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La guida completa alle piante ornamentali: tutto quello che serve per abbellire uno spazio verde

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Le piante ornamentali raggruppano, per definizione, le erbacee, gli arbusti, i cespugli, le rampicanti e le piante da vaso sempreverdi, caduche, tropicali, da fiore e da frutto, che per caratteristiche, aspetto e peculiarità colturali si prestano all’abbellimento degli spazi verdi. Queste piante comprendono un vasto genere di essenze e varietà, appartenenti ai più disparati gruppi botanici.

La loro funzione principale è quella di rendere esteticamente più gradevoli giardini, viali, terrazzi e balconi, ma molte tipologie di piante ornamentali vivono bene anche in casa e sono perfette come piante da appartamento.

Conosciamole meglio e scopriamo in base a quali fattori sceglierle e come curarle.

Piante ornamentali: elenco e classificazione

Le piante ornamentali si suddividono principalmente in base a questi fattori specifici:

Come è facile intuire l’elenco che le racchiude è davvero sterminato, specie se all’interno di esso facciamo ricadere anche le varietà tropicali e subtropicali e le orchidee, piante ornamentali per eccellenza. Non è facile, dunque, ascriverle in un’unica categoria, ma di sicuro è possibile individuare quelle che per caratteristiche ed esigenze si adattano meglio alle condizioni ambientali e climatiche in cui desideriamo inserirle.

Alcune, inoltre, saranno più o meno funzionali al raggiungimento di una finalità estetica. Oltre la tipologia, infatti,queste piante dovranno essere scelte per determinate necessità, quali:

  • tipo di messa a dimora;
  • temperatura;
  • esposizione;
  • tipo di terreno;
  • umidità.

La conoscenza dei periodi migliori per la concimazione, la potatura e il corretto apporto idrico, faranno sì che possiate prevenire anche l’insorgere di malattie e attacchi parassitari. Dunque, è bene informarsi accuratamente presso un vivaista o un garden center affidabile prima di procedere all’acquisto.

Ficus Benjamin

Il ficus benjamin

Piante ornamentali da appartamento

Oltre a trattenere l’umidità, purificare l’aria di casa e abbellire gli ambienti, molte piante da appartamento sono anche facili da coltivare e non richiedono particolari cure o abilità specifiche di giardinaggio. Ma vediamo nel dettaglio alcuni esempi.

Ficus (Ficus)

È una sempreverde originaria delle foreste pluviali tropicali, dunque il suo ambiente ideale è sicuramente in casa visto che mal sopporta le temperature sotto i 15°C.  Oltre alla resa estetica, il ficus è considerato una delle piante migliori contro l‘inquinamento domestico, perché assorbe la formaldeide, emessa da molti materiali d’arredamento. Non produce né fiori né frutti.

Yucca (Iucca)

La Yucca è una pianta ornamentale sempreverde appartenente alla famiglia delle Agavaceae. Possiede un tronco legnoso alla cui sommità spunta un ciuffo di foglie molto lunghe e appuntite che ricordano vagamente l’Agave, pianta appartenente alla medesima famiglia. Molto diffusa come pianta da appartamento, produce infiorescenze a forma di pannocchie, con fiori a campanula bianchi o cremisi.

Gradisce una posizione ben soleggiata e annaffiature abbondanti in estate. La Yucca è anche nota per le sue tante proprietà benefiche.

Spatifillo (Spathiphyllum)

Nonostante la’assenza di fusto, lo spathiphyllum può raggiungere un metro di altezza e regalare bellissime fioriture a ‘spata’ che la rendono perfetta come pianta ornamentale da interno. Richiede pochissime cure e tende ad adattarsi a qualsiasi tipo di ambiente purché goda di una buona quantità di luce, di acqua e di un terriccio ben drenato.

In generale, l’unica accortezza da seguire per avere una pianta sana e forte è quella di eliminare le foglie rovinate e i fiori appassiti per prevenire ristagni idrici e muffe.

Piante ornamentali da giardino

Rendere più vivace, allegro e suggestivo un piccolo spazio verde o un grande giardino è sicuramente il sogno di tutti gli amanti del giardinaggio. La scelta delle piante ornamentali per raggiungere questo risultato è sicuramente infinita: tra piante arbustive, alberelli, cespugli e piante da fiore c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Per coltivare queste essenze con successo, sarà fondamentale valutare bene le condizioni climatiche, le modalità di esposizione alla luce del sole, la tipologia del terreno in cui verranno messe a dimora e la vicinanza di altre piante.

Bosso (Buxus semperviren)

Il Bosso è un arbusto da siepe sempreverde appartenente alla famiglia delle Buxaceae. Molto apprezzato da chi pratica il giardinaggio, si presta ad ogni tipo di potatura, dando la possibilità di creare forme diverse con la sua folta chioma.

I fiori sbocciano a primavera, sono gialli e profumati e si radunano in grappoli. Successivamente compaiono i frutti, dalla forma di piccole capsule legnose. Questa pianta ornamentale trova il suo habitat naturale nei giardini.

Ama il terreno alcalino, secco e ben drenato. Riesce a sopravvivere anche nelle zone rocciose, essendo una specie rustica.

Calicanto (calicanthus)

Il Calicanto è un arbusto che dona fioriture precoci di colore giallo-zolfo da dolce profumo mielato. I fiori sbocciano in inverno, quando le temperature sono ancora rigide, e compaiono ancor prima che il fogliame ruvido faccia la sua comparsa sui rami nudi.

Non a caso, il suo nome in greco significa “Fiore d’inverno”. Si tratta di una pianta poco esigente, adatta alla coltivazione in giardini a bassa manutenzione, perfetta per rallegrare siepi miste. Non si ammala facilmente e non richiede potature regolari.

Viburno (Viburnum thinus)

Il Viburno è un arbusto rustico che si adatta perfettamente sia a climi caldi che freddiNon richiede potature, ha pochissime esigenze colturali e può crescere rigoglioso in autonomia. È la pianta ideale per costruire siepibarriere o pareti vegetali. I suoi fiori sono bianchi raggruppati in mazzetti.

Le specie caduche fioriscono in primavera, mentre quelle sempreverdi anche in autunno. Coltivare il Viburno è semplice: questa pianta resistente al caldo, alla siccità e anche alle escursioni termiche. Non soffre l’attacco di particolari parassiti ed è perfetta per proteggere bulbose e specie arbustive più delicate.

Piante ornamentali da balcone

Chi non possiede un piccolo fazzoletto di terra o un giardino per coltivare le sua piante ornamentali preferite può dedicarsi alla coltivazione delle varietà da balcone. Alcune piante, infatti, ben si adattano a questa ambientazione, che tra i tanti vantaggi ha anche quello di essere più riparata e adatta alla cura di molte essenze da fiore, da frutto e rampicanti.

Il consiglio, come sempre, è valutare bene le specie selezionate in base all’esposizione del vostro balcone e alle temperature medie. Poche, semplici accortezze vi consentiranno di ottenere un balcone dall’aspetto davvero invidiabile! Tra le piante da fiore adatte al balcone più diffuse e apprezzate, troviamo:

  • Nasturzio, adatto per chi ama i colori accesi. La fioritura varia dal giallo al rosso all’arancio.
  • Ortensie , ottime per chi vuole una pianta davvero semplice da curare.
  • Gelsomino rampicanteLa varietà ricospermum jasminoides, il falso gelsomino, è forse quella più adatta al balcone. Ama il sole diretto e a maggio regala profumati fiori bianchi.
  • LobeliaAppesa, crea un bellissimo effetto a cascata con i suoi di fiori azzurri e viola.
  • Gigli. Sono tra le specie a fioritura più ricca che ben si adattano tra arbusti e piante perenni.
  • Begonie . Una specie molto apprezzata è la begonia tuberhybrida che fiorisce da giugno a novembre.
  • Dalia. Garantisce una copertura da luglio a novembre e si adatta sia alle fioriere che ai vasi.
  • Primule e violette sono note per i loro fiori dai colori vivaci.

piante ornamentali

Piante ornamentali profumate

Se oltre l’impatto estetico invidiabile sognate di ottenere anche un giardino o un balcone dai profumi inebrianti, alcune piante ornamentali dalle fioriture profumatissime esaudiranno senz’altro questo desiderio.

Il segreto è avere molta cura nella progettazione dello spazio da coltivare, selezionare le piante più adatte al clima e al terreno, mettere a dimora nei periodi giusti le piante giuste, tenendo conto dei cicli di fioritura. Questo vi permetterà di avere un giardino o un terrazzo fiorito e profumato praticamente tutto l’anno.

Rosa

Il mese di maggio è il periodo dell’anno in cui fioriscono le regine dei giardini: le rose. Tra le varietà più belle e odorose che sbocciano copiosamente in questo mese ci sono alcune varietà di rose antiche, come la Madame Louis Lévèque, e varietà più moderne come la Rosarium la cui fioritura prosegue anche in giugno. Per coltivare rose stupende non perdetevi la nostra guida pratica.

Lillà

I lillà sono piante arbustive rustiche e resistenti che non necessitano di particolari attenzioni o tecniche colturali complesse. In generale, hanno bisogno di una buona terra da giardino, anche calcarea ed esposizioni in pieno soleIn giardino, i lillà possono essere coltivati da soli, in gruppo o in siepi libere.

Si possono creare stupendi effetti cromatici abbinando ai lillà arbusti fioriferi come la weigelia, la clematide o il viburno. Le fioriture compaiono da aprile a maggio e sono abbondanti, odorosissime e riunite in grappoli.

Mimosa

La mimosa è una pianta ornamentale notoriamente associata alla festa della donna. Appartenente alla famiglia delle Fabaceae ed è un arbusto originario dell’Australia, nello specifico della Tasmania.

