dimensioni (4 posti) è più che sufficiente. Tra una mano di vernice e l’altra, come di consueto, lasciate passare qualche ora, posizionando il tavolo in un luogo ben arieggiato o all’aperto.

SCOPRI COME TUTTO MA PROPRIO TUTTO… In casa può essere riciclato

tavolo con pallet

Ecco il tavolo da un’altra angolazione

Dare forma al nostro tavolo con pallet

L’ultima fase della creazione del tavolo fai da te con pallet è la più creativa e divertente. Visto che strutturalmente il pallet è composto da assi di legno abbastanza larghe ma distanziate tra loro, bisognava ‘riempire’ i vari livelli del tavolo, in modo che fossero utilizzabili per apparecchiarvi sopra o semplicemente appoggiarvi oggetti, suppellettili o utensili.

E visto che tutto era andato secondo i piani e la soddisfazione generale era tanta, si è potuto giocare di fantasia andando a recuperare altro materiale in casa.

tavolo fai da te con pallet

Vista dall’alto del piano di appoggio.

Grazie ad una spasmodica ricerca ho recuperato alcuni pezzi di plastica colorata piuttosto morbida e una lastra di vetro molto ampia (ma non troppo spessa, quindi piuttosto leggera) appartenuta ad una vecchia finestra. I fogli di plastica, tagliati con un cutter a misura, li ho inseriti nel ripiano inferiore del tavolo per creare un’ulteriore base di appoggio, utile per riporvi le posate, tovaglie e piatti tra un utilizzo e l’altro.

tavolo fai da te con pallet

Ecco i i piani dei cassetti ricavati in plastica rossa

E per la copertura…

Per la copertura, come anticipato, ho optato per il vetro, che invece è stato affidato alle mani esperte di mio padre. Lo ha tagliato e molato a dovere, come si vede dalla foto. Ma tenete presente che lo stesso lavoro può essere seguito con poche decine di euro da un vetraio.

Una volta pronto, l’ho posizionato sulla ripiano superiore del tavolo fissandolo ai quattro angoli con dei gommini (anche questi li trovate dal vetraio o in ferramenta). In alternativa potete utilizzare del nastro biadesivo da 3-5 millimetri specifico per superfici in vetro.

Il risultato del test della creazione di un tavolo fai da te con pallet è, a mio parere, sorprendente: il vetro ha la trasparenza giusta per apprezzare la struttura del tavolo e mostrarlo in tutta la sua originalità. I ripiani colorati ottenuti con i fogli di plastica danno quel tocco di colore in più che non guasta, sono estraibili per la pulizia e facilmente intercambiabili. Insomma, un vero, quanto inaspettato, successo!”

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Come fare un tavolo fai da te con pallet: il risultato finale. Niente male, vero?

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Torta al cocco: la ricetta facile da provare

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Scopriamo insieme la ricetta della torta al cocco, molto facile da preparare ed adatta per la prima colazione al mattino o a merenda.

Torta al cocco: la ricetta facile

 

Buona, anzi buonissima, la torta al cocco è un dolce soffice e nutriente adatto per una merenda golosa o per una prima colazione energetica. 

Anche se dopo il primo assaggio viene voglia di mangiarla a quattro palmenti, rimane uno dei dolci più calorici, visto che in 100 grammi di cocco ci sono circa 350 calorie… occhio dunque a non esagerare! Ma ve la proponiamo lo stesso. La torta al cocco è un peccato di gola perfettamente comprensibile! 

Anzi, forse non tutti sanno che il cocco è un concentrato naturale di preziosi sali minerali, vitamine e proteine molto importanti per l’organismo. Se lo acquistate al supermercato fresco, per essere sicuri che sia fresco scuotetelo e badate che il rumore del latte di cocco contenuto al suo interno sia ben udibile. 

E' comunque disponibile sotto forma di polpa disidratata.

5 su 1 voto
Preparazione 15 minuti
Cottura 30 minuti
Tempo totale 45 minuti
Dosi per 8 persone
Calorie 414 kcal

Ingredienti per Torta al cocco

  • 180 grammi di farina ‘00’
  • 180 grammi di zucchero
  • 65 grammi di burro (sostituibile con prodotti vegetali)
  • 150 ml di latte (anche vegetale)
  • 100 grammi di cocco grattugiato secco
  • 1 di uovo intero (o anche i suoi sostituti vegan)
  • 1 bustina di lievito per dolci
  • scorza di 1 limone grattugiato
  • 1 bustina di zucchero al velo

Preparazione

  1. In una ciotola abbastanza capiente unite la farina, lo zucchero e il lievito e una volta amalgamato il tutto aggiungente l’uovo (o i sostituti vegan delle uova che vorrete usare).

  2. In un pentolino a parte fate sciogliere il burro e aggiungetelo all’impasto.

  3. Con l’aiuto di una frusta continuate ad amalgamare il tutto versando gradualmente il latte, il cocco grattugiato e la scorza di limone fino ad ottenere un impasto omogeneo.

  4. A questo punto versate in una teglia da forno e fate cuocere a 180° per 30 minuti circa.

FOCUS: Latte di cocco, proprietà e utilizzi

Infine, una volta pronta, la vostra torta dovrà riposare per qualche minuto a temperatura ambiente e andrà servita con una spolverata di zucchero al velo. Da leccarsi i baffi!

Complimenti, avrete preparato una buonissima torta al cocco in poco tempo e potrete fare assaggiare ai vostri cari il sapore fresco e delicato del cocco.

Torta al cocco

Il cocco è un alimento davvero versatile, anche nelle torte

Ma vediamo anche un’altra variante davvero prelibata della torta al cocco.

La variante: torta al cocco senza uova alle fragole

Un’opzione salutare e prelibata per gustare un dolce che non prevede l’uso di ingredienti di origine animale, ecco come prepararla. Ecco la ricetta della torta al cocco senza uova alle fragole, una ricetta vegana.

  • 280 gr di farina integrale
  • 100 gr di cocco grattugiato
  • 80 gr di olio di girasole
  • 100 gr di Miele di Maguey (noto anche come sciroppo d’agave)
  • 10 gr di cremor tartaro in polvere
  • 1/2 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 cucchiaino di aceto di mele o succo di limone
  • 180 ml di latte di riso (o altre bevande vegetali)
  • 2 cucchiai di estratto di vaniglia liquido
  • 1 cucchiaio di semi di papavero
  • 7-8 fragole (non troppo mature)

Se siete in cerca di ispirazioni potete trovare nuove idee tra le nostre ricette vegane, superfacili e veloci.

Preparazione. Lavate con accuratezza le fragole per poi asciugarle, privandole del picciolo, e tenetele momentaneamente da parte per utilizzare al momento della guarnizione della torta. Setacciate in una ciotola tutti gli ingredienti secchi (farina, cocco, cremor tartaro, bicarbonato e semi di papavero) e mescolateli. In un’altra ciotola versate gli altri ingredienti liquidi (olio, sciroppo di agave ed estratto di vaniglia).

Miscelateli tra loro per poi unirli a quelli secchi amalgamando per bene così da ottenere un composto omogeneo e cremoso, né troppo liquido (in tal caso aggiungere un po’ di farina) né troppo secco (eventualmente versare un po’ di acqua). A questo punto si può procedere versando l’aceto di mele (o il succo di limone) nell’impasto.

Torta al cocco senza uova alle fragole

Ricetta della torta al cocco senza uova alle fragole

Ungete e infarinate la teglia in cui versare il composto, aggiungendo le fragole prima lavate e disporle verticalmente una accanto all’altra. Infornate in forno preriscaldato a 170° e lasciate cuocere per circa 40 minuti.

Controllare la cottura inserendo uno stuzzicadenti nella torta e verificare che rimanga asciutto poiché a quel punto la vostra torta al cocco senza uova con fragole sarà pronta. Lasciate raffreddare bene e tagliate a fette verticali che rivelino la presenza delle fragole intere.

Leggi anche: Torta allo yogurt senza uova

Potete coprire la torta di una soffice nuvola di cocco spalmandola con una crema di burro di cocco o margarina e cocco in scaglie. Basterà mettere i due ingredienti nel mixer e frullarli ad intervalli fino ad ottenere una crema spumosa. Applicare sulla torta e coprirla bene.

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Veronica officinalis: l’erba dalle mille virtù benefiche

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La veronica è una delle erbe officinali più utilizzate in erboristeria per la preparazione di infusi e tisane efficaci contro le malattie da raffreddamento, i disturbi digestivi e molte affezioni cutanee. Per queste sue proprietà benefiche, è conosciuta in molte regioni europee anche come te svizzero o te nostrale ed è apprezzanta fin dall’antichità in farmacopea.

Il suo utilizzo in omeopatia risale addirittura al Medioevo, quando era nota come Herba Veronica Majoris. A quel tempo, la pianta era considerata un ottimo rimedio per il trattamento e la cura di svariate patologie del tratto respiratorio, digerente e della cute di origine infiammatoria.

L’uso di questa erbacea come rimedio erboristico è merito del farmacista tedesco Frederich Hoffman, che ne evidenziò le spiccate proprietà antisettiche e antinfiammatorie.

veronica officinalis

Nel 1690 il famoso erborista Johannes Francus dedica alla veronica officinalis un famoso trattato intitolato Polchresta Herba Veronica. Verso la metà del XIX secolo l’uso erboristico della pianta ha conosciuto un lento declino fino ad essere utilizzata prevalentemente come sostituto del tè.

Per il colore blu intenso dei suoi fiori, è conosciuta anche con il nome di occhi della Madonna ed è spesso confuse con il genere Myosotis per la somiglianza delle infiorescenze.

La pianta

La Veronica officinalis appartiene al genere delle piante perenni, alla famiglia delle Scrofulariacee, originaria dell’Europa, dell’Asia e del Nord-America. In Italia questa pianta cresce spontaneamente nella zona submontana e in quella alpina, anche oltre i 2000 metri di altitudine.

Il portamento della pianta è prevalentemente cespuglioso, con altezza fino a 60 cm e formato da numerosi steli ricoperti di foglie lanceolate di colore verde scuro.

Gli steli sono composti da numerosi e piccoli fiori di colore blu intenso, viola o rosa raggruppati in fitti racemi. I fiori sbocciano in giugno e perdurano per tutta l’estate fino alla fine di settembre. Anche recisi, hanno una lunga persistenza.

veronica
Per la coltivazione in vaso, si consiglia di assicurare alle giovani piantine una buona esposizione alla luce diretta del sole. Tuttavia la veronica si adatta bene anche ai luoghi a mezzombra, ama i terreni sciolti, fertili e ben drenati e non ha bisogno di annaffiature troppo abbondanti.

La moltiplicazione avviene per semina o per divisione in cespi. Nel primo caso si consiglia di procedere in primavera, altrimenti in autunno.

Veronica proprietà

La Veronica officinalis è reperibile in erboristeria e parafarmacia in diverse formulazioni: preparati per tisane, tintura madre, decotto, come integratore e in capsule.

La raccolta della pianta fresca deve avvenire all’inizio della fioritura, recidendo alla base gli steli fioriti ed eliminando le foglie secche e le parti di fusto indurite.

Le parti aeree così raccolte possono essere essiccate all’ombra e conservate in recipienti di vetro o porcellana, in un luogo secco e asciutto.

Le principali proprietà officinali sono imputabili al suo complesso fitoterapico, composto prevalentemente dai seguenti principi attivi:

  • olio essenziale
  • resine
  • tannini
  • acidi organici
  • principi amari
  • veronicina
  • glucosidi

È conosciuta e utilizzata sin dall’antichità per gli effetti aperitivi, tonici e digestivi che è in grado di promuovere nell’organismo, sopratutto in caso di inappetenza, digestione lenta, dolori gastrointestinali e malattie del fegato. Il suo consumo abituale esercita anche un’azione galattagoga, diuretica e depurativa del sangue, utile in caso di reumatismi e gotta.

veronica

Consumata sotto forma di infuso o tisana, la veronica è un valido espettorante e si presta alla cura della bronchite, del raffreddore, della tosse e del catarro.

L’uso esterno come impacco o pomata ha effetti astringenti, cicatrizzanti, antinfiammatori, lenitive ed emollienti, molto utile per il trattamento di irritazioni cutanee e infezioni delle mucose interne di bocca e gola e per il mal di gola. Si tratta insomma di un vero e proprio antibiotico naturale.

Utilizzi e applicazioni

Come anticipato, la veronica trova applicazione come rimedio naturale per la cura delle principali affezioni alle vie respiratorie, tra cui:

  • bronchite
  • catarro
  • malattie da raffreddamento
  • stati influenzali
  • tosse

In tutti questi casi, il consiglio è di assumere a 2-3 tazze al giorno di infuso caldo o tiepido, o due cucchiai di tintura madre pura o diluita. Anche il succo fresco della pianta è molto efficace nelle dosi di 20-30 grammi, 2-3 volte il giorno.

veronica

Per i disturbo al tratto digerente, la pianta è consigliata per la cura e il trattamento di:

  • cattiva digestione
  • disturbi gastrointestinali
  • intestino pigro
  • mancanza di appetito
  • Stimolazione della diuresi
  • Stimolazione della secrezione lattea

La veronica è efficace contro le malattie più comuni di origine infiammatoria, anche croniche, tra cui:

  • gengivite
  • infiammazioni e irritazioni della bocca e della gola
  • afte
  • stomatiti
  • tonsilliti
  • gotta
  • reumatismi

In tutti questi casi, si consiglia di sfruttare la sua azione astringente ed emolliente facendo sciacqui e gargarismi 2-3 volte al giorno con il decotto tiepido. Per il suo effetto cicatrizzante e lenitivo, l’uso esterno è consigliato per la cura di:

  • piaghe
  • dermatiti squamose
  • ulcere
  • tagli

veronica

Le parti aeree della pianta, infine, sono efficaci anche per la cura della pelle arrossata e irritata. Il decotto di veronica, lasciato agire per 20-30 minuti direttamente sulle parti dolenti, si rivela efficace per calmare pruriti persistenti, bruciori e dolori.