In primavera produce fiori gialli dal profumo intenso che si sviluppano in pannocchie morbide piene di capolini dorati. Questa pianta dal portamento arbustivo può raggiungere altezze fino a 10 metri.

Piante ornamentali resistenti al freddo

Alcune piante ornamentali si dimostrano molto resistenti al freddo e alle basse temperature e ben si adattano ad essere coltivate in esterno anche nelle regioni climatiche più rigide. Sono molto decorative, non temono le gelate invernali ed essendo così “tenaci” sono anche rustiche e facili da coltivare. Conosciamone alcune.

Pervinca (Vinca minor)

Si tratta di una pianta erbacea sempreverde che cresce anche spontanea in diverse zone d’Italia. La si incontra facilmente ai bordi delle strade e nei sottoboschi. Il suo sviluppo è tappezzante e nei giardini viene utilizzata per realizzare bordure decorative. Da maggio ad agosto regala splendide fioriture rosa e azzurre e durante la stagione più fredda non teme affatto i rigori invernali.

Forsizia 

La forsizia è una pianta dall’inconfondibile fioritura gialla, bianca, rosa o rossa. La si riconosce facilmente perché è in grado di fiorire a fine inverno, anche con la neve e le temperature ancora basse.

Grazie al suo portamento arbustivo, il fogliame e la rusticità, la Forsizia è una delle piante più utilizzate nei giardini invernali. Si tratta di una pianta molto rustica e resistente che per crescere vigorosa e forte ha bisogno di un terreno ben drenato, una buona esposizione alla luce del sole e qualche potatura periodica.

Mahonia

La Mahonia è un arbusto sempreverde noto per la sua rusticità. Resiste sia al freddo che al caldo e difficilmente viene attaccato dai parassiti. Per queste ragioni è molto apprezzata come pianta ornamentale per la sua folta chioma e per i suoi fiori gialli e profumati che sbocciano dall’inizio della primavera fino all’autunno.

Si utilizza sia come cespuglio in solitaria o come arbusto da siepe. Per crescere bene ha bisogno di un luogo soleggiato o a mezzombra.

piante ornamentali

I bei fiori gialli della Mahonia

Piante ornamentali sempreverdi

Bignonia

Molto semplice da coltivare, questa pianta rampicante sempreverde rallegra pareti verdi e pergolati con le sue foglie di un bel verde brillanteDa giungo a settembre dona anche coreografiche fioriture nei colori rosso e arancio intenso. I suoi fiori a trombetta attirano farfalle e insetti impollinatori e altri animaletti.

La specie più diffusa in Italia è la Campsis radicans, di origine Americana, che produce grandi fiori arancioni.

Ginepro

Oltre alle famosissime bacche ricche di principi naturali benefici, il ginepro è anche un arbusto sempreverde rustico utilizzato nei giardini o sui terrazzi per decorare e rallegrare gli spazi verdi. Molto decorativo e coreografico grazie alle sue bacche violacee, il ginepro ha un’unica esigenza: non essere esposto a temperature inferiori allo zero, sopratutto quando la pianta è giovane.

La varietà nana può essere coltivata anche in vaso come bonsai.

Erica

Come le altre piante sempreverdi, l’Erica è utilizzata per tappezzare terrazzi e giardini e per abbellire il terrazzo con le sue splendide e durature fioriture che avvengono in autunno-inverno. Esistono più di 700 specie diffuse in ogni parte del Mondo, soprattutto in Europa.

I fiori sono piccole campanule raggruppate in spighe o grappoli e di colore lilla, bianco o rosato.

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6 ricette di biscotti al cocco facili da preparare che metteranno d’accordo tutti

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I biscotti al cocco sono un dessert facili da preparare e sfizioso, adatto a tante occasioni e capaci di mettere d’accordo tutti.

Come sappiamo, il cocco è un ingrediente della cucina naturale molto versatile e oltre ad essere squisito fresco si presta a tanti utilizzi e preparazioni diverse. In un’altra guida abbiamo visto come preparare una fantastica torta al cocco per la merenda e la prima colazione.

Ma c’è anche la ricetta della panna di cocco (perfetta per chi segue un regime alimentare vegano), e tutti i derivati di questa alimento: la farina di cocco, lo zucchero di cocco e il latte. Vediamo adesso la ricetta facile e veloce per preparare i nostri biscotti e tutte le varianti possibili.

Biscotti al cocco: ricetta facile

La versione di questi biscotti che vi suggeriamo di sperimentare è quella più semplice e classica. Riprodurla nella vostra cucina sarà un gioco da ragazzi e impiegherete davvero poco tempo per sfornare dei biscotti profumatissimi e leggeri.

Cosa ancora più importante, questa ricetta vi permetterà di esaltare il sapore del cocco e gustarlo in tutta la sua naturale bontà. Ecco gli ingredienti e i consigli pratici per la preparazione.

Ingredienti (circa 20 biscotti):

  • 180 grammi di farina 00;
  • 100 grammi di burro;
  • 1 uovo;
  • 60 grammi di zucchero di cocco;
  • 50 grammi di cocco rapè;
  • 8 grammi di lievito istantaneo per dolci;
  • 1/2 cucchiaino di sale;
  • latte intero (quando basta per stemperare l’impasto)

Preparazione

  • Formate una fontana con le farine ben amalgamate e lavorate al centro gli ingredienti a cominciare dalle uova, lo zucchero e il burro fuso tiepido.
  • Aggiungete un pizzico di sale e mezza bustina di lievito istantaneo vanigliato per dolci. Impastate velocemente fino ad ottenere un bel panetto compatto e stendetelo con il mattarello tra due fogli di carta forno.
  • Dovrete ottenere una sfoglia di circa mezzo centimetro di spessore dalla quale preleverete i biscotti ritagliati con un coppa-pasta o una formina apposita.
biscotti al cocco

Semplici e buonissimi: i biscotti al cocco appena sfornati sono l’ideale per la merenda, il tè o la prima colazione.

  • Per ottenere una ventina di biscotti la dimensione di ognuno dovrà essere di circa 5 cm.
  • Trasferite i biscotti così ottenuti su una teglia foderata, cospargetene la superficie con una spolverata di farina di cocco e cuocete per 10 minuti a 180°C  in forno statico.

Una volta dorati, togliete la teglia dal forno e lasciate raffreddare a temperatura ambiente.

Biscotti al cocco e cioccolato

I biscotti al cocco possono diventare ancora più golosi se ricoperti con il cioccolato fondente. In questa versione, sono perfetti per accompagnare il classico pomeridiano con le amiche, ma anche al mattino davanti ad una fumante tazza di caffè-latte.

Friabili, leggeri e gustosi, piacciono ai grandi e ovviamente anche ai bambini. Per realizzarli occorrono semplici ingredienti e nessuna abilità particolare da pasticceri provetti. Insomma, sono facilissimi da fare e ancora di più da mangiare! Ecco la ricetta con le istruzioni passo passo.

Ingredienti

  • 120 grammi di cocco rapè o farina di cocco;
  • 340 grammi di farina 00;
  • 1/2 cucchiaino di sale;
  • 110 grammi di zucchero (meglio se di canna);
  • 150 grammi di burro di frigo;
  • 8 grammi di lievito istantaneo per dolci (mezza bustina);
  • 2 uova medie;
  • 100 grammi di cioccolato extra-fondente.

Preparazione

  • Per preparare queste delizie al cocco e cioccolato, formate una fontana con la farina di cocco al centro della quale lavorerete a mano le uova con il burro freddo a pezzetti, lo zucchero e un pizzico di sale.
  • Dopo aver amalgamato questi ingredienti, unite il lievito e lavorate velocemente l’impasto. Dovrete ottenere un panetto morbido ma compatto, elastico quanto basta per essere manipolato con facilità su una spianatoia.
  • Dividete la palla di impasto in 4 parti e con ognuna di essere formate dei filoncini arrotolati di circa 2 cm di diametro.
  • Tagliate i salsicciotti in più pezzi da circa 8 cm di lunghezza. In questo modo dovreste ottenere una quarantina di biscotti a forma di sigaro.
  • Disponeteli ben distanziati su una teglia foderata con carta forno e cuocete in forno statico preriscaldato a 190°C per 15 minuti.
  • Nel frattempo, preparate la fonduta di cioccolato che utilizzerete per ricoprire i biscotti al cocco. Il cioccolato ridotto in pezzetti può essere facilmente fuso in pochi minuti nel microonde o a bagnomaria. In alternativa, potete utilizzare del cioccolato bianco.
  • Sfornate i biscotti e una volta tiepidi bagnate un’estremità nella fonduta di cioccolato e lasciate raffreddare in frigorifero per almeno mezzora.

Biscotti al cocco light: la ricetta senza burro e uova

La versione “light” della ricetta dei biscotti al cocco, non prevede l’uso di uova e burro. Questi due ingredienti, per quanto importanti, si possono facilmente sostituire con alternative più salutari, ma ugualmente gustose. Quella che vi proponiamo, dunque, è una variante ideale per chi deve stare attento alla linea, ma anche per gli intolleranti alle uova, al glutinevegetariani e vegani. Ecco di seguito i suggerimenti per realizzarla.

Ingredienti

  • 250 grammi di farina di riso;
  • 100 grammi di farina di cocco;
  • 30 ml di olio di semi di girasole;
  • 100 grammi di zucchero di canna;
  • 60 grammi di gocce di cioccolato;
  • mezza bustina di cremor tartaro;
  • latte vegetale q.b.