Allo stesso modo, è utile per lenire gli occhi stanchi e affaticati. In quest’ultimo caso, si può procedere con dei lavaggi e impacchi praticati mediante un batuffolo di cotone imbevuto nel decotto e lasciato agire direttamente sugli occhi arrossati.

Effetti collaterali

Dal momento che le proprietà benefiche della veronica non hanno ancora un fondamento scientifico ufficiale, ricordate di evitare il fai-da-te e di concordare l’assunzione con il medico o l’erborista di fiducia.

Non si segnalano particolari controindicazioni o effetti collaterali, ma il consumo della pianta non è consigliato in caso di allergie e ipersensibilità e alle donne in gravidanza.

Altre informazioni

Qui trovate altre schede per approfondire le proprietà astringenti, emollienti e lenitive di erbe simili alla veronica:

  • Achillea, guarisce ferite e rassoda la pelle, ma calma anche i dolori mestruali
  • Alteauna pianta emolliente e lenitiva, per tutte le forme di infiammazione
  • Calendulaamica della pelle
  • Camomilla, la bevanda calmante per eccellenza
  • Centaurea, amica della pelle, cicatrizza, calma, e dell’intestino, depura e aiuta la digestione
  • Elicriso, l’olio amico della pelle, cura eczemi, psoriasi e dermatiti
  • Iperico, famosa per l’olio calmante e lenitivo della pelle
  • Malva per tosse, bronchiti, laringiti e raucedine, è emolliente e lenitiva
  • Melaleuca o Tea Tree, dall’olio cicatrizzante e astringente
  • Passiflorada sempre usata per le sue proprietà terapeutiche calmanti e sedative nei casi si insonnia, stress eccessivo e ansia e dolori mestruali
  • Rutapianta sedativa e digestiva, calma il sistema nervoso, lenisce i crampi e attenua il dolore
  • Tiglioè un tranquillante naturale utile per combattere l’insonnia, il nervosismo, ma anche i disturbi delle vie aeree
  • Verbasco, utile in caso di asma, bronchite e laringite, ma anche contro emorroidi, varici e irritazioni cutanee
  • Verbenala pianta antistress, aiuta e per la digestione e protegge la pelle
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Boldo: l’alleato naturale per il benessere del fegato

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Il Boldo (Peumus boldus) è un albero perenne utilizzato sin dall’antichità per la cura della digestione difficile, la stitichezza e l’insufficienza epatica. Questa pianta, infatti, vanta spiccate proprietà disintossicanti, digestive e colagoghe. È un formidabile alleato del fegato e si rivela un prezioso rimedio naturale per la cura dei raffreddori di stagione e del tratto gastro-intestinale. I suoi estratti si comprano in erboristeria ma per un consumo corretto è sempre meglio affidarsi al parere di un esperto o del medico di famiglia.

La storia di questa pianta e delle sue proprietà medicamentose è ben documentata in ricerche afferenti a diversi campi di applicazione: cosmetica, fitoterapia, erboristeria, omeopatia, ecc.

Il suo potere curativo, dimostrato da una tradizione millenaria e da recenti studi scientifici, si esplica nella disintossicazione del fegato, nella risoluzione di molti disturbi digestivi, lingua bianca, candida e alitosi.  Scopriamolo meglio.

Boldo proprietà

Le parti utilizzate in fitoterapia sono le foglie e i fiori che contengono la maggior parte degli oli essenziali, flavonoidi e alcaloidi utili come rimedi medicamentosi. Questi principi attivi contenuto nel suo fitocomplesso conferiscono al boldo proprietà disintossicanti e colagoghe.

Tale azione si esplica a livello epatico con la fluidificazione la bile, di cui aumenta la secrezione e diminuisce la viscosità.

In tempi remoti, le foglie del Boldo venivano utilizzate dai nativi sudamericani per combattere le malattie del fegato e per il trattamento di calcoli biliari. Oggi trova largo impiego in erboristeria per il trattamento di disturbi digestivi, come lassativo, coleretico , diuretico e per il trattamento delle malattie epatiche.

È anche un efficace inibitore delle prostaglandine che concorrono nei processi infiammatori. Grazie al suo contenuto di eucalipto è un valido rimedio naturale come decongestionante poichè favorisce l’eliminazione del catarro attraverso  secrezioni depositate su bronchi e polmoni.

Per tutti questi motivi il boldo viene impiegato nelle cure cicliche depurative in concomitanza con i cambi stagionali. Essendo un valido protettore epatico, infatti, è utile per prevenire le più comuni affezioni a carico del fegato, l’insufficienza epatica e biliare.

boldo

Molto noto anche per le proprietà digestive, gli estratti di questa pianta sono efficaci anche per contrastare le dispepsie, acidità di stomaco e la digestione lenta, poiché favoriscono la secrezione gastrica e accelerano la digestione dei grassi. Inoltre, ha un effetto leggermente lassativo, utile in caso di stitichezza.

Il consumo abituale di boldo sotto forma di tisane, infatti, favorisce la regolare funzionalità enterica. Parallelamente, svolge un’azione antinfiammatoria e rilassante su tutta la muscolatura liscia.

Usi e applicazioni

Nella tradizione popolare il boldo viene utilizzato sin dall’antichità per le sue proprietà stimolanti e l’azione epato-biliare e gastro-intestinale benefica che è in grado di promuovere nell’organismo.

L’olio essenziale da  alla pianta un odore aromatico molto intenso e penetrante, dai sentori legnosi e speziati. Per questo motivo in America Latina è utilizzato per preparare il famoso yerba mate.

Focus sui disturbi: 

Il generale, può essere assunto sotto forma di estratti in compresse oppure di tisana preparata con le foglie essiccate. Nelle terapie erboristiche, il dosaggio raccomandato non deve superare in genere i 2,5 gr di estratto e i 10 gr di sostanza negli infusi. L’uso non deve prolungarsi per  oltre 3 settimane. Ecco le principali modalità d’uso:

  • Decotto: 1 cucchiaio raso di foglie in 1 tazza d’acqua da bere lontano dai pasti per sfruttare l’azione disintossicante.
  • Tintura madre: 40 gocce in poca acqua 2 volte al giorno lontano dai pasti.

Pianta

Il boldo è una pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Laurales ed originaria del Perù e del Cile, ormai diffusa anche in Europa e in Africa. Spontaneo esclusivamente in Cile, il boldo oggi viene coltivato nelle zone temperate e calde del Globo.

boldo

Si tratta di un albero dioico che in genere non supera i 5 metri di altezza e che si caratterizza per le foglie opposte, coriacee e ovali di colore verde opaco. I fiori, maschili e femminili, sono di colore bianco riuniti in infiorescenze.

Dopo qualche tempo dalla fioritura, compaiono i primi frutti a cavallo dei mesi di dicembre e febbraio. Questi si caratterizzano per il grande contenuto di zuccheri che conferisce loro un sapore decisamente dolciastro. Le foglie hanno un forte aroma di legno e sono utilizzate per preparare infusi e tè, sopratutto in America Latina.

Controindicazioni

I consumo del boldo è sconsigliato alle donne in gravidanza e in allattamento, mentre è da eseguire sotto il controllo medico o dello specialista di fiducia in caso di occlusione delle vie biliari e calcolosi biliare.

La presenza della neurotossina contenuta nella pianta (ascaridolo) è talmente minima da non costituire un rischio per la salute.

Per prevenire l’insorgenza di effetti collaterali, si consiglia di non prolungare l’utilizzo della pianta oltre il tempo necessario e di rispettare le dosi indicate.

Altre informazioni

Qui trovate altre schede per approfondire le caratteristiche di erbe officinali da usare come rimedi fitoterapici che sono simili al boldo:

  • Aglio orsinoprediletto dagli orsi ma utile anche per l’uomo in caso di flatulenza, mal di stomaco, difficoltà digestive
  • Anice, pianta aromatica nota per contrastare gonfiore addominale, flatulenza e irritabilità intestinale
  • Bugola o erba di San Lorenzo, in caso di disturbi intestinali aiuta a smettere di fumare
  • Ericaamica delle vie urinarie, è diuretica, antisettica, astringente e antinfiammatoria
  • Genzianafamosa per l’amaro, facilita la digestione e abbassa la febbre
  • Lichene islandico, rimedio naturale per la tosse, stimolare la digestione e contrastare nausea e vomito
  • Liquiriziaoltre le caramelle, è amica di stomaco e intestino, calma la tosse e aiuta il fegato, ma attenzione alle dosi perché alza la pressione 
  • Maggioranaottima in cucina ma utile anche per tosse, dolori, reumatismi, mal di gola e cattiva digestione
  • Mirtoè balsamico, antinfiammatorio e astringente, cura la cistite ed emorroidi, aiuta la digestione
  • Prezzemolousatissimo in cucina come erba aromatica, ha anche proprietà diuretiche, lassative, ipotensive
  • Psilliopotente lassativo indicato in caso di stitichezza cronica
  • Querciasvolge un’azione astringente, antinfiammatoria e analgesica del cavo orale, è utile per alleviare la diarrea
  • Spaccapietra: aiuta reni e fegato, è febbrifuga, può essere usata come blando lassativo, e contrasta batteri e vermi intestinali
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Il criceto: aspetto e comportamento

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Il criceto è diventato un piccolo animale da compagnia molto diffuso e apprezzato in Occidente a partire dal 1930, anno in cui dalla Siria venne portato in Israele e poi in Inghilterra e USA, dove si riprodusse e affermò come animaletto domestico docile e mansueto.

Il criceto appartiene ad una sottofamiglia dei cricetidi. E’ uno degli animali domestici e da laboratorio più diffuso in Occidente. Il fatto che il criceto sia diventato molto utilizzato nelle ricerche è dovuto principalmente ai suoi sviluppatissimi sensi. Il criceto è dotato di un udito acuto (i criceti comunicano con gli ultrasuoni oltre che con i classici squittii udibili dall’uomo) e da un incredibile olfatto.

Il criceto: le razze

Non c’è solo una razza di criceti. In tutto esistono 20 specie di criceti, tra cui il più conosciuto è il criceto comune detto anche ‘hamster‘, la varietà di più grandi dimensioni, dal colore marrone e dal ventre nero. In realtà si trovano altre razze piuttosto interessanti.

Il criceto Campbell (detto anche criceto russo o criceto siberiano) che si riconosce dal colore grigio chiaro e dalla riga nera sulla schiena,  ed è quello che troverete nei negozi di animali; prende il nome da Walter Campbell, che lo importò dalla Mongolia nel 1902. Caratterizzato da piccole dimensioni (lungo 9-12 cm, pesa 20-28 gr) ha zampette pelose per resistere alle temperature basse delle steppe di Russia, Siberia, Mongoli e nord della Cina, le zone da cui proviene.

Il criceto Winter White è riconoscibile dalla livrea bianca per mimetizzarsi nella neve e dalle dimensioni piccole del normale (lungo 9-12 cm, pesa 50-60 gr) . Originario del Kazakstan, della Mongolia e della Siberia, è presente in Europa solo dagli anni ’80.

Il criceto Roborosky, che caratterizza animali più piccoli (lungo 4-5 cm, pesa 15-20 gr) di color marrone chiaro, ventre candido e pelo dall’aspetto ‘spettinato’, che prende il nome da uno spedizioniere che nel 1894ne catturò un esemplare. Viene dal deserto della Mongolia.

Infine il criceto dorato siriano, è la specie più conosciuta e apprezzata al mondo ed è quella degli animali domestici e da laboratorio più diffusa in Occidente. Viene delle zone desertiche del Medi Oriente ed è noto in Europa dal 1839. Di medie dimensioni (lungo 20 cm, pesa 120 gr), dal color miele dorato, è un animale molto pulito e poco esigente, e per questo, può essere facilmente allevato in casa.

Tutto sul criceto

La prima femmina di criceto dorato di Siria fu trovata in Siria nel 1930 con la sua cucciolata di 12 piccoli

Il criceto: aspetto

Il criceto è un roditore dal corpo piccolo e compatto, leggermente arrotondato, caratterizzato dalle orecchie grandi, gli occhi scurissimi e sporgenti, unghie affilate, incisivi sporgenti e folta pelliccia. Le gambe sono corte, così come la coda, e nel complesso la lunghezza del corpo varia dai 7 ai 20 cm.

Poiché proviene da zone desertiche e dalle steppe russe dal clima rigido, ha sviluppato una peculiarità: delle tasche guanciali, cioè delle pieghe della pelle che partono dagli incisivi per terminare al lato esterno della mandibola. Queste pieghe diventano all’occorrenza delle vere e proprie ‘tasche’ per accumulare cibo o trasportarlo da un luogo all’altro.  Un altro adattamento delle guance all’habitat naturale del criceto è quello di gonfiarsi per facilitare l’attraversamento di corsi d’acqua e aumentare il galleggiamento. Il colore della pelliccia del criceto varia a seconda della specie.

Il colore del mantello varia a seconda della razza dal bianco del Winter White al marrone chiaro del dorato siriano e al marrone-rossastro del Roboroski al grigiastro o marrone con ventre scuro del criceto comune.>

Scopri come… Proteggere gli animali dal freddo

Tutto sul criceto

In natura, il criceto è un animale molto solitario ed aggressivo con gli altri individui della sua specie

Il criceto: comportamento e alimentazione

Il criceto è un roditore prevalentemente erbivoro, ghiotto quindi d piccoli frutti, semi, germogli, radici, fiori e foglie. Nonostante ciò, il criceto comune è noto per non disdegnare anche lucertole, insetti, rane, topi e perfino serpenti. In natura, i criceti vivono in tane organizzate in piccole stanze dove viene trasferito e immagazzinato il cibo raccolto all’esterno in previsione dell’inverno.

Quando vivono allo stato brado, nella stagione più fredda quasi tutte le razze di criceto entrano in uno stato si ibernazione, da cui si destano solo per pochi attimi per mangiare le scorte accumulate nei magazzini della tana. In cattività il criceto domestico è tenuto in casa a 20° e non percepisce il bisogno di fare scorte e di andare in letargo, per cui rimane sveglio tutto l’inverno.  

L’aggressività è un tratto comune dei criceti selvatici e le specie più grandi attaccano molto facilmente i loro simili e persino cani e persone, se si sentono minacciati. Come animale da compagnia, invece, il criceto è docile, gentile e per nulla aggressivo.

Tutto sul criceto

Un solo esemplare di criceto comune è in grado di raccogliete e accumulare fino a 90 kg di cibo nelle stanze delle sua tana.

Il criceto: consigli pratici

Quali sono le indicazioni fondamentali per venire incontro alle sue esigenze etologiche? Vediamole di seguito.

Accoppiamento

La prima cosa a cui bisogna porre molta attenzione in caso vogliate aver più criceti è la fase dell’accoppiamento. I criceti diventano sessualmente maturi molto precoce e dopo 50-60 giorni di vita sono già pronti per riprodursi, sopratutto in cattività. Per il primo mese dopo il parto, la femmina deve essere separata dal maschio e non disturbata durante l’allattamento.

Il maschio, infatti, la ingraviderebbe nuovamente e lo stress potrebbe spingerla ad uccidere i cuccioli. Prima dello svezzamento (circa 3 settimane dal parto) i cuccioli non devono essere assolutamente toccati poiché la madre potrebbe non riconoscere l’odore e ucciderli.

Gabbietta

La gabbietta che accoglierà il vostro criceto dovrà essere calda e comoda, grande almeno 60×40 cm. Meglio optare per un modello in plastica o per un terrario in vetro anziché le gabbie a sbarre metalliche perché non proteggono dagli sbalzi di temperatura e dagli spifferi. La gabbietta deve essere sempre pulita e ben areata. Indispensabile attrezzarla con una casetta in legno che il criceto utilizzerà come nascondiglio per il cibo e con una ruota in plastica o metallo. Infine, predisponete una piccola ciotola per il cibo e una con sistema a goccia per l’acqua.

tutto sul criceto

Il criceto è diventato un piccolo animale da compagnia molto diffuso e apprezzato in Occidente

Mangimi

Come abbiamo visto, il criceto mangia un po’ di tutto: mangimi specifici, frutta, verdura fresca sono perfetti per soddisfare le sue esigenze nutrizionali. Un accorgimento utile per i denti è quello di predisporre un blocchetto di calcio o un pezzo di legno che il criceto rosicchierà con gusto. Il criceto mangia due volte al giorno e i suoi pasti devono essere sopratutto a base di fibre e cereali. Via libera a soia, farro, avena, orzo, segale e ai legumi, in particolare lenticchie e fave.

Pulizia

La pulizia della gabbietta deve essere quotidiana. Occorre rimuovere escrementi e avanzi di cibo e pulire con attenzione la lettiera. Le lettiere migliori sono quelle in canapa o in lino. Questi materiali trattengono gli odori e permettono al criceto di scavare come farebbe in natura. Attenzione, dunque, a lasciare nella gabbia uno strato alto almeno 5 cm.

Ricordate infine che il criceto è un animaletto simpatico e docile ma dalla vita abbastanza breve (circa 2 anni). Per farlo star bene applicate con scrupolo tutti i consigli e di non fargli mai mancare una piccola dose quotidiana di coccole.

Il criceto: prezzi

Se volete acquistare un criceto è bene rivolgervi ad un allevatore o un rivenditore serio e non cercare di risparmiare cercando tra gli annunci di internet. Tenete presente che i criceti siberiani (chiamati anche criceti russi o orsetti russi) costano circa 10 euro in un negozio di animali.

I criceti più grandi, quelli italiani, sono di colore marrone costano massimo 15 euro, mentre la razza Roborosky vengono anch’essi 10-15 euro.

Naturalmente con il criceto serve una gabietta, della sabbietta o segatura per il fondo e del cibo. Si aperte dai 15 euro per arrivare ai 50-60 per tutto il kit.

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Friggitrice ad aria: cos’è, come funziona, modelli e prezzi

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La friggitrice ad aria calda o comunemente nota come friggitrice senza olio, è una macchina che consente di friggere gli alimenti non con i grassi (olio o burro) ma con il calore accumulato nella camera di cottura.

Tutti noi siamo portati a credere che la frittura, in quanto tale, presupponga una preparazione a base di olio o burro che, a temperature elevate, consente di ottenere una parte esterna croccante e una interna più morbida. Eppure questo risultato è ottenibile in altri modi e anche se è difficile crederlo l’olio non è affatto imprescindibile.

Come per la cottura in forno, e quella al vapore, questo metodo di cottura evita l’effetto bruciacchiato, tanto buono quanto pericoloso.

Vediamo nello specifico di cosa si tratta, come funziona, i modelli e i prezzi di friggitrice ad aria disponibili sul mercato con i consigli per scegliere quello più adatto alle proprie esigenze.

FOCUS: Cottura nei grassi, principi e benefici del friggere

Cos’è una friggitrice ad aria

Chi non ama il fritto alzi la mano. Che si tratti di dolce o salato, di verdure, carni rosse o bianche, pesce, uova e crostacei, grandi e piccini difficilmente resistono a questa tentazione.

Tuttavia, il consumo abituale di alimenti fritti nei grassi non è esattamente salutare. Da un punto di vista nutrizionale, infatti, la frittura è ricca di grassi saturi, altamente calorica e difficilmente digeribile. E non c’è nutrizionista o dietologo che si rispetti disposto a non vietare categoricamente questo tipo di preparazione all’interno di un regime alimentare ipocalorico o comunque salutistico.

Forse non tutti sanno, però, che in commercio esistono degli elettrodomestici in grado di sopperire all’uso dei grassi ma capaci di sfruttare solo il calore per friggere gli alimenti.

Si tratta delle cosiddette friggitrici ad aria, vale a dire macchine che promettono di ottenere analoghi risultati alle friggitrici tradizionali ma con metodi di cottura decisamente più sani ed ecologici. Un vantaggio non da poco se consideriamo che con queste friggitrici si può dire ‘basta’ anche alla puzza di fritto che pervade la cucina per giorni e giorni.

In realtà non è del tutto corretto dire che la friggitrice ad aria non utilizzi olio per friggere. Nella realtà, però, ne basta al massimo un cucchiaio poiché è l’aria calda accumulata nella camera di cottura che fa tutto il lavoro. In questo spazio l’aria circola velocemente e così facendo raggiunge temperature molto elevate, idonee alla cottura dei cibi.

In pratica una friggitrice ad aria è come un piccolo forno elettrico ventilato, col vantaggio che è in grado di eliminare molta più umidità dalle pietanze e garantire un risultato croccante e asciutto.

Ovviamente, la resa e l’efficienza dell’elettrodomestico varia anche in base al modello utilizzato e alla potenza che è in grado di generare, dunque è importante scegliere la friggitrice ad aria più adatta alle nostre esigenze dopo aver valutato con criterio diversi aspetti.

A differenza di un forno ventilato, la friggitrice ad aria deve essere utilizzata con prodotti freschi. In realtà è possibile cuocere anche alimenti precotti (panzerotti, cotolette, crocchette, polpette, ecc) ma in questo modo l’apporto di grassi e la genuinità del prodotto finale verrà meno, quindi sarà come non averla usata.

Altro consiglio importante, è di utilizzare degli oli vegetali adatti alle alte temperature, cioè con un punto di fumo elevato, perché non si trasformino in sostanze pericolose.

Friggitrice ad aria

Come funziona

Abbiamo visto che la friggitrice ad aria calda funziona grazie ad una speciale camera di cottura dove l’aria circola talmente veloce da raggiungere temperature molto elevate.

Grazie alle alte temperature l’olio raggiunge un grado di calore idoneo a friggere gli alimenti, ma in quanto semplice vettore di calore poiché è l’aria calda che assicura una cottura uniforme.

LEGGI ANCHE: Cuocere gli alimenti, guida pratica ai diversi metodi di cottura

Analogamente ad una friggitrice tradizionale, con la friggitrice ad aria non occorre immergere le pietanze in una grande quantità di olio da frittura e non serve girare gli alimenti ottura.

I cibi sono completamente circondati da aria caldissima e  divengono croccanti fuori e morbidi dentro nel giro di una manciata di minuti. Inoltre questa tecnica si rivela utile a mantenere intatte proprietà degli alimenti.

L’aria calda contenuta nella camera di calore, infatti, può raggiungere temperature vicine ai 200°. Ciò fa delle friggitrici ad aria elettrodomestici estremamente utili, ma anche molto energivori: il consumo elettrico medio, infatti, va dagli 800 ai 2.000 watt. Tuttavia il ritorno economico (meno olio impiegato) e salutistico non deve essere sottovalutato.

Friggitrice ad aria

Modelli e prezzi

In commercio esistono molti modelli con caratteristiche e prezzi diversi. I parametri di riferimento da tenere presenti per scegliere la friggitrice ad aria più adatta a noi, generalmente sono:

  • Temperatura massima (non inferiore ai 200°)
  • Capacità del cestello (1 l per due persone)
  • Temperatura regolabile (garantisce il giusto livello di croccantezza per ogni pietanza)
  • Tempi di riscaldamento (non più di 3 minuti)
  • Timer

I prezzi vanno dai 70 ai 400 euro. Ci sono modelli più tecnologici e performanti che superano i 200 euro. Il modello più venduto è senza dubbio si attesta su una fascia media, il cui prezzo si aggira intorno ai 150 euro. Si tratta di una friggitrice ad aria con 1.500 Watt di potenza, e capacità inferiore a 1 l, dotata solo di timer e rotella.

I modelli più avanzati, invece, hanno potenze superiori ai 1.800 Watt, alta capacità di cestello e dispongono di diversi programmi di cottura, molti accessori e timer digitali. Il prezzo medio è dai circa 250 euro in su.

friggitrice ad aria

Vantaggi

  • Possibilità di realizzare fritti con meno grassi, più leggeri e salutari
  • Possibilità di consumare fritti saltuariamente anche per chi ha problemi colesterolo
  • Non raggiungendo il punto di fumo, l’olio non rischia di diventare tossico.
  • Meno sporco e niente cattivi odori
  • Maggiore igiene
  • Pulizia della macchina semplice e rapida
  • Cottura senza rischi di incidenti domestici
  • Risparmio nelle quantità di olio utilizzate

Svantaggi

  • Prezzo iniziale da sostenere (da 200 euro in su) elevato
  • Spazio adatto in cucina
  • Consumo energetico considerevole

friggitrice ad aria

Utilizzi della friggitrice ad aria

A differenza di una friggitrice tradizionale, con la friggitrice ad aria si possono realizzare ottime fritture ma anche altre ricette e preparazioni. Si va dalle classiche patatine, crocchette, cotolette, verdure miste, crostacei e pesce fino ad arrivare a dolci e torte salate.

Il consiglio, a tal proposito, è di scegliere un modello provvisto di un buon ricettario, perché sarà fondamentale per avere spunti e guide alla cottura degli alimenti con questo elettrodomestico.

Infine, la friggitrice ad aria è perfetta anche per scaldare gli alimenti già cotti, ma a differenza di un normale forno elettrico o a microonde, non secca i cibi.

Altre informazioni

Se volete acquistare la vostra friggitrice ad aria, ecco alcuni modelli che possono fare per voi:

Scopri tutte le metodologie di cottura dei cibi:

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Rovo selvatico: la pianta spinosa che fa bene alla salute e ha delle dolcissime bacche

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Il rovo selvatico è una pianta spinosa molto utile sia per la rigenerazione dei terreni in cui cresce, sia per l’uomo visto che quasi tutte le sue parti, a cominciare dai gustosi frutti, sono da secoli impiegati nella medicina popolare per le proprietà medicamentose e l’alto valore dei nutrienti in esse contenuti.

Appartiene al tipo di piante perenni considerate infestanti, e in alcune zone climatiche si comporta come una semi-caducifoglia.

La tradizione popolare annovera diversi aneddoti e leggende intorno a questo arbusto spinoso, a riprova di quanto importante e conosciuto fosse già nell’antichità.

All’abbondanza e alla bontà dei suoi frutti (le more) è dedicato anche uno scritto di Virgilio che ne parla così: “È tempo di intessere canestri leggeri con virgulti di rovo“.

rovo

Una fiaba di Esopo sul rovo

Anche Esopo, nella fiaba “La volpe e il rovo“, celebra questa pianta e racconta di una volpe che, nel saltare una siepe, s’aggrappò, suo malgrado, ai rami spinosi di un rovo nel tentativo di evitare una rovinosa caduta.