Preparazione

  • Mixate la farina di riso, quella di cocco e lo zucchero. Aggiungete anche il cremor tartaro e continuate a mescolare con una frusta.
  • Incorporate anche l’olio di semi e il latte vegetale fino ad ottenere un impasto omogeneo. Unite anche le gocce di cioccolato e mescolate un’ultima volta. A questo punto il vostro impasto dovrebbe essere leggermente appiccicoso ma comunque lavorabile a mano.
  • Prelevatene un po’ alla volta e formate delle palline che schiaccerete lievemente al centro. Sistemate tutti i biscotti così ottenuti su una teglia e cuocete a forno statico a 180° C per 15 minuti.
  • Una volta freddi, potreste guarnirli con una spolverata di scaglie di cocco essiccate.
biscotti al cocco morbidi

Ciuffetti di cocco al forno per biscotti morbidi e delicati

Biscotti al cocco morbidi

Se preferite la versione morbida dei biscotti al cocco, vi occorreranno solo 3 ingredienti per riuscire a sfornarne di ottimi, ovviamente con il cocco che fa la parte del protagonista. Una sacca-poche con bocchetta a stella e il gioco è fatto!

Ingredienti

  • 150 grammi di cocco rapè;
  • 120 grammi di zucchero semolato;
  • 3 albumi freddi di grandi dimensioni.

Preparazione

  • Il procedimento è ancora più semplice delle precedenti ricette. Unite tutti gli ingredienti in una terrina e mescolate per bene fino ad amalgamarli completamente.
  • Trasferite l’impasto morbido così ottenuto in una sacca-poche da 15 mm e formate dei ciuffetti da circa 20 grammi ciascuno, posizionandoli direttamente su una teglia da forno foderata. In questo modo, dovreste ottenere circa 18-20 biscottini.
  • Cuocete in forno ventilato a 200° per 10 minuti fino a doratura. Sfornate e lasciate raffreddare. Più che dei biscotti, porterete in tavola dei pasticcini al cocco dal cuore tenero.

Biscotti al cocco senza glutine e senza zucchero

Farina di cocco al posto della farina tradizionale e stevia anziché zucchero. I biscotti al cocco senza zucchero e senza glutine sono semplici da preparare e conservano tutto il gusto e la genuina bontà della ricetta originale. I celiaci dovranno solo assicurarsi di utilizzare farina di cocco purissima, lavorata in ambienti non contaminati, meglio ancora se biologica. Per prepararli vi occorrerà:

  • 250 grammi di farina di cocco;
  • 40 grammi di stevia;
  • 4 albumi freddi.

Preparazione

  • Mescolate in una terrina la farina di cocco e la stevia.
  • Incorporate anche gli albumi e impastate fino ad ottenere un panetto sodo. Staccate dall’impasto delle palline grandi quanto una noce e adagiatele su una teglia o in stampini da muffin.
  • Fate cuocere in forno caldo a 180° C per 25 minuti, fino a doratura. Lasciate raffreddare i biscotti prima di mangiarli e … buon appetito!

Biscotti al cocco vegan

Se la nostra ricetta dei biscotti al cocco senza uova e burro non ha soddisfatto pienamente la vostra voglia di cocco in versione “veg”, eccone un’altra che potrebbe piacervi ancora di più. Come per le altre, gli ingredienti sono di facile reperibilità e i biscotti sono davvero facili da realizzare direttamente a casa e in pochi minuti.

Uno snack niente male per accontentare la voglia di dolcezza in qualsiasi momento della giornata.

Ingredienti

  • 150 grammi di farina 00;
  • 50 grammi di farina di cocco;
  • 50 ml di olio di semi di girasole;
  • 70 ml di acqua;
  • 1/2 bustina lievito istantaneo per dolci;
  • 50 grammi di zucchero;
  • 50 grammi di gocce di cioccolato fondente;
  • 1 bustina di vanillina.

Preparazione

  • Unite in una ciotola abbastanza capiente le farine con lo zucchero, il lievito e la vanillina. Aggiungete anche l’olio di semi e l’acqua e amalgamate bene fino ad ottenere un impasto omogeneo.
  • Aggiungete le gocce di cioccolato e mescolate ancora una volta. Formate con le mani infarinate dei biscotti di 1-2 cm circa e poneteli su una teglia rivestita con carta-forno.
  • Cuocete a 180° C per circa 20 minuti. Ecco pronti da gustare dei biscotti al cocco vegani buonissimi.

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Additivi alimentari, si o no? Dipende da quali e dalla quantità: ecco come orientarsi

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Gli additivi alimentari sono sostanze impiegate nell’industria alimentare durante la preparazione, lo stoccaggio e la commercializzazione degli alimenti destinati al consumo umano. Il loro utilizzo è finalizzato principalmente alla conservazione, edulcorazione e colorazione dei cibi.

Nei Paesi appartenenti all’UE, queste sostanze sono identificate sulle etichette alimentari con una sigla preceduta dalla lettera “E”. La presenza di additivi alimentari, infatti, deve essere indicata per legge tra gli ingredienti degli alimenti. Le etichette, inoltre, devono riportare sia la funzione dell’additivo impiegato che la sostanza specifica utilizzata.

Gli additivi più più comunemente impiegati dall’industria alimentare sono antiossidanti, coloranti, emulsionanti, stabilizzanti, gelificanti, addensanti, conservanti e dolcificanti.

Ma vediamo nel dettaglio cosa sono, quali è bene evitare e come distinguere gli additivi alimentari naturali da quelli artificiali o potenzialmente tossici.

Additivi alimentari: cosa sono

Anche se sono quasi irrilevanti dal punto di vista quantitativo, gli additivi alimentari possono essere decisivi per valutare l’aspetto salutistico e qualitativo di un prodotto. Citando testualmente la definizione riportata nella Direttiva del Consiglio 89/107/CEE, sappiamo che è considerato “additivo alimentare”:

“Qualsiasi sostanza che aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o immagazzinamento degli alimenti, si possa ragionevolmente presumere che diventi un componente di tali alimenti”.

In altre parole, si tratta di sostanze “addizionate” alla superficie o alla massa dei cibi per migliorare, esaltare o conferire determinate caratteristiche del prodotto finito. I coloranti, per esempio, per imprimere una colorazione uniforme e più “appetibile”; gli addensanti per migliorarne la consistenza; gli antiossidanti per preservarne la freschezza e così via.

Gli additivi alimentari fanno male?

La tossicità degli additivi alimentari, specie quelli di sintesi chimica, è uno degli argomenti più discussi e controversi in ambito medico e alimentare. Alla domanda sull’effettiva pericolosità di alcuni additivi, la risposta è “dipende”. Nella maggior parte dei casi, infatti, la quantità è il fattore determinante.

L’Unione Europea ha stabilito una dose giornaliera massima per ogni additivo alimentare. In caso di abuso, gli effetti collaterali più comuni sono emicrania, allergie, patologie intestinali, iperattività. Un altro moltiplicatore di pericolosità di queste sostanze è rappresentato dall’effetto combinato e dall’interazione con alcuni alimenti.

Un esempio lampante sono le nitrosammine, sostanze cancerogene formate dalla combinazione di nitrati e ammine già presenti negli alimenti.

additivi alimentari

Non si vedono, ma sono presenti (quasi) ovunque: gli additivi alimentari

Additivi alimentari pericolosi

Associazioni, ambientalisti ed esperti di tutto il Mondo hanno stilato un elenco delle sostanze additive più sospette, anche se non riconosciute ufficialmente come “pericolose”. Eccole di seguito:

  • Nitriti e nitrati: legandosi con le ammine durante le lavorazioni delle carni o nell’intestino umano, possono dare le nitrosammine, sostanze giudicate cancerogene dall’International Agency for the Reasearch on Cancer (IARC).
  • Bromato di potassio (pane e cracker): è classificato dallo IARC come probabile cancerogeno.
  • Propyl Parabene: come conservante utilizzato nei prodotti da forno, è un contaminante ubiquitario.
  • Idrossianisolo butilato o BHA: probabile cancerogeno. L’Unione Europea lo considera un distruttore endocrino pericoloso. Viene utilizzato nelle patatine fritte e in altri cibi grassi come conservante ed esaltatore di sapidità.
  • Idrossitoluene butilato o BHT: secondo l’EFSA è causa di tumori del fegato e del polmone negli animali, ed è un probabile distruttore endocrino.
  • Propil gallato: conservante per salse, è un presunto distruttore endocrino e un cancerogeno.
  • Teobromina: componente naturale del cioccolato usato come additivo nel pane, nei cereali e nelle bibite per sportivi.  Possibili effetti negativi sullo sviluppo e sulla riproduzione.
  • Coloranti artificiali: il 4-metil-imidazolo o il 4-MEI, vietato in Europa perchè potenzialmente cancerogeno.
  • Diacetile: alternativa del burro nei popcorn per microonde, è associato a gravi malattie respiratorie.
  • Fosfati: aumentano il rischio cardiovascolare.
  • Alluminio: stabilizzante associato a disturbi nello sviluppo e a malattie neurodegenerative. Tende ad accumularsi in tessuti e ossa, ed è neurotossico.

Altri additivi ritenuti sospetti o da evitare, sono:

  • aspartame
  • saccarina
  • oli vegetali bromurati
  • glutammato monosodico
  • sciroppo di fruttosio
  • parabeni
  • anidride solforosa
  • butilidrossianisolo E20( BHA )
  • solfito di sodio
  • olio vegetale parzialmente idrogenato
  • azodicarbonammide

Classificazione

Gli additivi sono classificati in base alla loro funzione. Essi possono essere divisi in 3 grandi gruppi:

  • additivi che aiutano a preservare la freschezza degli alimenti;
  • che migliorano le caratteristiche sensoriali degli alimenti;
  • additivi tecnologici (facilitano la lavorazione degli alimenti).