“Ahimè – disse dolorante e con le le zampe insanguinate alla pianta- io mi rivolgevo a te per avere un aiuto, e tu mi hai conciato ben peggio! L’errore è tuo, mia cara – rispose il rovo.

Hai voluto aggrapparti proprio a me che, d’abitudine, son quello che si aggrappa a tutto”.

Il riferimento è alla stoltezza degli uomini, che spesso ricorrono all’aiuto di chi, al contrario, è portato per natura a far del male.

Utilizzi del rovo nella medicina antica

Nell’antica medicina popolare, il decotto di foglie di rovo era molto utilizzato a livello intestinale per le proprietà astringenti, antinfiammatorie e normalizzanti.

I germogli della pianta raccolti in primavera, invece, erano apprezzati in insalata come alimento lassativo e depurativo.

rovo

Oggi il rovo è considerato una pianta utile e benefica, nonostante non goda della simpatia dell’uomo per le sue spine acuminate e taglienti.

A proposito del suo comportamento infestante, i contadini sono soliti dire: “Concedetegli uno spazio e vi arriverà fino in camera”. Conosciamolo meglio e scopriamo tutti i suoi utilizzi.

rovo

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La pianta di rovo

Il rovo selvatico (Rubus ulmifolius) è una pianta spinosa appartenente alla famiglia delle Rosaceaeoriginaria dell’Europa, del Nord Africa e dell’Asia. Si tratta di un’arbustiva perenne, per l’esattezza semi-caducifoglia, poiché molte foglie permangono durante la stagione invernale.

Si caratterizza principalmente per i fusti aerei lunghi fino a 6 metri ricoperti di spine arcuate. Anche le foglie hanno margini seghettati e punte acuminate di colore verde scuro, ricoperte da una leggera peluria biancastra.

La pianta produce fiori semplici a cinque petali generalmente bianchi e rosa, raggruppati in infiorescenze di forma piramidale.

La fioritura avviene all’inizio dell’estate quando le api, attirate dall’intenso profumo del nettare dolciastro, affollano i rami per prepararsi alla produzione di un prelibato miele.

LEGGI: come coltivare rose stupende.

Il frutto è una drupa dalla polpa carnosa, acidula quando immatura e molto più gradevole una volta pronta, generalmente in agosto e settembre. La presenza della pianta su un campo incolto indica terreni profondi e leggermente umidi.

Considerata una pianta infestante tende a colonizzare rapidamente i terreni ed estirparla non è affatto facile. La vediamo frequentemente anche nei boschi dove a volte forma delle vere e proprie barriere inestricabili e invalicabili che soffocano la vegetazione circostante.

Per questa ragione, il rovo è utilizzato per delimitare proprietà e poderi, con funzione espressamente difensiva. Si adatta con estrema facilità anche ai terreni più aridi, ai climi secchi e ai luoghi polverosi e assolati.

Proprietà del rovo

A dispetto della sua reputazione, il rovo vanta molteplici proprietà medicinaliaromatiche, astringenti, antinfiammatorie, vitaminizzanti, antiscorbutiche, depurative, vulnerarie, ipoglicemizzanti. In erboristeria e fitoterapia i suoi principi attivi sono considerati un valido rimedio naturale.

Tutte le parti del rovo possono essere utilizzare per preparazioni erboristiche e fitoterapiche. Dalla radice, ad esempio, si estrae un buon concentrato di tannini dall’azione astringente e lenitiva.

Non a caso, il tè ottenuto dall’estratto di radice di rovo è un antidoto naturale contro i disturbi intestinali e un potente alleato per contrastare la diarrea.

Le parti aeree della pianta vantano numerose proprietà curative. Come abbiamo visto, infatti, aiutano a prevenire il diabete, sostengono le funzionalità dell’intestino, sono efficaci per la cura delle emorroidi, combattono infezioni e infiammazioni di varia natura.

Il suo frutto è considerato a tutti gli effetti un frutto di bosco e ha proprietà nutrizionali eccellenti, con un ottimo contenuto vitaminico, in particolare C e A.

La mora, inoltre, è nota fin dall’antichità per le sue proprietà antiossidanti e per l’alto contenuto di acido folico.

Il consumo abituale di more e dei suoi estratti ha effetti diuretici, depurativi e rinfrescanti. L’azione depurativa, in  particolare, agisce in modo benefico su cuore e arterie e favorisce un’azione di contrasto verso le patologie cardiovascolari. 

Le foglie erano utilizzate secoli fa per preparare tisane e decotti utili per contrastare le ulcere gastriche e per lenire i disturbi gastrointestinali.

Studi scientifici più recenti, infine, hanno dimostrato l’utilità dei flavonoidi e delle antocianine nel prevenire i tumori.

Queste sostanze sono particolarmente concentrate e rappresentano i pigmenti che conferiscono la tipica colorazione blu-rossastra al frutto.

Ricette e usi in cucina

Anche se a guardarlo non si direbbe, molte parti del rovo, oltre ai frutti, possono essere utilizzate in cucina come una vera e propria verdura.

I germogli più giovani, ad esempio, hanno spine morbidissime e innocue che posso essere raccolte e cucinate come gli asparagi.

Sono ottimi lessati e consumati con olio, sale e limone, al pari di molte altre erbe selvatiche commestibili.

Un altro uso  è quello di lavarli e lasciarli in ammollo per aromatizzare l’acqua alla quale conferiranno un profumo estremamente gradevole e proprietà depurative.

rovo

I frutti dei rovi sono largamente conosciuti ed apprezzati per il consumo fresco o sotto forma di marmellate, gelatine e sciroppi.

Durante la raccolta si deve necessariamente fare uso di guanti e prestare molta attenzione ai numerosi insetti che spesso popolano i rami spinosi della pianta.

Ricetta della marmellata di more

La ricetta della marmellata di more di rovo prevede i seguenti ingredienti. Per seguire passo passo tutte le operazioni necessarie a preparare una marmellata a regola d’arte, seguite anche la nostra ricetta su come fare la marmellata in casa.

  • 1 kg di more di rovo comune
  • 800 gr di zucchero
  • 1 mela

Preparazione. Riponete le more lavate e mondate in un’ampia casseruola con lo zucchero. Portate il tutto a ebollizione e aggiungete la mela passata al forno intera con i semi e il torsolo. Poi cuocete a fiamma bassa fino a che il composto non avrà raggiunto la  giusta consistenza e filtrate se necessario.

Trasferite la marmellata in vasetti sterili a chiusura ermetica e consumate dopo 40 giorni. La marmellata è abbinabile alla carne di selvaggina, come capriolo e cervo.

Altre informazioni

Per una dieta sana e naturale scoprite i benefici, gli utilizzi e le caratteristiche grazie alle nostre schede sui frutti del bosco e le bacche:

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Le ricette di smoothie contro l’acne per una pelle perfetta

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Provate le nostre ricette di smoothie contro acne, ideali per purificare da dentro la pelle in maniera tutta naturale. Questi frullati aiutano a combattere un fastidioso inestetismo che affligge sia giovanissimi che adulti.

La salute della pelle passa attraverso un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita altrettanto sano dove fumo, alcool e grassi in eccesso dovrebbero essere banditi.

La pelle, infatti, è una cartina tornasole dello stato di salute del nostro organismo e delle nostre abitudini alimentari.

Affinché sia bella, luminosa e sana è sufficiente selezionare e bilanciare accuratamente i cibi che portiamo in tavola privilegiando frutta e verdura, limitare l’uso di cosmetici e prodotti di bellezza pieni di sostanze chimiche e contrastare lo stress della vita quotidiana con i giusti accorgimenti.

Un modo per prendersi cura con dei rimedi naturali della bellezza della cute è quello di bere ogni giorno un frullato a base di frutta, verdura e cereali con proprietà specifiche per la cura della pelle e delle sue affezioni più comuni. Spesso, i comuni problemi come brufoli e acne sono provocati da un mix di fattori (smog, eccesso di tossine) oltre che da alimentazione sbagliata.

Gli smoothie contro l’acne ci aiutano appunto a correggere questo aspetto.

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Per migliorare l’aspetto della pelle in modo naturale e contrastare l’insorgere di brufoli e acne, vi proponiamo tre ricette di smoothie con i nutrienti e i principi attivi più indicati per questa esigenza.

Smoothie lamponi sedano smoothie contro acne

Smoothie contro acne ai lamponi e sedano

Smoothie contro acne ai lamponi e sedano

Ricchi di proprietà antiossidanti, lenitive e antinfiammatorie, lamponi e sedano rappresentano un ottimo binomio per preparare uno frullato efficace contro l’acne.

Per prepararlo vi occorreranno 100 gr di lamponi freschi, 1 gambo di sedano, 200 ml di acqua minerale.

Frullate tutti gli ingredienti nel mix fino ad ottenere un composto omogeneo e bevete un bicchiere almeno 3 volte a settimana.

Smoothie papaya smoothie contro acne

Smoothie per acne alla papaya

Smoothie contro acne alla papaya

La papaya matura assicura un buon apporto di sostanze con proprietà antiossidanti, note per la capacità di proteggere l’organismo dall’invecchiamento cellulare. 

Preparare uno smoothie gustoso e nutriente per godere a pieno dei benefici di questo frutto è molto semplice.

Mixate 1 fetta grossa di papaya, 1 spicchio di aglio, 1 cucchiaio di sciroppo di riso, 1/2 mela con la buccia e aggiungete alla fine 1 cucchiaio di semi di lino.

Bevete lontano dai pasti.

Smoothie ananas mela smoothie contro acne

Smoothie per acne all’ananas e mela verde

Smoothie contro acne all’ananas e mela verde

Questo smoothie svolge una profonda azione antinfiammatoria sull’organismo, purifica la pelle dall’interno riducendo l’antiestetico effetto ‘lucido’ sul viso e stimola la naturale produzione di cheratina.

Si prepara con 1 mela verde, 1 foglia di bietola, 1 fetta di ananas, 1 fetta di arancia dolce e 1 cetriolo. Frullate il tutto per qualche minuto e aggiungete qualche fogliolina di menta.

Facile, vero?

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Pavone: quali sono le caratteristiche e le curiosità di questo animale dalla splendida coda colorata

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Il pavone è sicuramente uno degli animali più colorati e vanitosi che si possa incontrare. La sua storia è antica almeno quanto le sue origini che affondano le radici nella lontana India. Nonostante questa provenienza ‘esotica’, il pavone è diventano un uccello ben stanziato anche in Europa e nel resto del Mondo grazie alla sua adattabilità a quasi tutti gli ambienti.

Questo eccentrico uccello è il protagonista assoluto di un giardino. Non a caso è allevato sopratutto per il suo mirabile piumaggio come animale ornamentale e anche se un tempo la sua storia si è intrecciata a quella della gallina, ben presto ha trovato un posto d’onore in allevamenti a lui esclusivamente dedicati.

pavone

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E non è tutto: la sua ruota in multicolor è talmente famosa che oggi il pavone viene allevato principalmente come ornamento per parchi e giardini pubblici.

La meravigliosa e inimitabile livrea che gli esemplari maschi sono in grado di dispiegare è la caratteristica che ha reso questo animale famoso in ogni angolo del Globo. Non c’è da stupirsi, dunque, se il termine ‘pavoneggiarsi‘ è stato ispirato proprio a questo animale che ama mettere in mostra le sue doti e farsi bello davanti a tutti.

Caratteristiche e aspetto generale

Il pavone è un uccello appartenente alla famiglia dei Galliformi, più esattamente alla specie Pavo cristatus. Le più antiche razze di pavone hanno origine in India e in  Sri Lanka, ma ancora oggi alcuni esemplari selvatici sono ammirabili in alcune zone dell’Asia meridionale sotto i 1800 m di altitudine.

La caratteristica distintiva di questo animale è senza dubbio la sua coda, meravigliosa e coloratissima negli esemplari maschi.

Essa ha una funzione specifica nel corteggiamento, poiché serve a conquistare la femmina durante la stagione degli amori. Al fine di attirare le attenzioni della prescelta, infatti, il maschio fa vibrare il manto e alza le piume della coda dando vita ad un meraviglioso ventaglio dalle mille sfumature.

pavone

L’altra funzione della ruota è prettamente difensiva: il pavone se ne serve per spaventare gli altri animali e disorientare i nemici. Gli ‘occhi‘ disegnati sul piumaggio e l’imponenza della coda spiegata, infatti, lo fanno apparire molto più grosso e temibile.

A differenza della gran parte degli uccelli, il pavone non è un animale migratorio. Al contrario, è sedentario, non vola, e vive in piccoli gruppi.

Solitamente ogni maschio si accompagna a 4-5 femmine, spesso seguite dai pulcini. La sua alimentazione è decisamente variegata. Predilige frutti, semi, insetti, ma all’occorrenza mangia anche piccoli invertebrati. Una cosa che in pochi sanno, è che è un impavido cacciatore di serpenti di piccole-medie dimensioni.

pavone

Anche se si tratta di un uccello camminatore, preferisce appollaiarsi in luoghi abbastanza alti, sopratutto di notte, quando il rischio di incappare tra le grinfie di qualche predatore è più alto. E anche se non vola, con un balzo può elevarsi per diversi metri da terra.

In fattoria, dimostra un temperamento deciso e aggressivo, al quanto territoriale nei confronti di altri animali. E a differenza di molti animali da cortile, può affezionarsi a chi se ne prende cura.

Il verso del pavone

A dispetto di cotanta grazia e bellezza, il pavone emette un verso decisamente sgradevole. È un gracchiare sgraziato e fastidioso che ricorda molto il verso delle cornacchie. Però lo aiuta ad allontanare i predatori, alcuni molto temibili, come sciacalli, leopardi, tigri.

Il suo verso diventa ancora più insistente e acuto durante il periodo degli accoppiamenti.

FOCUSLe razze di cani più belle al mondo

Curiosità: a fine settembre il pavone fa la muta durante la quale perde tutte le sue meravigliose penne, che poi ricresceranno in aprile.

Razze

Esistono numerose razze e varianti di pavone al Mondo. Quella probabilmente più famosa e apprezzata è il pavone blu. La colorazione blu-verde caratterizza sia il collo che il piumaggio del maschio, mentre la sopracoda è dorata.

C’è poi il pavone dalle ali nere, sempre con collo blu, ma piume di un meraviglioso e suggestivo blu-notte intenso.

pavone

Il suo esatto opposto è il pavone albino, detto anche pavone bianco, che ha un piumaggio completamente immacolato, esattamente del colore del latte.

Infine, vale la pena ricordare anche il pavone specifero, di corporatura più grossa rispetto ai suoi simili e con la cresca (il ciuffo sul capo) composta da un gruppo di piume molto lunghe e dritte.

pavone

Pavone da cortile

Le varietà più comuni di pavone sono quelle più diffuse e facili da allevare. Se collocati nel cortile sin da giovani (entro le 16 settimane di vita), si abituano molto facilmente all’ambiente a patto che siano protetti da una recinzione adeguata che ne eviti la fuga. Non essendo un animale socievole, bensì piuttosto solitario e territoriale, è consigliabile non mettere a dimora troppi pavoni nello stesso allevamento, o comunque tenere i gruppi ben separati tra loro.

Pavone femmina

Osservando un pavone femmina e uno maschio ci si trova di fronte ad un chiaro esempio di dismorfismo sessuale. Ciò significa che l’aspetto di questo animale varia notevolmente a seconda del sesso.

Le femmine non fanno la ruota e hanno una coda molto meno colorata e folta dei maschi.

I maschi, invece, si differenziano profondamente nel colore e nel piumaggio molto colorato. Sono in grado di dispiegare livrea così seducente e irresistibile da conquistare fino a 6 femmine in un colpo solo!

pavone

Solitamente i pavoni completano lo sviluppo del piumaggio e la crescita dell coda raggiunti i 3 anni di età. Fino a 6, comunque, è possibile che la coda continui a crescere.

Le femmine, invece, sono dedite per lo più alla cura del nido, all’accudimento dei pulcini e alla loro cova. Di solito una femmina produce una sola covata con 3-5 uova la cui incubazione prosegue per le successive 4 settimane. animali

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Riccio: aspetto, caratteristiche e allevamento

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Il riccio è famoso per i suoi aculei pungenti e per un’incredibile mossa difensiva che lo rende davvero speciale. In caso di pericolo, infatti, i suoi muscoli dorsali si attivano in modo da consentirgli di appallottolarsi su se stesso e drizzare tutte le spine fino a diventare quasi invulnerabile.

Non a caso, esiste un vecchio modo di dire – ‘chiudersi a riccio’ – ispirato proprio alla straordinaria capacità di questo animale. Conosciamolo meglio e scopriamo le sue abitudini e le regole per allevarlo in casa o in giardino.

FOCUS: Il riccio e altri animali non vanno in letargo per il caldo

Caratteristiche e aspetto generale

Il riccio è un animale abbastanza diffuso in campagna, facile da trovare al margine dei boschi, nei giardini domestici e lungo i bordi di strade e sentieri.

Esattamente come le talpe, il riccio appartiene all’ordine degli insettivori, anche se la sua dieta prevede anche invertebrati e piccoli serpenti.

La durata media della sua vita è 8-10 anni. In natura vive in una tana scavata nel terreno, profonda circa 50 cm. È il suo rifugio diurno, nonché giaciglio nei mesi invernali in cui il riccio cade in letargo.

riccio

L’aspetto è piuttosto buffo e simpatico. Il suo corpo tozzo, a forma di pera, lungo circa 25–27 cm per un peso che difficilmente arriva al chilogrammo. Munito di una coda lunga appena 2,5 cm, ha un musetto piuttosto lungo e appuntito. Le zampe sono corte, tozze, con lunghi piedi e 5 dita munite di unghie appuntite.

Ogni riccio, inoltre, ha su tutto il corpo ben 6000 aculei che cambiano di colore a seconda della stagione. In autunno e inverno, gli aculei sono marroncini, in primavera ed estate decisamente più chiari.

Riproduzione

Il riccio raggiunge la maturità sessuale verso il primo anno di età. La stagione degli accoppiamenti può essere influenzata dai fattori ambientali come il clima e la disponibilità di cibo, ma di solito avviene da aprile a settembre.

Il corteggiamento dei ricci è un rituale molto serio e complesso. In questo lungo cerimoniale che non a caso è conosciuto anche con il nome di ‘carosello dei ricci’, il maschio non sempre viene accettato di buon grado dalla femmina.

E mentre l’accoppiamento in sé dura pochi secondi, i preliminari possono richiedere decisamente molto tempo. Al primo timido approccio del maschio, la femmina reagisce soffiando e sbuffando. Solo dopo molte insistenze, la femmina abbassa gli aculei e allunga le zampe per consentire l’accoppiamento.

riccio

La riproduzione avviene in estate con la femmina che da alla luce i piccoli tra giugno e settembre dopo una gestazione di 40 giorni. In alcuni casi possono verificarsi due nidiate all’anno, ognuna da 3-6 cuccioli. Anche dopo lo svezzamento, i cuccioli rimarranno con la madre diversi mesi.

I cuccioli nascono senza aculei, nudi, bianchi e inizialmente ciechi. Solo dopo qualche giorno gli aculei fuoriescono ma diventano rigidi e pungenti trascorso un mese. E verso i 2-3 mesi imparano finalmente ad appallottolarsi per difendersi dai predatori.

Letargo

Il riccio è un mammifero appartenente alla famiglia delle Erinaceidae ed è anche un animale notturno. Un po’ come il ghiro, è un gran dormiglione, infatti di giorno dorme anche 12 ore filate. Cosa che non tutti sanno è che  è anche l’unico insettivoro che in inverno cade in letargo. Alla prima variazione climatica, infatti, capisce che è arrivata l’ora di prepararsi a questo lungo sonno.

Il letargo del riccio è dettato da sensibili variazioni metaboliche, ma sopratutto dall’ipofisi, la ghiandola che stimola il pancreas a produrre insulina. Questo ormone, a sua volta, regola il livello degli zuccheri nel sangue che garantiranno al riccio un buona riserva per sopravvivere durante il letargo.

riccio

In autunno, non a caso, il riccio si dedica alle grandi abbuffate proprio per meglio prepararsi al suo lungo riposo. Fa scorte imbottendo il nido di provviste, accumula foglie ed erba secca per aumentare la temperatura interna e prepararsi un comodo giaciglio.

Da ottobre ad aprile si ritira nel suo rifugio, si raggomitola per bene e dorme quasi ininterrottamente per svegliarsi circa una volta al mese, giusto il tempo di uno spuntino.

Sapevi che… Anche gli animali si curano da soli

Cosa mangia il riccio

Per quanto riguarda l’alimentazione, occorre distinguere nettamente quello che magia un riccio di campagna dalla dieta consigliata per un riccio tenuto in cattività. Il primo, infatti, vive in contatto diretto con la natura e si procaccia il cibo sopratutto di notte.

Nel suo caso, l’alimentazione è basata sopratutto su insettilombrichi, lumache, ragni e millepiedi. In assenza di questo nutrimento, si ‘accontenta’ anche di piccoli rettili e anfibi, come rane e rospi. Essendo onnivoro, mangia ben volentieri anche frutta, funghi, bacche e ghiande.

La dieta di un riccio ‘domestico’ prevede invece vegetali e carne. Ricordate, inoltre, che i ricci adorano sbocconcellare dalle ciotole degli altri animali, in particolare dei gatti, poiché sono ghiotti dei loro croccantini, in particolare le crocchette all’umido.

Con i gatti tendono a stabilire un rapporto di pacifica convivenza. Queste due specie vivono in un rapporto di mutuo rispetto e non si temono minimamente. Dunque se nella vostra casa dimora un felino, il riccio gradirà senz’altro la sua compagnia e… i suoi avanzi, mentre il cane potrebbe non gradire altrettanto serenamente la presenza del riccio nei pressi della sua ciotola.

riccio

Un’altra cosa che vi capiterà di notare, è vedere il riccio ama masticare le foglie delle vostre piantine.

Eh già, non c’è nulla da fare… se dovesse imbattersi in una succulenta pianta da appartamento potrebbe divorarla nel giro di poco tempo. Per evitare che ciò accada, spostate le piante in punti più alti, come mensole e davanzali, e offrite al riccio foglie di insalata, spinaci e altri vegetali altrettanto teneri e gustosi.

Attenzione al latte. I ricci non devono mai berlo, nonostante ne siano ghiotti. Per loro il latte rappresenta un eccesso alimentare che può provocare intossicazioni anche letali.

Da evitare anche i salumi e i farinacei che non devono mai comparire nella sua ciotola.

Come allevare un riccio

La prima regola da osservare per allevare al meglio un riccio in casa è ricordare che non si tratta di un animale domestico qualunque, come un cane o un gatto. A differenza di questi ultimi, infatti, il riccio è un animale piuttosto riservato, che ha bisogno dei suoi spazi per vivere tranquillo e che non gradisce di sicuro manifestazioni di affetto troppo ‘ calorose’.

Il riccio non è nemmeno un animale da gabbia. Al contrario, ogni tanto deve essere lasciato libero di vagare per casa o in giardino. In tal senso il riccio africano fa eccezione perché è a tutti gli effetti un animale esotico. Nel suo caso occorrerà predisporre un terraium in cui farlo dimorare facendo bene attenzione che la temperatura non scenda mai sotto i 20°.

Il possesso di questa sottospecie, inoltre, potrebbe essere soggetto a restrizioni, dunque è importante verificare che non vi siano impedimenti legali.

riccio

Se il riccio che avete acquistato proviene da un allevamento certificato e ha superato con successo la prima visita veterinaria, allora potrete iniziare a prendervi cura di lui.

Un’abitudine utile per favorire la socialità con il vostro nuovo amico spinoso è tenerlo in mano per qualche minuto ogni giorno. Questo consentirà al riccio di abituarsi alla vostra presenza e al vostro odore e di acquistare fiducia nei vostri confronti.

LEGGI: Commercio illegale di animali esotici, a che punto siamo?

Un’abitudine al quanto bizzarra che l’animale tenderà a manifestare è quella di salivare copiosamente. Almeno per i primi tempi, infatti, reagirà alla nuova situazione contorcendosi, formando una ‘S’ con il corpo e ungendo tutti i suoi aculei con la saliva. E nonostante le ragioni di questo comportamento non siano ben chiare, si pensa che lo scopo sia difensivo, poiché la saliva del riccio contiene un sostanza irritante che rende i suoi aculei ancora più temibili.

Riccio in giardino

Anche se non avevate mai pensato di allevare un riccio come animaletto domestico ve ne siete ritrovato uno proprio nel giardino di casa. E adesso cosa fare?

In effetti, è un esserino abbastanza scaltro e opportunista. Se trova un ambiente favorevole in cui stabilizzarsi, non ci pensa due volte. E la vita in giardino sembra proprio che gli piaccia moltissimo.

Una convivenza pacifica e serena in un luogo frequentato da esseri umani e magari altri animali è possibile, purché si adottino alcuni accorgimenti.

Questo simpatico spinosetto apprezzerà molto la presenza di foglie e nascondigli in cui rifugiarsi, ma per agevolare ancora di più la sua permanenza sarà essenziale non fargli mancare un buona fonte di acqua pulita. 

Normalmente beve dalle pozzanghere che si formano con l’acqua piovana, dunque in assenza di fonti idriche naturali sarà meglio predisporre una piccola ciotola di acqua che cambierete ogni giorno.

Attenzione alle dimensioni del contenitore: se utilizzerete bacinelle troppo grandi o secchi, il piccoletto potrebbe cadervi dentro!

riccio

Ricordate che il riccio è un animale notturno. Al calare delle tenebre, infatti, esce alla ricerca di cibo, mentre durante il giorno preferisce rintanarsi in un posto tranquillo e fresco.

Qualora nel vostro giardino non vi siano anfratti naturali favorevoli a questa abitudine, createne uno! Basta una piccola buca protetta da foglie o rametti, ad esempio, e di sicuro lo renderete felice.

Ricordate, infine, che il riccio è un animale ecologico. Nutrendosi di insetti e parassiti delle piante, il vostro giardino non avrà bisogno di prodotti chimici per tenere alla larga questi sgraditi ospiti perché a pensarci sarà proprio il vostro piccolo amico.

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Quello che non tutti sanno sul pipistrello, un animale prezioso per l’ambiente e l’uomo

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Il pipistrello è ritenuto erroneamente da molte persone un uccello per il fatto di sapere volare. In realtà è un mammifero più simile a un topo, e quelle che usa per librarsi in aria non sono ali, bensì membrane che avvolgono quasi completamente il suo corpo. Di certo, la peculiarità che tutti conoscono e ricordano di questo animale è la curiosa abitudine a dormire testa in giù.

Il pipistrello appartiene all’ordine dei chirotteri che include anche la Nottola (o Pipistrello comune), l’Orecchione (per le grandi orecchie) ed il vampiro d’America. Il pipistrello comune esce in volo di sera per procurarsi il cibo e la sua dieta è basata sopratutto sugli insetti che riesce ad acchiappare volando.