Come abbiamo visto, la presenza di additivi nei prodotti alimentari è indicata sulle etichette da alcune sigle e cifre. Il codice che serve ad identificarli di solito è la lettera E seguita da un numero di identificazione. Esistono diverse modalità di classificazione, ma al più semplice è la seguente:

  • E100-E199 (coloranti)
  • E200-E299 (conservanti)
  • E300-E399 (antiossidanti e regolatori di acidità)
  • E400-E499 (addensanti, stabilizzanti e emulsionanti)
  • E500-E599 (regolatori di acidità e antiagglomeranti)
  • E600-E699 (esaltatori di sapidità)
  • E950-E969 per i dolcificanti
  • E900-E909 per le cere
  • E910-E919 per le glasse
  • E920-E929 per gli agenti ausiliari
  • E930-E949 per i gas di confezionamento
  • E990-E999 per gli schiumogeni
  • E1100-E1599 per tutte le altre sostanze.

Additivi alimentari naturali

Oltre alla funzione specifica per la quale vengono impiegati, gli additivi alimentari possono essere suddivisi in base alla loro origine. Di fatto, si definiscono “naturali” gli additivi derivanti da estratti vegetali/animali/minerali o anche di sintesi chimica di sostanze presenti in natura.

Un altro gruppo sono gli additivi di sintesi chimica che in natura non sono presenti e che sono creati in laboratorio con sintesi artificiale dell’uomo.

Esempi

Tra gli edulcoranti o additivi aromatici naturali più utilizzati per migliorare il sapore dei prodotti alimentari,troviamo:

Spesso capita di avere a che fare con la dicitura “aromi naturali di …“. In questo caso siamo di fronte ad una sostanza costituita per il 95% da una sostanza naturale (per esempio l’aroma di fragola o di limone).

Additivi alimentati artificiali

Gli additivi alimentari ottenuti per sintesi chimica a partire da sostanze non presenti in natura, sono detti “artificiali“. Tra gli additivi alimentari sintetici molto discussi c’è l’aspartame, dolcificante usato nei prodotti definiti “light” o dietetici e in una nota bevanda. Senza dimenticare anche il glutammato di sodio, un esaltatore di sapidità presente in tantissimi prodotti industriali lavorati un tempo molto chiacchierato.

Senza glutine

Prima di essere impiegati, tutti gli additivi alimentari devono essere testati e autorizzati dall’EFSA  (Autorità europea per la sicurezza alimentare). Di norma, queste sostanze sono prive di glutine, dunque adatte anche al consumo da parte di soggetti celiaci.

Nel caso gli additivi impiegati contengano glutine, essi devono essere espressamente indicati come previsto dal regolamento sull’etichettatura dei prodotti contenenti allergeni.

Gli additivi alimentari e Ministero della Salute

In Italia l’uso degli additivi è una pratica disciplinata dal Ministero della Sanità attraverso il D.M. 31.3.1965 che è allineata alle direttive dettate dalla Comunità Europea.

In Europa il controllo sulla sicurezza degli additivi alimentari è gestito dallo SCF (Scientific Committee for Food), ovvero il Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana della Commissione Europea. Questo organismo collabora a livello internazionale con il JECFA (Joint Expert Committee on Food Additives), con la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e con l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Elenco

Di seguito, potete leggere l’elenco completo degli additivi alimentati più utilizzati e divisi per tipologia, con indicazioni sui tipi da evitare perché potenzialmente pericolosi o dubbi (Fonte: Albanesi.it):

Coloranti

  • E100 Curcumina
  • E101 Riboflavina (vitamina B2)
  • E120 Cocciniglia (acido carminico)
  • E140 Clorofilla
  • E141 Clorofilla
  • E150 Caramello E150a-b-c-d
  • E160 Betacarotene (provitamina A) e derivati
  • E161 Luteina (E161b) Cantaxantina (E161g)
  • E162 Rosso barbabietola, betaina
  • E163 Antociani
  • E160d Licopene

Coloranti da evitare

  • E102 Tatrazina
  • E123 Color amaranto
  • E127 Eritrosina
  • E104 Colore giallo
  • E128 Rosso 2G
  • E131 Blu patentato V

Conservanti

  • E200 Acido sorbico
  • E202 Sorbato di potassio
  • E203 Sorbato di calcio
  • E260 Acido acetico
  • E261 Acetato di potassio
  • E262 Acetati di sodio
  • E263 Acetato di calcio
  • E270 Acido lattico
  • E290 Anidride carbonica

Conservanti da evitare

  • E210 Acido benzoico
  • E211 Benzoato di sodio
  • E212 Benzoato di potassio
  • E213 Benzoato di calcio
  • E214 p-idrossibenzuato d’etile
  • E215 Etil-p-idrossibenzoato di sodio
  • E216 p-idrossibenzoato di propile
  • E217 Propil-p-idrossibenzoato di sodio
  • E218 p-idrossibenzoato di metile
  • E219 Metil-p-idrossibenzoato di sodio
  • E220 Anidride solforosa
  • E221 Solfito di sodio
  • E222 Sodio bisolfito
  • E223 Metabisolfito di sodio
  • E224 Metabisolfito di potassio
  • E225 Metabisolfito di calcio
  • E226 Solfito di calcio
  • E227 Calcio bisolfito
  • E228 Potassio solfito acido
  • E230 Bifenile, difenile
  • E231 Ortofenilfenolo
  • E232 Ortofenilfenolo sodico
  • E233 Tiabendazolo
  • E235 Natamicina
  • E239 Esametilentetramina
  • E242 Dimetildicarbonato
  • E249 Nitrito di potassio
  • E250 Nitrito di sodio
  • E251 Nitrato di sodio
  • E252 Nitrato di potassio

Antiossidanti

  • E300 Acido ascorbico
  • E301 Ascorbato di sodio
  • E302 Ascorbato di calcio
  • E304 Palmitato di ascorbile
  • E306 Estratto ricco in tocoferolo
  • E307 Alfatocoferolo
  • E308 Gammatocoferolo
  • E309 Deltatocoferolo
  • E322 Lecitina di soja

Antiossidanti da evitare

  • E310 Gallato di propile
  • E311 Gallato di d’ottile
  • E312 Gallato di dodecile
  • E315 Acido eritorbico
  • E316 Eritorbato di sodio
  • E320 Butilidrossianisolo e butilidrossitoluolo
  • E321 (nei chewing-gum superando 1 pacchetto al giorno)

Correttori di acidità

  • E325 Lattato di sodio
  • E326 Lattato di potassio
  • E327 Lattato di calcio
  • E330 Acido citrico
  • E331 Citrati di sodio
  • E332 Citrati di potassio
  • E333 Citrati di calcio
  • E334 Acido tartarico
  • E335 Tartrato di sodio
  • E336 Tartrato di potassio
  • E337 Tartrati di sodio e potassio
  • E375 Niacina

Correttori di acidità da evitare

  • E338 Acido fosforico (penalizza l’assimilazione di calcio)
  • E339 Fosfato di sodio
  • E340 Fosfato di potassio
  • E341 Fosfato di calcio
  • E350 Malati di sodio
  • E351 Malati di potassio
  • E352 Malati di calcio
  • E353 Acido metatartarico
  • E354 Tartrato di calcio
  • E355 Acido adipico
  • E356 Adipato di sodio
  • E357 Adipato di potassio
  • E363 Acido succinico
  • E380 Citrato triammonico
  • E385 EDTA
additivi alimentari

Additivi alimentari, si o no? La risposta dipende principalmente dalla quantità

Addensanti, gelificanti, emulsionanti, stabilizzanti

  • E400 Acido alginico
  • E401 Alginato di sodio
  • E402 Alginato di potassio
  • E403 Alginato d’ammonio
  • E404 Alginato di calcio
  • E405 Alginato di 1.2 propandiolo
  • E406 Agar-agar
  • E407 Carragenina
  • E410 Farina di semi di carrube
  • E412 Gomma di guar
  • E413 Gomma adragante
  • E414 Gomma d’acacia (gomma arabica)
  • E415 Gomma di xanthan
  • E416 Gomma di karaya
  • E417 Gomma di tara
  • E418 Gomma di gellano
  • E420 Sorbitolo
  • E421 Mannitolo
  • E422 Glicerolo
  • E431 Stearato di poliossietilene
  • E432 Monolaurato di poliossietilensorbitano
  • E433 Monooleato di poliossietilensorbitano
  • E434 Monopalmitato di poliossietilensorbitano
  • E435 Monostearato di poliossietilensorbitano
  • E436 Tristearato di poliossietilensorbitano
  • E440 Pectine
  • E442 Fosfati di d’ammonio
  • E444 Saccarosio di isobutirrato acetato
  • E445 Esteri della glicerina della resina del legno
  • E460 Cellulosa
  • E461 Metilcellulosa
  • E463 Idrossi-propil-cellulosa
  • E464 Idrossi-propil-meticellulosa
  • E465 Etilmetilcellulosa
  • E466 Carbossimetilcellulosa
  • E470a Sali di sodio, di potassio e di calcio degli acidi grassi
  • E470b Sali di magnesio degli acidi grassi
  • E471 Mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E472a Esteri acetici di mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E472b Esteri lattici di mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E472c Esteri citrici di mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E472d Esteri tartarici di mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E472e Esteri mono-e diacetitartarici di mono-e diglicerididegli acidi grassi
  • E472f Esteri misti acetici-tartarici di mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E473 Esteri di saccarosio degli acidi grassi
  • E474 Sucrogliceridi
  • E475 Esteri poliglicerici degli acidi grassi
  • E476 Poliricinoleato di poliglicerolo
  • E477 Esteri dell’1.2 propandiolo degli acidi grassi
  • E479b Prodotto di reazione dell’olio di soia ossidato termicamente con mono-e digliceridi degli acidi grassi
  • E481 Stearoil-2 lattilato di sodio
  • E482 Stearoil-2 lattilato di calcio
  • E483 Tartrato di stearile
  • E491 Monostearato di sorbitano
  • E492 Triestearato di sorbitano
  • E493 Monolaurato di sorbitano
  • E494 Monooleato di sorbitano
  • E495 Monopalmitato di sorbitano