Durante il giorno, invece, si nasconde dentro grotte, muri di case disabitate e dirupi. L’importante è che possa contare sempre su un sostegno a cui aggrapparsi. Ecco tutto quello che c’è da sapere su questo prezioso amico della natura e dell’uomo.

pipistrello

Pipistrello comune

Il pipistrello comune appartiene alla famiglia dei Vespertilionidi. Le sue dimensioni sono modeste, il corpo è lungo poco più di 6 cm, la coda corta e compressa e ha un’ apertura alare di circa 20 cm. Il suo corpo è coperto da peli fitti e morbidi, mentre sul dorso ha un folta pelliccia bruna che diventa grigia sul ventre.

Gli occhi sono tondi e neri, la bocca piena di denti aguzzi e acuminati. Anche le orecchie sono piuttosto piccole e avvolte da uno strato di pelle molto spesso.

Le zampe posteriori sono munite di una membrana che lascia libero solo il pollice e si ricongiunge gli arti posteriori ad eccezione di zampe e coda. Per volare distende completamente questa membrana lasciandosi andare dalla posizione di riposo (a testa in giù). Le zampe posteriori, infatti, sono talmente deboli che non gli consentirebbero di spiccare il volo da terra.

pipistrello

Per mantenere lubrificata la sua membrana, il pipistrello usa la secrezione di alcune ghiandole posizionate tra le narici e gli occhi che le conferiscono elasticità e robustezza.

In volo è rapidissimo nei movimenti e anche se non vede nulla utilizza un complesso sistema di orientamento ad ultrasuoni con cui individua ostacoli, prede e blocchi. In pratica, è come se disponesse di un radar con il quale riesce ad avere una mappatura completa e in tempo reale dell’ambiente circostante.

Il suo habitat naturale sono i boschi di conifere e in generale la macchia mediterranea e le praterie. Di notte va a caccia di insetti e altre prede come mosche, zanzare e farfalle notturne. Per questo motivo, è ritenuto un animale molto utile poiché stermina una gran quantità di insetti nocivi all’agricoltura e all’uomo.

Inoltre, i suoi escrementi costituiscono un ottimo fertilizzante noto anche con il nome di ‘guano di pipistrello’.

Il periodo riproduttivo di questo animale è maggio-giugno quando le femmine gravide cercano riparo in nascondigli sicuri dove si appendono attaccate l’una all’altra. Esse partoriranno un unico piccolo che dopo un paio di mesi sarà in grado di utilizzare il suo patagio per volare e provvedere autonomamente a se stesso.

Cosa mangia

Durante la loro lunga e complessa evoluzione i pipistrelli hanno imparato a sfruttare una grande varietà di risorse alimentari. Ci sono specie di pipistrelli nel mondo che si nutrono di polline e nettare e la loro funzione è paragonabile a quella degli insetti impollinatori. Senza il loro contributo, infatti, molte specie di piante e vegetali non esisterebbero.

Altre specie mangiano prevalentemente frutta e contribuiscono a disperdere i semi delle piante in territori molto ampi attraverso i loro escrementi. Ci sono poi specie carnivore la cui dieta è basata prevalentemente su piccoli mammiferi come rane, uccelli, pesci e rettili.

pipistrello

I pipistrelli comuni diffusi in Italia e in Europa, infine, sono insettivori e divorano quantità enormi di zanzare, mosche e altri insetti nocivi sia per l’uomo che per l’agricoltura.

E poi ci sono loro, i famigerati e temutissimi vampiri, pipistrelli diffusi soprattutto nei paesi dell’America Latina che succhiano il sangue da grossi mammiferi durante il sonno. Per riuscirvi, praticano sull’animale dei tagli minuscoli con i loro denti aguzzi.

Pipistrello vampiro

Di pipistrello vampiro ne esistono 3 specie, tutte concentrate nel Centro e Sud America: il pipistrello vampiro comune (Desmodus rotundus), il pipistrello vampiro dalle zampe pelose (Diphylla ecaudata) e il pipistrello vampiro dalle ali bianche (Diaemus youngi).

Il più rappresentato è sicuramente il Desmodus rotundus,  il cui nome italiano del pipistrello è vampiro vero di Azara.

Si tratta di un mammifero appartenente alla famiglia dei Fillostomidi che può vivere anche fino a 20 anni, sempre più numeroso grazie all’aumento degli allevamenti di bestiame.

È un pipistrello di medie dimensioni (9 cm) ma dotato di grandi incisivi superiori molto affilati. Come denota il suo nome, si nutre del sangue di altri vertebrati, in particolare del bestiame. E se questa fonte di nutrimento non è disponibile può attaccare gli esseri umani.

pipistrello

Grazie alla sua leggendaria destrezza e abilità riesce ad attaccare la sua preda all’improvviso e senza farsi notare. La pericolosità del suo morso risiede sopratutto nel rischio di infezioni, come rabbia e tripanosomiasi, una malattia tropicale molto seria che se non trattata tempestivamente può provocare la morte.

In Perù, ad esempio, tra il 2011 e il 2013 il pipistrello vampiro ha provocato la morte di 19 bambini e anno dopo anno questo pericoloso predatore non smette di mietere nuove vittime.

Pipistrello gigante

Quando si parla di pipistrello gigante in realtà fil riferimento è a ben 130 specie tutte appartenenti alla famiglia dei pteropidi. Queste specie sono stanziate nella fascia tropicale africana, in Australia e nelle isole polinesiane.

La caratteristica comune, in effetti, sono le dimensioni molto grandi e la folta pelliccia. Il più grande di tutti è detto ‘volpe volante malese‘, la cui apertura alare arriva fino a un metro e mezzo.

Letargo

Sia i pipistrelli stanziali  che quelli migratori cadono in letargo durante l’inverno. Per prepararsi al lungo sonno cercano un rifugio sicuro in grotte, edifici abbandonati o nei buchi degli alberi.

In realtà il loro non è un vero e proprio letargo, ma un sonno abbastanza profondo interrotto continuamente dal loro metabolismo super efficiente e dagli sbalzi termici continui. Se disturbati troppo spesso, il più delle volte cercano un altro luogo più riparato in cui continuare a riposare.

pipistrello

Ciò che rende davvero unico il letargo di questo animale è che avviene in gruppo. Intere colonie di pipistrelli si dispongono in file ordinate e fitte in cui ogni esemplare mantiene caldo il vicino di ‘letto’.

Lo stesso patagio gli fa da cappotto e avvolgendolo intorno al corpo il pipistrello riesce a mantenere una temperatura corporea media superiore anche di 20° rispetto a quella esterna.

Casetta per pipistrelli

Detta anche Bat-box‘, la casetta per pipistrelli può essere un buon rifugio per i nostri amici chirotteri. Da posizionarsi sotto al tetto, in balcone o in giardino.

Questa dimora fai-da-te può essere facilmente costruita a casa con pochi e semplici strumenti e consentire al mammifero di stabilizzarsi nel nostro giardino per tenere alla larga gli ospiti indesiderati come mosche, zanzare e altri insetti nocivi.

Se volete comprarla, eccone alcuni tipi:

Altre informazioni

Ecco alcuni articoli su diversi animali utili in giardino, e altri considerati animali domestici e da compagnia:

  • Canarino, le cose da sapere per il suo benessere
  • Cardellino: cose da sapere su questo magnifico uccello
  • Pappagallo: tutto quello che c’è da sapere
  • Api: animali più importanti di quanto si pensi per l’ambiente
  • Riccio: tutto su questo simpatico animale del bosco
  • Gerbillo: tutto quello che c’è da sapere su questo piccolo roditore
  • Cincillà: come prendersi cura di questi piccoli roditori
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Ribes nero: un antinfiammatorio, antistaminico e antiossidante naturale

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Il ribes nero è un potente antinfiammatorio, antistaminico e antiossidante naturale, utilizzato sin dall’antichità per le sue proprietà benefiche. Conosciamo meglio questa pianta e i suoi molteplici impieghi alimentari, terapeutici e cosmetici.

Il ribes nero – nome comune del Ribes Nigrum – è un arbusto originario delle zone montuose dell’Eurasia, oggi molto diffuso in tutta Europa. Le sue bacche dal colore inconfondibile (che lo differenziano dal ribes rosso) sono l’ingrediente principale del famoso cassis, un liquore francese apprezzato in tutto il mondo.

Scopri anche altre bacche e frutti di bosco:

Secondo alcuni studiosi, il termine ‘ribes‘ deriverebbe dalla parola araba ‘ribas‘, nome di una varietà di rabarbaro libanese che i Mori trovavano molto simile, per odore e sapore, al ribes nero favorendone la diffusione dalla Spagna al resto dell’Europa.

In realtà il suo attuale sapore e aroma è frutto di una lunga selezione che ha migliorato notevolmente il vero sapore della pianta allo stato selvatico.

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Ribes nero pianta

Il Ribes nero appartiene alla famiglia delle grossulariaceae. La pianta di Ribes ha un portamento arbustivo e può raggiungere facilmente i due metri di altezza. I rami sono frondosi, la corteccia di colore rossastro negli esemplari giovani, più scura in quelli adulti.

Le foglie sono grandi di un bel verde brillante, ricche di ghiandole giallastre che emanano un caratteristico odore. In primavera la pianta produce dei piccoli fiori di colore verde e bianco che a alla fine dell’estate (fine agosto, inizio settembre) lasciano il posto a delle bacche nere globose.

Il colore delle bacche di Ribes nero è forse la caratteristica distintiva più evidente rispetto a quelle prodotte dal Ribes rosso. In realtà i frutti del Ribes nero sono molto più saporiti e profumati, merito anche degli oli essenziali in essi contenuti.

ribes nero

Ribes nero proprietà

Le proprietà benefiche del ribes nero sono note fin dall’antichità e sono presenti in varie parti della pianta, compresi i germogli e le radici. Le parti più utilizzate – poiché ricche di vitamine, flavonoidi e acidi – sono le gemme, le foglie e i frutti.

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Oltre che per usi alimentari, è usato per l’alto contenuto di:

  • glicosidi, flavonoidi e oli essenziali contenuti in particolare nelle gemme e noti per stimolare la produzione di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali; hanno un’azione antinfiammatoria e antistaminica sia a livello cutaneo che respiratorio.
  • polifenoli e triterpeni presenti nelle foglie, hanno proprietà depurative e diuretiche molto spiccate.
  • vitamine C e D
  • acido citrico
  • acido malico
  • sali minerali: oligoelementi
  • acidi polinsaturi
  • flavonoidi
  • antociani, molto utili per la loro azione astringenterinfrescante e vaso-protettrice. 

L’estratto delle gemme di ribes nero, inoltre, è efficace anche per stimolare le difese immunitarie e prevenire le malattie influenzali. La tintura madre ottenuta dalla spremitura delle foglie fresche è indicata per drenare e disintossicare l’organismo.

Ecco, in sintesi, la tabella con i valori nutrizionali riferita a 100 grammi di ribes:

  • Acqua 77,4 g
  • Carboidrati 6,6 g
  • Zuccheri 6,6 g
  • Proteine 0,9 g
  • Grassi tracce
  • Colesterolo 0 g
  • Fibre 3,6 g
  • Sodio 3 mg
  • Potassio 370 mg
  • Vitamina B1 0,03 mg
  • Ferro 1,30 mg
  • Vitamina B2 0,06 mg
  • Calcio 60 mg
  • Vitamina B3 0,3 mg
  • Fosforo 43 mg
  • Vitamina A 17 µg
  • Vitamina C 200 mg

Ribes nero utilizzi terapeutici e cosmetici

Il gemmoderivato del Ribes nero trova impiego terapeutico sopratutto nella cura degli stati infiammatori di varia origine (mal di gola, bronchiti, raffreddore, stati febbrili transitori), delle allergie, dell’asma, delle più comuni sindromi influenzali, delle congiuntiviti e di molte forme di dermatite.

Sempre grazie al cortisolo, il ribes nero può aiutare a combattere i dolori muscolari articolari e i reumatici.

ribes nero

L’estratto delle foglie, invece, ha un utilizzo erboristico e fitoterapico specifico per la preparazione di infusi, tinture madre, decotti e tisane utili a depurare l’organismo dall’acido urico e ad abbassare i livelli di colesterolo cattivo nel sangue.

Il derivato dei frutti – edibile sotto forma di succhi o infusi – è forse il più adatto per combattere la maggior parte delle patologie legate alla fragilità capillare e la couperose.

In cosmesi, l’olio ricavato dai semi dei frutti di Ribes nero trovano largo impiego nella formulazione di creme idratanti ed elasticizzanti e nei trattamenti cosmetici anti-invecchiamento, poiché ricco di vitamina C, Omega 3, Omega 6 e altri acidi grassi polinsaturi che aiutano a proteggere le cellule dall’azione dei radicali liberi.

Quali sono i rimedi naturali per le allergie?

Ribes nero controindicazioni

Nonostante sia pieno di proprietà benefiche e principi attivi apprezzabili per scopi curativi, l’assunzione degli estratti del Ribes nero deve essere seguita dal proprio medico di fiducia per evitare di incorrere in fenomeni di ipersensibilizzazione o altri effetti collaterali indesiderati anche gravi.

L’assunzione smodata dei derivati di questa pianta può provocare l’aumento della pressione sanguigna indotta dal cortisolo che accelera anche il metabolismo. Non a caso, il cortisolo è detto anche ‘ormone dello stress’. Dunque, se ne sconsiglia l’uso a soggetti affetti da malattie cardiovascolari, malattie renali, patologie nervose, ipertesi e a coloro che assumono anticoagulanti.

Prova la.. Dieta dei colori, quando frutta e verdura curano a seconda dei colori

ribes nero

Ricette con il ribes nero: la cucina a tutta salute

Oltre ai vari impieghi in medicina naturale e fitoterapia, i frutti del ribes nero sono apprezzati anche in cucina ed utilizzati per preparare torte, composte, marmellate, confetture, budini, centrifugati, budini, succhi e gelatine. In particolare, le bacche di ribes nero sono perfette per realizzare gustose marmellate dal sapore ricco e dall’aroma inconfondibile.

Gli ingredienti per preparare la marmellata di ribes sono:

  • 1 kg di bacche di ribes nero
  • 300 gr di zucchero di canna
  • 1 mela tagliata a fette

Per la preparazione, ci si può attenere al classico procedimento delle altre marmellate fatte in casa avendo l’accortezza di lavorare al passaverdura i frutti ben lavati per schiacciare i semini al loro interno.

Perfetta per guarnire torte, crostate o per arricchire la prima colazione, la marmellata di Ribes nero home-made è un concentrato naturale di dolcezza e vitalità.

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Struzzo: tutto su questo simpatico pennuto dalle abitudini bizzarre

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Lo struzzo è senza ombra di dubbio uno dei pennuti più curiosi, contraddittori e particolari che si possa incontrare nel regno animale. Tecnicamente è un uccello, il più grosso della sua specie, ma non sa volare.

In compenso è un corridore formidabile poiché le sue zampe lunghe, snodate e muscolose gli consentono di viaggiare ad una velocità media di 60 km/h. Conosciamo meglio questo simpatico pennuto e scopriamo tutto quel che c’è d sapere sul suo conto.

Uno strano animale da record

La velocità non è l’unica caratteristica distintiva di questo animale. Il suo peso è di circa 150 kg per un’altezza che può facilmente raggiungere i 2 metri. Anche l’aspettativa di vita è proporzionata alla sua stazza: uno struzzo, infatti, vive in media 50-60 anni.

Le sue uova sono le più grandi del mondo! Per capire meglio, un uovo di struzzo equivale, per dimensioni, a 20 uova di gallina.

Un animale da record, insomma, che in molti pensano provenire dall’Australia anche se le sue vere origini sono africane.

È stato l’uomo ad introdurlo in Europa e Oceania dove, in effetti, le steppe desertiche di alcune regioni rappresentano per lo struzzo un luogo ideale. In Italia lo si può vedere sempre più spesso in agriturismi, parchi, giardini zoologici e allevamenti specializzati.

Un’altra convinzione popolare del tutto infondata è che lo struzzo nasconde la testa sotto la terra. In realtà, quando ha paura appoggia il capo al suolo fingendo di essere un cespuglio o una roccia per confondere i suoi nemici. E se il trucchetto non riesce, fa scattare le sue lunghe zampe e corre via veloce come il vento.

struzzo

Caratteristiche e aspetto generale

Il suo nome scientifico è Struthio camelus e appartiene alla famiglia Struthionidae. Si tratta di un uccello autoctono di tutta la fascia africana compresa tra il decimo e il ventesimo parallelo settentrionale.

Lo si trova anche nella parte orientale del continente fino alla Tanzania, in Sud Africa, Namibia, Angola e Botswana. Il suo habitat ideale, infatti, sono le savane africane ricche di vegetazione bassa e clima semi-desertico.

Oltre le notevoli dimensioni, ciò che colpisce subito nell’aspetto di uno struzzo è il suo lungo collo e l’espressione un po’ tonta, sottolineata da un becco che sembra più che altro un muso in stile ‘Paperino’. In effetti, questo animale non brilla certo per intelligenza e tende a reagire con eccessiva paura ad ogni minimo stimolo esterno.

struzzo

Il colore biancastro tendente al giallino del guscio ha una funzione difensiva poiché nelle zone semi-desertiche in cui l’animale vive in libertà si mimetizza facilmente con la sabbia.

I suoi occhi sono molto grandi, sottolineati da ciglia folte che proteggono le cavità oculari  dalla polvere e dal vento della savana. Le zampe sono prive di piume e questo consente di non accumulare calore durante la corsa.

Ogni struzzo ha 4 dita, due per zampa, con un dito più lungo che è anche munito di un’unghia piatta per favorire la velocità durante la fuga e un’altro più corto per mantenere l’equilibrio.

Comportamento

Come abbiamo visto, per difendersi dai predatori lo struzzo adotta precisi stratagemma. Il fatto di chinare il collo verso il terreno per imitare l’aspetto di un cespuglio o di una roccia è solo una delle tante strategie difensive di cui può servirsi. La più formidabile, ovviamente, è la corsa: con falcate da 6-7 metri e cambi di direzione improvvisi, quasi tutti i predatori sono facilmente seminabili.

Addirittura può arrivare a toccare velocità medie compresa tra i 50 e i 70 km orari e mantenerle anche per 20 minuti. E se la  situazione lo richiede, lo struzzo può sferrare anche potenti calci  frontali al suo antagonista.

struzzo

Lo struzzo è un animale che vive in gruppi anche molto numerosi. In ogni gruppo esiste un ordine gerarchico molto complesso, con un maschio dominante, una femmina dominante e altre femmine riproduttive. Si tratta di un animale che in libertà passa l’intera giornata a perlustrare lo spazio intorno in cerca di cibo. Ogni tanto si concede una pausa per appollaiarsi e ripulirsi delicatamente con il pecco.

La sua altezza e il temperamento pauroso lo inducono ad essere sempre vigile e in caso di pericolo è sempre il primo a lanciare l’allarme salvaguardando l’incolumità anche di altri animali. Ama l’acqua e appena vede una pozza, uno stagno o uno specchio balneabile non resiste alla tentazione di un bel bagno.

struzzo

Cosa mangia lo struzzo

Lo struzzo è un uccello tendenzialmente erbivoro, ma all’occorrenza è disposto a mangiare qualsiasi cosa a disposizione. Come tutti gli uccelli non ha denti, perciò ingoia i bocconi senza masticarli e tritura il cibo nel suo grande e muscolosissimo stomaco.

Erba, semi, piccoli invertebrati, sassolini rappresentano il suo pasto preferito. Gli struzzi ingurgitano notevoli quantità di acqua, sopratutto gli esemplari giovani (10 litri al giorno) e devono avere a disposizione sempre acqua fresca e pulita.

Riproduzione

La maturità sessuale di uno struzzo arriva intorno al 3°-4° anno di età e varia in funzione del sesso e della sottospecie di appartenenza.

Due settimane dopo l’inizio della stagione degli amori, le femmine depongono 1 uovo ogni 2 giorni di 1.5 kg di peso ognuno. Il luogo in cui depongono l’uovo è solitamente una depressione naturale del terreno oppure una buca scavata dal maschio. Durante il giorno viene covato dalla femmina, di notte ricoperta di sabbia.

struzzo

Il periodo degli accoppiamenti dura circa 5 mesi, durante il quale il maschio dominante si accoppia con tutte le femmine del suo gruppo. Ogni femmina depone le uova nello stesso nido per un totale di 10-40 uova. Il periodo della cova va avanti per 42 giorni fino a che i primi pulcini iniziano a fare capolino.

Sottospecie

Più che vere e proprie razze, esistono 4 sottospecie di struzzo finora individuate dagli esperti. Si tratte delle seguenti varianti di Struthio camelus:

  • australis
  • molybdophanes 
  • camelus
  • masaicus 

struzzo

Struzzo americano

E’ il più grande uccello americano, pur non essendo il più grande degli altri esemplari della sua specie. E’ conosciuto anche come nandù o Rhea americana ed è nativo del Sud America.

Gli esemplari più adulti raggiungono il metro e mezzo di altezza ma non superano i 25 kg di peso. Come gli altri struzzi, anche quello americano non sa volare ma corre veloce. Il piumaggio è grigio-marrone con ventre bianco.

Vive in gruppi da 20-30 esemplari, solitamente vicino ai corsi d’acqua o ai laghi. Non disdegna neanche le zone paludose ed è un vero mangione: ingurgita avidamente tutto ciò che gli capito sotto il becco. Assieme allo struzzo australiano è un finto struzzo poiché appartiene ufficialmente alla famiglia degli Emù. Dunque è, di fatto, un cugino dello struzzo.

Struzzo australiano

E’ un Emù veramente possente. Le sue dimensioni sono notevoli, in quanto pesa mediamente 60 Kg e può raggiungere i 2 metri di altezza. Si caratterizza per il piumaggio dai colori sgargianti che gli consento di mimetizzarsi tranquillamente nella vegetazione e girovagare indisturbato nelle steppe  della savana australiana, più precisamente nelle regioni settentrionali di Australia e Nuova Guinea. 

La particolarità dello struzzo australiano consiste nel colore del collo. Alcuni esemplari, infatti, hanno una colorazione blu o rossa con cresta ossea  sul capo che li aiuta a farsi largo tra la vegetazione.

Quale velocità raggiunge?

Osservando uno struzzo è molto difficile pensare di essere di fronte ad un formidabile corridore.

Eppure, non solo riesce a correre più veloce di mammiferi di stazza molto più imponente, ma a differenza di altri animali è l’unico in grado di mantenere una velocità media di 60-70 m/h per decine e decine di chilometri. Si pensi che i cuccioli dello struzzi, già alla tenerissima età di 1 mese, corrono a 55 km/h.

struzzo

Il merito è tutto delle zampe lunghe, flessuose e muscolose, perfette per imprimere alla corsa un andamento fulmineo e scattante.

Ciò gli consente di seminare predatori come la iena maculata e altri felini e di sferrare loro calci violenti in pieno viso che servono a tramortire il nemico.

Prezzo

Un pulcino di struzzo con un settimana di età costa mediamente 50-80 euro che diventano 100-200 per un esemplare un po’ più grande. Una sola femmina considerata ‘pregiata’ può costare anche 500 euro. Trattandosi di un animale abbastanza semplice da allevare, oggi esistono diversi allevamenti di struzzo anche in Italia.

Per una coppia di struzzi in età riproduttiva si possono spendere anche 4500 euro. E se l’obiettivo è creare un allevamento con 20 femmine riproduttrici, bisogna mettere in conto un investimento da 130 mila euro.

Altre informazioni

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Scopriamo come coltivare il basilico in casa con facilità

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Scopriamo come coltivare il basilico tra le pareti domestiche, con le due tecniche di coltivazione principali, in vaso e a terra. Entrambe sono facili e alla portata dei più: ecco un modo averne una buona scorta sempre pronta all’uso!

Il basilico è una pianta erbacea annuale importata dall’Asia e dell’Africa e coltivata ovunque come pianta aromatica per via del caratteristico profumo delle sue foglie che -a seconda delle varietà- può risultare più o meno intenso.

Come per molte altre piante aromatiche, anche coltivare basilico è molto semplice sia che abbiate a disposizione un grande spazio, come un orto, un giardino o un pezzetto di terra, sia che lo facciate in vaso.

Le proprietà del basilico

Al di là dei suoi impieghi culinari, il basilico è una pianta dalle molteplici virtù benefiche e curative utili nella cura di diverse patologie. Foglie e radici del basilico, infatti, sono ricche di grassi vegetali, proteine, fibre, zuccheri, sali minerali, vitamina A-B-C-E e aminoacidi.

Recentemente, invece, è stato dimostrato che l’assunzione di basilico concentrato in pillole o a crudo è efficace nella cura dei dolori articolari, delle infiammazioni dell’apparato respiratorio e di diverse malattie della pelle.

Il suo impiego, inoltre, è consigliato per stimolare l’intestino pigro, favorire la digestione e rafforzare il sistema nervoso. Non da ultimo, il basilico è in grado di aumentare la produzione di latte materno e alleviare gli stati d’ansia.

come coltivare il basilico

Vi piacerebbero delle piantine di basilico così? Si può fare! Scoprite come coltivare il basilico seguendo la nostra guida pratica

In erboristeria, del basilico viene utilizzato soprattutto il suo olio essenziale ricco di estragolo per la sua azione antielmintica e tonificante, le parti aeree essiccate o fresche che si possono assumere sotto forma di tisane o infusi per le loro proprietà digestive, ma anche per combattere i radicali liberi e ritardare l’invecchiamento cellulare.

Come coltivare il basilico: tecniche e suggerimenti

Per riuscire a coltivare basilico  non bisogna adottare tecniche particolarmente complesse, ma seguire alcune pratiche di coltivazione davvero semplici e basilari. Ci sono però delle condizioni ideali che assicurano un raccolto abbondante in alcuni periodi dell’anno, tra cui:

  • Il clima: il basilico predilige temperature miti, mai sotto i 10 gradi, anche se alcune varietà dimostrano una buona tolleranza anche a zone più fredde. Coltivare basilico in vaso significa assicurare una buona esposizione al sole (6/8 ore al giorno) e un riparo per le notti più fredde o  da eventi atmosferici di una certa importanza.
  • Il terreno: deve essere soffice, ben drenato e arricchito con un concime organico poco prima della semina.
  • L’acqua: le innaffiature devono essere frequenti e abbondanti, preferibilmente al mattino o al tramonto. Occhio ai ristagni.
  • La semina: a seconda della modalità di coltivazione scelta (nel terreno o in vaso, al chiuso o all’aperto) la semina può cominciare da gennaio fino alla fine di marzo (serra), da marzo a maggio (aperto) con slittamenti opportuni a seconda delle zone climatiche.
come coltivare il basilico

Un altro bel primo piano delle nostre piantine nei loro primi stadi di vita.