Sostanze da evitare

  • E450 Difosfato disodico (solo come lievitante)
  • E451 Trifosfati (solo come lievitante)
  • E452 Polifosfati

Sali e agenti lievitanti

  • E500 Carbonato di potassio
  • E503 Carbonati d’ammonio
  • E504 Carbonati di magnesio
  • E508 Cloruro di potassio
  • E509 Cloruro di calcio
  • E511 Cloruro di magnesio
  • E570 Acido stearico e derivati
  • E571
  • E572

Sali e lievitanti da evitare

  • E512 Cloruro stannoso
  • E513 Acido solforico
  • E514 Solfati di sodio
  • E515 Solfati di potassio
  • E516 Solfato di calcio
  • E520 Solfato d’alluminio
  • E521 Solfato di alluminio e sodio
  • E522 Solfato di alluminio e potassio
  • E523 Solfato di alluminio e ammonio
  • E524 Idrossido di sodio
  • E525 Idrossido di potassio
  • E526 Idrossido di calcio
  • E527 Idrossido d’ammonio
  • E528 Idrossido di magnesio
  • E529 Ossido di calcio
  • E530 Ossido di magnesio
  • E535 Ferrocianuro di sodio
  • E536 Ferrocianuro di potassio
  • E538 Ferrocianuro di calcio
  • E541 Fosfato acido di sodio e alluminio
  • E551 Biossido di silicio
  • E552 Silicato di calcio
  • E553a Silicato di magnesio
  • E553b Talco
  • E554 Silicato di sodio e alluminio
  • E555 Silicato di potassio e alluminio
  • E556 Silicato di calcio e alluminio
  • E559 Silicato di alluminio (caolino)

Esaltatori di sapidità (da evitare)

  • E620 Acido glutammico
  • E621 Glutammato monosodico
  • E622 Glutammato monopostassico
  • E623 Diglutammato di calcio
  • E624 Glutammato monoammonico
  • E625 Diglutammato di magnesio
  • E626 Acido guanilico
  • E627 Guanilato disodico
  • E628 Guanilato dipotassico
  • E629 Guanilato di calcio
  • E630 Acido inosinico
  • E631 Inosinato disodico
  • E632 Inosinato dipotassico
  • E633 Inosinato di calcio
  • E634 5′-ribonucleotidi di calcio
  • E635 5′-ribonucleotidi di sodio
  • E640 Glicina e suo sale di sodio

Dolcificanti nocivi

  • E952 Ciclamato e i suoi derivati

Approfondisci:

Le proprietà della genziana, una delle principali piante curative

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Scopriamo insieme tutti i benefici e le proprietà della genziana, illustrando anche la ricetta per preparare un ottimo amaro naturale a base di genziana.

Quando si parla di genziana ci si riferisce ad una una pianta dai meravigliosi fiori blu-viola a campanula o alla radice che si compra in erboristeria per fare infusi o bevande digestive.

In realtà si tratta del nome comune, che si riferisce a diverse specie appartenenti alla famiglia delle Gentianaceae.

In generale la genziana è una pianta erbacea perenne originaria dell’Europa centro-meridionale, il cui fusto può raggiungere il metro di altezza e la fioritura avviene prevalentemente in estate.

La pianta usata in fitoterapia è la genziana dai fiori gialli, di cui si adoperano solo le radici, tagliate a pezzi in autunno, tra il secondo e il quinto anno di vita della pianta, e poi essiccate al sole.

Le più conosciute per i loro splendidi fiori color pervinca sono invece le varietà come la genzianella (gentiana acaulis), la genziana di Koch (gentiana kochiana), la genziana di Clusio (gentiana clusii), la genziana ciliata (gentiana kochiana).

Genziana a fiori gialli

La genziana a fiori gialli (gentiana lutea) è la varietà le cui radici sono utilizzate come detto in fitoterapia. Originaria dell’Europa e dei Balcani, cresce lungo l’arco alpino italiano, generalmente in mezza montagna, ad un’altitudine compresa tra 800 e 1.500 metri. Si tratta di una pianta erbacea perenne, che può raggiungere i 2 m di altezza.

E’ facilmente distinguibile dalla genziana alpina, che come noto ha fiori di un blu intenso.

Si riconosce dai fiori gialli e dalle foglie opposte e venate. La sua fioritura, che avviene da giugno ad agosto. Solo dieci anni dopo l’impianto comincia a produrre dei fiori gialli con dei semi avvolti da una capsula ovoidale.

Le sue radici sono piuttosto spesse e possono essere lunghe anche più di 1 metro. Sono l’unica parte che può essere utilizzata in medicina erboristica insieme ai rizomi.

Non deve essere confusa con la vetraria, che è simile ma ha fiori bianchi e foglie alternate.

Attenzione però a raccoglierla nei prati di montagna: è una pianta protetta e per procurarsi le sue radici bisogna necessariamente rivolgersi alle erboristerie.

genziana

Coltivazione della genziana

Questa pianta predilige i terreni calcarei e i prati di alta quota e anche se non è molto semplice trovarla cresce spontaneamente nelle zone montuose caratterizzate da un’alta acidità dei terreni.

La storia e le origini

Il termine genziana ha origini antichissime e testimonia il suo utilizzo già in epoca classica. Esso, infatti, deriva dal nome del re dell’Iliria, Gentius, che secondo la tradizione fu il primo a scoprirne le virtù nel corso del 2° secolo a.C.

Un’altra leggenda, questa volta ungherese, narra che fu la pianta prescelta per salvare il popolo da una grave carestia. Altri narrano di cavalieri vittime di incantesimi d’amore provocati dalla bellezza dei fiori e dal fascino mistico della pianta.

Utilizzi e proprietà della radice di genziana

Le virtù della radice di genziana sono note fin dall’antichità, tanto che nel Medioevo era considerata una panacea.

Proprietà curative della pianta

Era infatti l’erba febbrifuga più comune prima dell’introduzione della chinino in Europa, nel XVII secolo.

Le radici di genziana gialla, grazie alla presenza di mucillagini, oli essenziali e alcaloidi, hanno spiccate proprietà digestive, diuretiche, tonificanti, antibiotiche e carminative.

Ancora oggi in fitoterapia viene usata per:

  • contrastare stati febbrili,
  • rinforzare il sistema immunitario
  • favorire l’eliminazione dell’acido urico
  • curare l’ittero, la tosse, il raffreddore

Contiene inoltre glucosi, sostanze amare, che stimolano le secrezioni gastriche e salivari. Per questo è considerata digestiva e stimolante, usata come decotto in acqua o in infusione in alcool. Per questo è usata per:

  • stimolare l’appetito
  • facilitare la digestione
  • per favorire l’eliminazione dell’acido urico
  • curare i disturbi digestivi (in particolare dolori di stomaco, gonfiore e flatulenza).

Le sue applicazioni sono numerose anche nell’industria farmaceutica e cosmetica e nella produzione di aromi ed estratti. Per queste sue proprietà benefiche rientra anche nei fiori di Bach

Utilizzi della genziana

Le parti utilizzate in erboristeria sono le sue radici e il rizoma.

Per uso interno, può essere bevuto sotto forma di decotto o di infuso alcoolico per curare:

  • Disturbi gastrointestinali: gastrite, coliche, flatulenza, diarrea, vomito, nausea, digestione difficile, atonia intestinale, eliminazione di parassiti e vermi intestinali.
  • Problemi epatici: decongestionamento del fegato, stimolazione della cistifellea, ittero.
  • Benessere generale: tonico, purificazione del corpo, astenia, ossidazione cellulare.

Per uso esterno si può spennellare la tintura madre sulla pelle per curare le:

  • Affezioni dermatologiche: riassorbimento di cicatrici, dermatosi infiammatorie, decongestionamento cutaneo, ferite infette.

Grazie ai principi attivi come secoiridoidi (amarogentina, stevioside), alcaloidi (genzianina, genzianidina), glucosidi (gentiopicroside) e flavonoidi.

Dosaggi 

Per le malattie del tratto digestivo e del fegato si può assumere un infuso (o un decotto) preparato con 2 gr di radice essiccata in una tazza di acqua bollente per qualche minuto.

Si possono prendere da 4 a 5 tazze al giorno, almeno mezz’ora prima di mangiare.

Esistono infusi pronti venduti in farmacia e preparati da aziende farmaceutiche, con estratti di genziana spesso abbinati ad altre piante medicinali.

Per il trattamento di patologie cutanee (cicatrici, dermatosi infiammatorie, ferite infette) spennellate più volte al giorno direttamente sulle lesioni con alcune gocce di tintura madre, che può essere preparata anche da soli facendo macerare 15-20 gr di radice in 1 l di alcool a 50°.

Curiosità 

La gentiopicrina, contenuta anch’essa nella radice, si è rivelata efficace nella cura della malaria.

Genziana controindicazioni

Attenzione però alla tossicità della pianta: mai mangiarne le foglie fresche poiché sono altamente velenose! Vista la sua pericolosità, è bene assumerne gli estratti dietro indicazione medica.

L’assunzione di genziana è controindicata per i pazienti con ulcere dello stomaco e/o duodenale, esofagea o cancro allo stomaco, ed anche in caso di pressione alta.

Le donne incinta o che allattano non possono assumere farmaci a base di genziana, perché interrompe la montata lattea. Inoltre, non è adatta per i bambini, come raccomandato dall’Agenzia europea per i farmaci.

Reazioni avverse e reazioni con farmaci

Alle dosi prescritte solitamente non ci sono reazioni avverse. Tuttavia, ci sono stati casi di mal di testa, nausea, diarrea improvvisa e frequenza cardiaca accelerata.

Se ingerita ad alte dosi possono verificarsi disturbi (emicrania, sensazione di ubriachezza, spasmi), per questo è fondamentale rispettare le dosi prescritte.

proprietà della genziana - radici di genziana

Genziana alcool

La genziana gialla è utilizzata principalmente per preparare aperitivi e liquori e rientra nella composizione di vini e grappe, a cui conferisce il suo gusto amaro.

La genziana si sposa bene con l’alcool, per questo è conosciuto il liquore alla genziana anche come amaro dopo-cena e non solo come digestivo.

Genziana liquore

Tuttavia, con le dovute accortezze, è possibile preparare in casa un ottimo amaro digestivo a base di radice di genziana, profumato allo zenzero e limone.

Eccovi gli ingredienti per preparare un amaro digestivo a base di radice di genziana.

  • 40 gr di radice essiccata di genziana
  • 1 bottiglia di alcool per liquori a 95°
  • un limone bio
  • una stecca di cannella
  • un cucchiaio di chiodi di garofano
  • 1 cucchiaio di noce moscata spaccata a pezzetti (in polvere diventa difficile da filtrare)
  • un pezzetto di zenzero lungo 3 cm
  • 200 gr di zucchero semolato
  • 1 l di acqua
aromatic bitter

Ecco un amaro digestivo a base di radice di genziana, profumato allo zenzero e limone.

Preparazione.

  • In un contenitore con coperchio, mettete a macerare i pezzetti di radice di genziana, la scorza del limone, lo zenzero pelato e le spezie nell’alcool per 15 giorni al buio, avendo cura di scuotere bene ogni giorno.
  • Filtrate e tenete indietro la parte solida. Fate sciogliere lo zucchero nell’acqua e versateci sopra la parte solida del macerato, fate bollire per 20 minuti e poi filtrate di nuovo.
  • Aggiungete la soluzione d’acqua zuccherata e macerato al preparato alcolico e mescolate. Potete ancora filtrare se volete un liquido ambrato puro.
  • Versate in una bottiglia e fate riposare il liquore per almeno un mese prima di berlo. Questo amaro è un digestivo aromatico per il dopo pasto.

Eccovi anche le ricette per preparare altri ottimi amari e digestivi fatti in casa:

Violetto di genziana

Si tratta di un colorante che prende solamente il nome da questa pianta ed è usato per curare afte, candida e tinea.

Approfondimenti tematici

Se vi interessano le proprietà e le applicazioni in cucina e fitoterapia della genziana, potrebbero anche piacere questi libri:

Scopri le proprietà di queste piante tossiche:

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  • Dafne, pianta dai bellissimi fiori rosa, ma velenosa
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  • Dieffenbachia: tutti i segreti di questa pianta sempreverde ma velenosa
  • Dulcamara: la pianta velenosa contro i reumatismi nota come elisir d’amore
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Le fragoline di bosco, così diverse dalle fragole comuni e dalle proprietà tutte da conoscere

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Le fragoline di bosco sono tra i frutti di bosco più ricercati per il loro sapore e profumo intenso ma anche per le proprietà e i benefici che derivano dal loro consumo. Conosciamo meglio questa pianta così diffusa nei nostri boschi.

Le fragoline di bosco non sono altro che i piccoli frutti dall’inconfondibile colore rosso vivo della fragaria, pianta erbacea appartenente alla famiglia delle rosaceae molto diffusa sia nell’emisfero asiatico che in quello occidentale.

Fragoline di bosco: diverse dalle fragole tradizionali

Chiunque abbia avuto il piacere di andare per boschi alla ricerca di questi frutti prelibati, sa benissimo che le fragoline, rispetto alle comuni fragole, hanno un profumo e un gusto molto più intenso e inebriante che le rende davvero uniche e speciali. E’ proprio una cosa diversa!

Le fragoline di bosco rappresentano un frutto apprezzato e consumato dall’uomo sin da tempi antichissimi.

Pare, infatti, che ben 10.000 anni fa questa pianta cominciò a diffondersi nelle aree boschive americane, europee e asiatiche e già nel Neolitico gli uomini iniziarono a cibarsene per poi imparare a coltivarle.

Scopri anche altre bacche e frutti di bosco:

Secondo alcune fonti, il nome ‘fragaria‘ è di origine indeuropea ed è legato in qualche modo alla parola sanscrita ‘ghra’ che significa ‘fragranza‘.

Oggi le fragoline di bosco sono diffuse in tutte le aree boschive e sotto-boschive del Pianeta e sono facilmente coltivabili in quasi tutti i terreni e zone climatiche.

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Fragoline di bosco: la pianta

In Italia, la pianta delle fragoline di bosco cresce spontanea nei sottoboschi di tutto lo Stivale.

Si distingue bene dalla varietà coltivata per le dimensioni molto più contenute del frutto, per il profumo intenso e per il sapore molto persistente in bocca .

La pianta presenta piccoli ciuffi di foglioline dentellate e produce fiori bianchi che sbocciano da aprile a luglio, con fioriture anche in autunno specie nelle zone climatiche più temperate.

Scopri… Come coltivare le fragole in vaso

Le fragoline di bosco preferiscono i terreni freschi, asciutti, leggermente acidi e non disdegnano l’esposizione diretta al sole o la mezz’ombra.

Nelle varietà coltivate, le fragoline possono essere raccolte non prima di 8 mesi dalla messa a dimora delle piantine, piantine che si riproducono facilmente per moltiplicazione vegetativa atavica.

fragoline

Fragoline di bosco proprietà

Oltre a produrre frutti dolci e succulenti, la pianta delle fragoline di bosco è anche un’erba officinale molto apprezzata per le sue proprietà benefiche.

In particolare:

  • zuccheri: presenti saccarosio, destrosio e soprattutto fruttosio, che ne fa un frutto adatto ai diabetici perché ben tollerato.
  • sali minerali: ricche di iodio, ferro, zinco, rame, calcio, potassio e fosforo, ma anche selenio, magnesio e manganese.
  • vitamine: presente elevata vitamina C, vitamina A, vitamine B1, B2, B3, B5, B6 e B9, vitamina E, K e J. Contengono inoltre folati, beta-carotene, luteina e zeaxantina.
  • aminoacidi: buon contenuto di acido salicilico, acido aspartico e acido glutammico, ma anche arginina, cistina, fenilalanina, lisina, prolina, triptofano, e anche acido ellagico che pare essere una delle sostanze con provate proprietà antitumorali.
  • acidi grassi: medie quantità di omega 3.
  • fibre: sono ricche di fibre che aiutano l’organismo nel processo digestivo.

Fragoline di bosco utilizzi terapeutici

Le fragoline di bosco e le altre parti della pianta (rizomi e foglie) sono considerate utili per favorire la diuresi, depurare l’organismo e sfiammare le alterazioni del cavo orale. 

Le foglie giovani e intatte sono perfette per preparare infusi rinfrescanti dallo spiccato effetto diuretico e depurativo.

I frutti, invece, sono consigliati nei nei regimi ipocalorici per l’ottima fonte di vitamine e sali minerali che assicurano e il modesto apporto calorico.

Inoltre, possono essere consumate anche dai diabetici come spuntino di metà mattina naturale e saporito.

fragoline

Tuttavia la loro proprietà più importante è quella di controllare gli sbalzi della pressione arteriosa, molto frequenti durante i cambi di stagione e nei periodi di forte stress.

Non a caso, le fragoline di bosco sono considerate un vero toccasana per chi soffre di ipertensione leggera e transitoria.

L’alto contenuto di magnesio garantisce una potente azione drenante utile sopratutto a chi soffre di ritenzione idrica o di ipertensione.

La vitamina C così massicciamente presente nelle fragoline è un valido antiossidante naturale che contrasta la degenerazione dei tessuti e l’invecchiamento cellulare provocato dall’azione dei radicali liberi.

La fragaria è utile in caso di disturbi intestinali di varia natura per via dei suoi principi attivi (oli essenziali, tannini e flavone).

fragoline di bosco

Fragoline di bosco ricette

Le fragoline di bosco sono un ingrediente davvero perfetto per preparare un’infinità di ricette dolci senza l’aggiunta di zucchero.

Con le fragoline si possono realizzare deliziose gelatine di frutta, dolci, marmellate e farciture decorative per i dessert. Sono anche l’aggiunta ideale in una macedonia di frutta estiva.

Per sfruttare al meglio le proprietà benefiche delle fragoline di bosco si possono preparare anche frullati e frappè da bere al mattino, tre volte la settimana.

Ecco alcune ricette per gustare le fragoline di bosco:

Se invece volete realizzare la ricetta della gelatina di fragoline di bosco ecco gli ingredienti che vi occorrono e i passi da seguire per la perfetta riuscita del dolce.

Fragoline di bosco

Aspic alle fragoline di bosco

Ingredienti

  • 300 gr di fragoline fresche
  • 300 gr di zucchero
  • 20 gr di colla di pesce
  • 1 bicchierino di brandy
  • una stecca di cannella
  • 1 punta di vanillina

Preparazione. Fate bollire l’acqua con la cannella, la vanillina e lo zucchero. Unite le fragoline bene lavate e lasciate cuocere per qualche minuto.

Eliminate la cannella e frullate il tutto fino ad ottenere un purè. Lasciate raffreddare e aggiungete il brandy e la colla di pesce ben strizzata. Dividete il composto in coppette e riponetele in frigo per almeno 3 ore. Servite le vostre gelatine con una spruzzata di panna montata.

Fragoline di bosco velenose

Poche persone sanno che esiste una varietà di fragoline di bosco non commestibile che si chiama ‘fragola matta’ o ‘duchesnea indica‘.