Come coltivare il basilico: le varietà

Oltre al basilico genovese e quello comune, i più diffusi e coltivati in Italia sopratutto per la realizzazione del famoso pesto alla genovese, le varietà di basilico coltivabili sono davvero moltissime.

Chi potesse coltivarle in pieno campo, potrebbe divertirsi ad accostare varietà diverse per ottenere cespugli aromatici di sicuro impatto estetico. Tra le varietà di basilico più diffuse ricordiamo:

  • Basilico greco, più rustico e dalla caratteristica crescita arrotondata che gli è valsa anche l’appellativo di “basilico a palla”;
  • Basilico tailandese, molto aromatico, dai sentori di menta e liquirizia;
  • Basilico lattuga e il  basilico napoletano, dalle foglie grandi, a volte caratterizzate da ‘bolle’ e dall’aroma mentolato.
  • Basilico porpora messicano, l’unico dal colore rosso scuro e dal profumo  fruttato. Si utilizza in molte parti del mondo per la produzione di un pesto rosso.

Come coltivare il basilico in vaso o a terra

Vista la sua adattabilità e le dimensioni ridotte, il basilico è una delle piante più coltivate in vaso. E’ possibile coltivare basilico in vaso anche se non si dispone di un terrazzo o di un balcone, semplicemente assicurando alla piantina una buona esposizione alla luce diretta del sole, ad esempio accanto ad una finestra o u un davanzale.

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La scelta del vaso e la sua corretta predisposizione, in tal senso,  è molto importante per la buona riuscita del progetto: la dimensione del vaso deve essere adeguata a quella della piantina che sceglierete di coltivare o alla quantità di semi che interrerete.

Sul fondo del vaso occorrerà posizionare un letto di cocci e ghiaia per favorire il drenaggio dell’acqua, riempendo poi con terriccio morbido e ben inumidito prima della semina.

come coltivare il basilico

Le piantine di basilico sono anche… belle!

Se si ha la fortuna di poter utilizzare un pezzo di terra, un orto o un giardino, allora la propagazione del basilico tramite semina in piena terra è la tecnica più consigliata.

La semina in campo si effettua a partire dal mese di aprile, periodo in cui il clima è più caldo e le temperature si attestano intorno ai 15/18°C.

Se vivete in zone climatiche particolarmente torride, prediligete una zona luminosa, arieggiata ma non eccessivamente esposta al sole e procedete con innaffiature regolari solo quando il letto è asciutto.

Durante la crescita della piantina sarà opportuno recidere gli apici vegetativi con regolari potature, eliminare erbacce ed eventuali parassiti. A parte quella iniziale, coltivare basilico in vaso non implica successive concimature. Il raccolto del basilico avviene generalmente dopo un mese, comunque quando le foglie sono ben sviluppate e di un bel verde intenso.

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Tutto sul mastino tibetano, il cane da montagna considerato il progenitore di tutti i molossoidi

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Il mastino tibetano è un cane da montagna dalle origini quasi leggendarie. Scopriamone caratteristiche, temperamento e abilità in questa guida a lui interamente dedicata.

Il Mastino tibetanoTibetan Mastiff è un grosso cane da montagna di origine tibetana considerato il progenitore di tutti i molossoidi. Questa teoria trae spunto dalle numerose e antichissime citazioni di molti autori illustri, oltre che dalle fattezze primordiali della razza. Il mastino tibetano, infatti, è l’unico a condividere con il lupo – suo progenitore selvatico – il ciclo riproduttivo che nelle femmine è sempre annuale.

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Il primo a citare nei suoi scritti questo possente custode delle greggi è ‘niente poco di meno’ che Aristotele che lo descrive come un feroce incrocio tra cani e lupi. Anche Marco Polo ne fa menzione in alcuni passaggi de ‘Il Milione’. Furono gli esploratori inglesi dell’Ottocento, infine, che lo introdussero in Europa conducendone alcuni esemplari nello zoo cittadino di Londra.

Tra leggenda è realtà, ciò che sappiamo per certo di questa razza canina è la funzione per la quale è stata selezionata dai pastori tibetani, turchi e armeni: dare alle greggi un custode forte e affidabile, in grado di adattarsi alle caratteristiche geografiche, climatiche e culturali dei luoghi che ne hanno visto per prima la comparsa.

Un po’ come il Pastore del Caucaso, il Mastino Spagnolo e il Mastino Abruzzese, anche il Mastino Tibetano è il frutto di questo preciso intento.

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Mastino tibetano carattere

La sua indole schiva e indipendente lo porta ad essere un cane molto discreto in casa. Ama trascorrere la maggior parte del suo tempo in disparte, magari a sonnecchiare, ma sempre pronto a scattare in caso di necessità o al minimo rumore.

Nonostante la sua natura apparentemente solitaria, il Mastino Tibetano è un cane bisognoso del contatto con il padrone e con gli altri membri della famiglia. Con gli estranei è piuttosto diffidente, ma non necessariamente ‘scontroso’, sicuramente poco propenso al gioco.

Viste le sue origini e la sua naturale protezione alla ‘custodia’ dei propri affetti, qualsiasi esemplare di Mastino Tibetano sarà un perfetto guardiano della casa, sicuro ed affidabile con tutti i membri della famiglia, compresi altri animali domestici, di cui si sentirà eternamente responsabile.

Per riuscire nel suo compito reclamerà libertà e indipendenza e spesso indosserà la maschera dello ‘scontroso’ e del burbero, ma la sua fedeltà ripagherà di tutte queste piccole ‘scortesie’.

Mastino tibetano aspetto

Il Mastino Tibetano si caratterizza fin da cucciolo per la sua imponenza e da adulto raggiunge un’altezza media di 66 cm al garrese (61 per le femmine).

Il pelo è foltissimo e sul collo forma una grossa criniera che conferisce al volto un aspetto leonino davvero inconfondibile. La coda è arrotolata sulla schiena, di lunghezza media, dotata di pelo abbondante.

Il muso corto e largo, il naso dritto e gli occhi scuri, profondi che sottolineano lo sguardo sempre serio e severo.

mastino tibetano

La sua possanza è data non solo dalle dimensioni notevoli ma anche dalla struttura ossea forte e dalla muscolatura massiccia, molto sviluppata nella parte anteriore del corpo. Le colorazioni del mantello variano dal fulvo, al nero focato, passando per il nero assoluto, il rosso e in piccola percentuale anche il grigio-blu.

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La robustezza e l’adattabilità di questa razza canina a qualsiasi tipo di ambiente fanno del Mastino Tibetano un cane longevo (14-15 anni), dal metabolismo lento, perfettamente in grado di vivere all’aperto anche tutto l’anno. La tolettatura che richiede è minima.

Mastino tibetano educazione

Iniziamo col dire che se non adeguatamente educato fin dai primi mesi di vita, il Mastino tibetano è un cane diffidente e aggressivo sopratutto verso gli estranei, tanto da arrivare a mordere. Non è adatto ai bambini, per via del suo carattere imprevedibile.

Importante: non è assolutamente un cane d’appartamento.

Soffre, infatti, chiuso tra quattro mura e preferisce un angolo tutto suo in giardino dove sfoggiare la sua fierezza e sfogare la sua energia. Per andare d’accordo con questo’ bestione’ dal carattere scontroso e burbero occorre iniziare un percorso educativo ben preciso sin da cucciolo.

Il piccolo, si fa per dire, tibetan mastiff deve essere manipolato molto perché impari a fidarsi degli esseri umani e cresca con un’inclinazione più spiccata al contatto.

mastino tibetano

Deve capire sin da subito ‘chi comanda’ e spetta al padrone mantenere ben salde le redini del capo-branco sopratutto nel periodo adolescenziale. In questo periodo, il cane (sopratutto i maschi) tende ad imporre il proprio ruolo.

Oltre a queste piccole ma fondamentali accortezze, il fulcro della perfetta educazione di un Mastino Tibetano consiste nella coerenza, nel rispetto delle abitudini.

I molossoidi sono molto abitudinari rispetto alla maggior parte delle razze canine. Devono essere gestiti in maniera costante e ripetitiva, evitando i cambiamenti improvvisi e gli imprevisti.  Queste astuzie, vi permetteranno di domare la sua indole prevaricatrice e stabilire con un lui un rapporto affettivo molto profondo.

SPECIALE: le razze di cani da conoscere assolutamente

Mastino tibetano prezzo

Ricordato, come di consueto, che adottare un cane in un canile è la soluzione migliore, per loro e per noi, ecco alcuni consigli importanti per chi cerca per forza un cucciolo di Mastino tibetano.

Forse non tutti sanno che a detenere il record di cane più costoso del mondo è proprio un esemplare di Mastino Tibetano, e precisamente un mastino rosso, di nome Big Splash.

Questo cucciolo è stato comprato da un milionario cinese per la stratosferica cifra di 10 milioni di yuan pari a 1.1 milioni di euro.

Anche se non così elevato, il prezzo medio per un cucciolo di Mastino tibetano è comunque ragguardevole. Nessun esemplare può essere acquistato a meno di 1.300 euro e in caso si opti per l’acquisto tramite annunci online occorre fare molta attenzione all’assicurazione sulla salute e la purezza della razza.

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Alchemilla: una pianta ricca di proprietà utili in fitoterapia e non solo

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In questo articolo analizzeremo le proprietà e gli utilizzi dell’alchemilla, una pianta dal potere astringente e antisettico, che cura la diarrea ed è impiegata anche in cosmetica per creme adatte a pelli grasse.

Ama i luoghi umidi, i prati di montagna e il sottobosco; cresce sotto forma di cespuglio fino a 40 cm di altezza e, come l’agrimonia, fa parte della grande famiglia delle rosacee: l’alchemilla (alchemilla xanthochlora) è una pianta perenne erbacea particolarmente diffusa nell’Europa centro-occidentale, caratterizzata da un fusto centrale robusto ed eretto e da ampie foglie palmate e dentate, i cui numerosi lobi conferiscono al fogliame un aspetto a ‘ventaglio’ (è conosciuta anche con il nome di ‘ventaglia’).

I fiori sono piccoli, di colore verde-giallognolo, e si sviluppano tra maggio e settembre. L’alchemilla cresce spontaneamente anche se il suo aspetto gradevole la rende perfetta come pianta ornamentale che sopporta le basse temperature e predilige i luoghi semi-ombreggiati e umidi, per questo si ritrova facilmente in montagna.

Da dove viene l’alchemilla

Il nome ‘alchemilla’ deriva dalla parola araba ‘alkemelych’ che non a caso significa ‘alchimia’.

Nel Medio Evo gli si attribuivano infatti dei poteri magici e taumaturgici, tanto che gli alchimisti usavano l’acqua che si raccoglieva sulla superficie delle sue foglie per cercare di creare la fabbricare la pietra filosofale, che si diceva potesse trasformare tutto in oro.

Questo perché la pianta si riproduce per partenogenesi (un modo di riproduzione di alcune piante e animali in cui lo sviluppo dell’uovo avviene senza che questo sia stato fecondato).

Era pure credenza comune che potesse far ritornare la verginità (….)

Le proprietà dell’alchemilla

Già diversi secoli fa, l’alchemilla veniva utilizzata per la cura di emorragie esterne e per combattere il mal di denti. L’alchemilla è ricca di tannini, ellagitannini, fitosteroli, flavonoidi e saponine.

Il suo olio essenziale ha proprietà astringenti, anti-diarroico e sedative, ma è anche un ottimo rimedio naturale per la cura delle infiammazioni e per la prevenzione di diverse infezioni.

L’alchemilla, infatti, è nota sin dall’antichità per le sue proprietà antinfiammatorie e disinfettanti (cute e mucose). In medicina è utilizzata come antisettico ginecologico (topico) mentre i suoi estratti sono impiegati anche in cosmesi per prodotti adatti a pelli grasse o irritate per le sue proprietà cicatrizzanti e astringenti.

Attualmente, l’alchemilla, viene utilizzata per la cura della diarrea e di diverse infiammazioni intestinali, ma anche come antivirale, antibatterico e astringente.

Alchemilla proprietà e utilizzi

Alchemilla proprietà e utilizzi

Fare attenzione quando si assumono farmaci perché l’alchemilla ne altera l’assorbimento. Si trova sotto forma di estratto fluido (dose consigliata 2-3 gr al giorno), di estratto secco dose consigliata 200 mg al giorno), oppure di tintura madre (a 45°). Efficace anche come tisana o macerato.

Per cosa si utilizza l’alchemilla

Dell’alchemilla si utilizzano soprattutto il fusto e le foglie. Essendo commestibili, queste ultime trovano impiego culinario nell’arricchimento di insalate, mentre allo stato secco possono essere utilizzate per la preparazione di un ottimo tè e tisane.

Vi proponiamo un infuso a base di foglie secche di alchemilla per calmare i dolori mestruali, che si prepara con:

  • 2-4 gr (3-4 cucchiaini) di foglie secche di alchemilla
  • 150 ml di acqua

Preparazione. In acqua molto calda mettete a macerare le foglie secche di alchemilla dopo averle macinate fini con un  tritatutto. Filtrate dopo 10 minuti di infusione. Assumete fino tre volte al giorno tra un pasto e l’altro, è l’ideale per attenuare i dolori mestruali.

La curiosità: l’alchemilla è nota anche come erba di stella o di erba ventaglina per la caratteristica forma delle sue foglie.

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Le tipiche foglie “a ventaglio” dell’alchemilla in una bella foto d’archivio.

Qualche approfondimento utile

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Ti segnaliamo infine la nostra selezione di libri e prodotti che parlano relativi all’alchemilla che si possono ordinare online.

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