Occorre fare attenzione perché le fragoline ‘matte’ non sono tossiche o velenose, ma se ingerite in grandi quantità possono provocare dissenterie anche serie.

All’aspetto non è facile distinguere le due varietà: la fragolina di bosco non commestibile è leggermente più grande e presenta un colore rosso molto acceso, non punteggiato da semini gialli ma da piccole protuberanze. Anche il fiore è differente: quello della fragolina ‘matta’ è di colore giallo, non bianco.

Questo frutto, inoltre, segue uno sviluppo molto più eretto, decisamente diverso da quello a ‘campanellino’ della fragolina di bosco.

Cosa ancora più importante è il sapore: la fragolina non commestibile è amara e acidula, decisamente sgradevole! Tuttavia il suo aspetto può trarre facilmente in inganno anche i ‘raccoglitori’ più esperti…

Guida alle proprietà della gramigna, ai benefici per la salute e agli utilizzi in cucina

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Eccovi tutte le proprietà della gramigna, una pianta della salute molto diffusa spontaneamente in Italia. Vi spiegheremo anche come estirparla dal vostro giardino con la ricetta di un diserbante naturale.

Come riconoscerla

La Gramigna, è una pianta perenne caratterizzata da rizomi molto lunghi che ne fanno la pianta ‘infestante’ per eccellenza molto odiata da contadini e giardinieri.

La gramigna adora i terreni argillosi e umidi ed è molto diffusa lungo i bordi della strada e nei terreni incolti. Il suo nome botanico è Agropyrum repens  e come suggeriscono i suoi fiori estivi dal colore verde tenue e raccolti in piccole spighe, fa parte della famiglia delle Graminacee.

Storia

La somiglianza delle sue spighe con quelle del grano le è valso il nome di ‘grano selvatico’ (Agropyrum) anche se in realtà la sua natura infestante e strisciante la rende una delle principali nemiche delle colture.

Sin dall’antichità, questa pianta è utilizzata per favorire la minzione e contrastare la formazione di calcolo renali e biliari.

Le proprietà della gramigna per la salute

Della gramigna si utilizzano principalmente i lunghi rizomi essiccati al sole per le spiccate proprietà diuretiche.

Nonostante la sua pessima fama, la gramigna è ricca di principi attivi e sali minerali che agiscono nell’organismo espletando molteplici funzioni: depurativa, antinfiammatoria, antisettica, disinfettante, diuretica ed emolliente, la gramigna è l’alleato n°1 nell’eliminazione dell’acido urico, per disinfettare le vie urinarie e depurare sangue e fegato.

Un vero e proprio ‘spazzino’ dell’organismo, insomma, dalle spiccate proprietà anticellulitiche e lievemente lassative.

proprietà gramigna

Ricetta del decotto ed utilizzi in cucina

La gramigna può essere utilizzata sia per decotti e infusi drenanti, sia per preparare deliziosi manicaretti. Essendo molto diffusa, non sarà difficile raccogliere qualche manciata di germogli freschi che potreste cucinare con altre verdure selvatiche (es. ortiche) per preparare una gustosa frittata di gramigna.

  • Fate scottare i germogli in acqua salata e, una volta lessate, tagliuzzate le verdure e soffriggete per alcuni minuti in un padellino con mezza cipolla, olio extravergine e una noce di burro.
  • Unite le uovo al composto e amalgamate bene il tutto insaporendo con un po’ di formaggio grattugiato e sale.

Il decotto di gramigna, invece, si prepara con un cucchiaio di radici essiccate che lascerete bollire una prima volta per almeno un minuto.

  • Gettate l’acqua di cottura, strizzate la radice e rimettete a bollire nella stessa quantità di acqua (una tazza) per altri 5 minuti. Ideale per combattere cistiti, infiammazioni e ritenzione idrica, il vostro decotto potrà essere assunto due o tre volte al giorno per 15-20 giorni.

Come ottenerla

Se non avete voglia di preparare dei decotti (cosa che consigliamo), la potete trovare in capsule nelle migliori farmacie ma anche nelle erboristerie.

La trovate anche online in molti integratori naturali.

Precauzioni e controindicazioni

Non è adatta l’ingestione di qualsiasi preparato a base di questa erba nelle persone che soffrono di problemi renali e nefriti.

In generale comunque non c’è un rischio di sovradosaggio di decotti di gramigna: non è affatto dannosa per la salute.

C’è stato un tempo in cui i bambini erano curati regolarmente con questa erba con un bicchiere di decotto alla mattina per la colazione.

Come estirpare la gramigna

Mentre le proprietà medicinali sono ottime non altrettanto si può dire se avete un giardino con un bel prato. Essendo un’erba infestante tende a soffocare l’erba ed è una vera nemica della salute del vostro prato.

Eccovi comunque la nostra ricetta per fare un diserbante naturale fai da te.

Altre piante medicinali da scoprire

Scopri anche le proprietà di queste altre piante della salute:

LifeGate PlasticLess: parte la lotta all’inquinamento della plastica in mare con il ‘cestino intelligente’

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Quella dell’inquinamento provocato dall’accumulo della plastica in mare è un’emergenza planetaria, un disastro ecologico scandito da tonnellate di rifiuti che finiscono quotidianamente nelle acque dei mari e degli oceani del nostro Pianeta, come fossero pattumiere.

Sono interessati dal fenomeno di accumulo dei rifiuti di plastica anche i porti, le aree di attracco, le darsene, i circoli nautici, che sono diventate ormai vere e proprie discariche. Qui, la gravità di questa emergenza è ancora più evidente: trasportati da correnti, venti e mareggiate, montagne di rifiuti galleggianti trasformano le aree portuali in discariche a cielo aperto dando vita ad un’inarrestabile invasione di detriti e ad uno spettacolo ben poco edificante.

Per contrastare il fenomeno dell’inquinamento della plastica e contribuire alla salvaguardia dell’ambiente marino e costiero, è nato LifeGate PlasticLess, il progetto realizzato da LifeGate assieme a Whirlpool per la raccolta e la riduzione delle plastiche che si accumulano nelle acque portuali, nell’ottica di un modello economico realmente circolare e sostenibile.

Forte del supporto di Whirlpool – da sempre in prima linea nella promozione dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale – e degli altri sponsor tecnici che animano il progetto, LifeGate PlasticLess si propone di combattere l’inquinamento causato dai materiali plastici dispersi in mare attraverso l’adozione di buone pratiche e delle tecnologie più moderne.

Parliamo in particolare di tecnologie efficienti e moderne come Seabin, il primo cestino per rifiuti “acquatico” messo a punto per LifeGate da Poralu Marineche raccoglie la plastica galleggiante direttamente in mare.

Seabin - LifeGate PlasticLess

Ma come funziona esattamente il Seabin di LifeGate e qual è il ruolo di questo piccolo cestino dal cuore tecnologico nella lotta all’inquinamento dell’ambiente marino?

Seabin, il cestino mangia-plastica amico del mare

Seabin è un infaticabile “spazzino del mare” che è in grado di catturare circa 1,5 kg di detriti al giorno, l’equivalente di 100 bottigliette usa e getta, cioè 500 kg di rifiuti prelevati ogni anno dalle acque dei nostri porti e circoli nautici.

Il dispositivo è operativo 24 ore su 24 e, in caso di maltempo o di forti mareggiate, diventa un alleato fondamentale per far fronte alla grande quantità di detriti di plastica che si riversano nelle aree portuali e di attracco, consentendo di ripulirle velocemente.

Ogni bidone viene immerso nell’acqua e fissato ad un pontile, in modo che l’estremità superiore del dispositivo rimanga appena sopra il livello della superficie. Grazie all’azione combinata del vento, delle correnti e alla posizione strategica in cui è collocato, i rifiuti vengono convogliati e trattenuti all’interno del cesto, in un’apposita borsa, a sua volta prelevabile e ispezionabile.

Raggiunti i 20 kg, il cestino viene vuotato, pulito e riposizionato all’interno di Seabin. L’intero processo è assistito da dal lavoro di una pompa collegata alla base dell’unità che e capace di trattare 25.000 litri di acqua all’ora. Acqua che poi ritorna in mare.

Una volta raccolti, i rifiuti vengono affidati ad aziende selezionate dai Comuni coinvolti nel progetto e instradati su una filiera che ne prevede la raccolta, lo smaltimento e il riciclo. Successivamente, una buona percentuale di quella plastica sarà riutilizzata da LifeGate per produrre oggetti di uso comune come teli mare e felpe in pile.

Una particolareità interessante è che Seabin riesce a intercettare anche le pericolose microplastiche da 5 a 2 mm di diametro e le microfibre da 0,3 mm, quelle che ingerite dai pesci ne possono causare la morte e arrivano attraverso la catena alimentare sulle nostre tavole.

Inoltre è progettato per catturare rifiuti comuni come i mozziconi di sigaretta che “popolano” la superficie dei mari.

Questo cestino tecologico è il protagonista indiscusso del progetto LifeGate PlasticLess, per dare una risposta concreta al problema dell’inquinamento delle acque di porti e circoli nautici dello Stivale. Un fenomeno che anno dopo anno assume proporzioni sempre più allarmanti e che è proprio lì, davanti ai nostri occhi.

Seabin - LifeGate PlasticLess

Basti pensare che nel Mediterraneo ogni giorno si riversano circa 730 tonnellate di rifiuti in plastica destinati a scomporsi in frammenti sempre più piccoli e a trasformarsi in microplastiche. Le stesse che si depositano sui fondali, fluttuano per decenni nelle acque trasportate dalle correnti e si attaccano alle alghe di cui si nutrono i pesci, entrando direttamente nella catena alimentare della fauna ittica con conseguenze drammatiche per l’ intero ecosistema marino.

LifeGate PlasticLess: il progetto tra presente e futuro

Numerosi studi e ricerche scientifiche hanno stabilito che entro il 2050 la quantità di plastica dispersa nei mari di tutto il Mondo sarà superiore a numero dei pesci.

Ma già oggi la plastica è arrivata perfino negli abissi più profondi del Pacifico, ad 11 mila metri di profondità, mentre nelle acque del Mediterraneo i suoi frammenti hanno raggiunto la sconcertante concentrazione di 100.000 unità per kmq, quantità che entro il 2025 potrebbe addirittura raddoppiare.

Secondo i dati rilevati dall’UNEP  (United Nations Environment Programme), l’Italia è il terzo Paese che contribuisce attivamente all’inquinamento del Mediterraneo, dove si concentra il 7% delle microplastiche presenti nei mari di tutto il Globo.

Per comprendere l’incidenza reale di questo fenomeno e l’importanza dell’iniziativa di LifeGate, basti pensare che nelle sole acque di Fano e di San Benedetto del Tronto (a Marina dei Cesari e nel Circolo Nautico Sanbenedettese) i Seabin installati hanno consentito di raccogliere più di 400 kg di detriti galleggianti, tra cui cannucce, tappi di bottiglia, mozziconi di sigaretta, frammenti di polistirolo, involucri alimentari e reti utilizzate per l’allevamento dei mitili.

Il progetto LifeGate PlasticLess ha ‘arruolato’ 13 Seabin, già operativi in altrettanti siti, ma potrebbero aderire altri su tutto il territorio nazionale. Perché è grazie al coinvolgimento di enti locali, cittadini, imprese e istituzioni che questo programma può produrre risultati importanti.

Seabin - LifeGate PlasticLess

Ad oggi, i porti e i circoli nautici in cui i Seabin sono attivi includono alcune delle aree portuali di maggiore valore turistico ed economico del Paese:

  • Marina dei Cesari (Fano);
  • Circolo Nautico Sambenedettese (San Benedetto del Tronto)
  • Marina Sant’Andrea (San Giorgio di Nogaro)
  • Marina Blu (Rimini)
  • Marina Dorica (Ancona)
  • Gestiport (Senigallia)
  • Marina di Capraia (Isola di Capraia)
  • Club Nautico della Vela (Napoli)
  • Marina di Lacco Ameno e Marina di Forio (Ischia)
  • Marina Capo d’Orlando (Messina)
  • Marina Acquatica di Alghero
  • Associazione Nazionale Marinai d’Italia (Darsena di Milano)

L’obiettivo è continuare a dar voce al progetto, sensibilizzare il maggior numero di cittadini, imprese ed enti locali al tema dell’inquinamento da plastica, in perfetta sintonia con Plastic Free Challenge, l’iniziativa lanciata dal Ministero dell’Ambiente per  la riduzione dello spreco di plastica usa e getta.

I prossimi passi saranno di portare i Seabin ovunque, anche al di fuori dei confini nazionali. Già nei prossimi mesi Regno Unito e Francia saranno i primi a testarne le potenzialità.

Questo progetto è un piccolo passo che ci auguriamo sia solo l’inizio di un’adesione massiccia ad un’iniziativa che coinvolga altre Nazioni: perché il problema della plastica nei mari è un problema di tutti.

Leggi anche:

Tutto sulle coppette mestruali, come funzionano, come scegliere il modello e la misura più adatta e perché sono ecologiche

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Le coppette mestruali sono l’alternativa più pratica, economica ed ecologica ai tradizionali assorbenti interni ed esterni. Come suggerisce il nome, la coppetta serve a raccogliere e non ad assorbire il flusso mestruale, creando una barriera naturale nella cavità uterina. Questo vuol dire maggiore protezione e comfort durante i giorni del ciclo.

L’utilizzo delle coppette mestruali presenta numerosi vantaggi per la donna e per l’ambiente.

Realizzate con materiali sicuri, lavabili e ipoallergenici possono essere riutilizzate più volte senza trasformarsi in un rifiuto difficile da smaltire. Basterà sciacquarle accuratamente ad ogni ricambio e sterilizzarle tra un ciclo e l’altro.

Facili da indossare, comode e sicure in qualsiasi situazione o momento della giornata, anche durante l’attività fisica, in viaggio o al mare, regalano una nuova libertà nei giorni del ciclo, permettendo di trascorrere un’intera giornata fuori casa, senza dover portare con sé tamponi e assorbenti con l’eterno assillo del cambio.

Ma cosa sono esattamente queste coppette, come funzionano durante il ciclo e come scegliere il modello e la misura più adatta alle proprie esigenze?

Scopriamolo insieme in questa guida pratica e completa.

coppette mestruali

Coppette mestruali: come funzionano

Una coppetta mestruale è una sorta di  “tazza” morbida e flessibile che viene posizionata all’interno della cavità vaginale uterina (appena sotto la cervice) per raccogliere il fluido mestruale. A parte i primi tempi, dove è necessario acquisire un po’ di manualità, le coppette si rivelano comode e pratiche da inserire e vuotare tra un cambio e l’altro.

Si indossano in posizione seduta e rilassata e una volta posizionate creano una barriera a tenuta impeccabile. In più, sono progettate per adattarsi perfettamente all’anatomia di ogni donna il ché le rende sicure, lavabili ed estremamente durature nel tempo.

Ciò che distingue i vari tipi di coppette mestruali, oltre al colore e al prezzo, è la capacità di tenuta e la dimensione. Sta quindi a ciascuna donna trovare il modello che più le si adatta e con cui si troverà più a suo agio durante il ciclo.

Tra le tante disponibili sul mercato, Intimina propone coppette mestruali di ultima generazione particolarmente confortevoli e facili da usare perché realizzate in silicone 100% medicale, sottile e pieghevole.

Coppette mestruali: quali scegliere e come si usano

Di fronte ad una coppetta mestruale, la prima domanda che ci si pone di solito è: come si usa? Funzionerà davvero? A prima vista, infatti, l’aspetto delle coppette mestruali può destare qualche perplessità e molte donne dubitano ancora della loro affidabilità.

In realtà, utilizzarle è estremamente semplice e – se ben posizionate – danno una protezione che non farà rimpiangere di certo i classici assorbenti o tamponi!

Certo, imparare ad utilizzarle richiede un po’ di allenamento e di pazienza, ma dopo aver fatto un minimo di pratica usarle sarà un gesto naturale che diventa parte della routine femminile.

Anche le adolescenti o le donne meno esperte possono trovare la coppetta mestruale più adatta alle loro esigenze e imparare ad utilizzarla. Intimina, sul suo sito, propone il supporto di una guida pratica e di alcuni consigli utili per gestire al meglio le difficoltà iniziali.

Nella scelta della coppetta mestruale si dovrà tenere conto di alcuni fattori, come:

  • età
  • intensità del flusso
  • gravidanze pregresse e tipo di parto
  • stile di vita
  • caratteristiche anatomiche e tonicità del pavimento pelvico

In generale, la coppetta mestruale migliore è quella che si adatta meglio all’anatomia e alle sensazioni della donna che la indosserà. Ecco perché Intimina propone un’ampia gamma di coppette mestruali, tutte progettate con design, materiali e caratteristiche ‘su misura’.

Coppette mestruali: taglie e misure

Le coppette mestruali hanno la forma di un piccolo calice o imbuto e sono realizzate in silicone anallergico per uso medico. Generalmente misurano circa 4-5 cm di lunghezza e hanno un diametro di 3 cm.

In commercio sono acquistabili in 2 o 3 taglie: grandi, medie e piccole.

Alcuni marchi propongono per semplicità solo 2 taglie: il Tipo A, più piccolo, e Tipo B, più grande.

Coppette mestruali: assorbimento

Più che assorbire, le coppette per il ciclo hanno la funzione di raccogliere e contenere il flusso mestruale. La loro capacità varia in funzione della taglia e del flusso, ma una volta trovata la coppetta giusta è difficile essere “tradite” durante il ciclo.

In genere, le coppette garantiscono fino a 12 ore di protezione tra un cambio e l’altro (il tempo cambia a seconda dell’intensità del flusso) e una volta inserite ci si dimentica letteralmente di averle addosso. Questa autonomia così lunga permette di gestire con serenità i cambi e lo svuotamento della coppetta, sia a casa che fuori.

Tra le coppette mestruali più versatili e innovative disponibili sul mercato, c’è la coppetta di Intimina, la prima coppetta al mondo di forma telescopica retrattile, pieghevole e riutilizzate per 10 anni. Le coppette mestruali di Intimina si possono indossare sia di giorno che di notte, senza avvertire perdite o fastidi, evitando la formazione di cattivi odori, irritazioni e reazioni allergiche.

coppette mestruali

Coppette mestruali in silicone

La sicurezza delle coppette è garantita dalla sottile membrana in silicone medicale anallergico con cui sono realizzate.

Questo materiale è adatto anche alle pelli più delicate e non contiene sostanze potenzialmente pericolose per la salute.

Coppette mestruali usa e getta?

In commercio esistono anche delle coppette per il ciclo realizzate in elastomero e polietilene monouso. A differenza di quelle in silicone, quindi, non possono essere lavate e riutilizzate ma devono essere gettate ad ogni cambio.

Anche per queste coppette, la protezione garantita è di circa 8-12 ore, a seconda del flusso, e se usate correttamente sono altrettanto comode e sicure.

Tuttavia, la scelta ecologica ed economica più vantaggiosa è senza dubbio quella delle coppette mestruali che si possono riutilizzare più volte, semplicemente lavandole accuratamente e sterilizzandole alla fine di ogni ciclo.

Coppette mestruali: vantaggi

L’uso delle coppette consente di godere di innumerevoli vantaggi che si riflettono positivamente anche sull‘ambiente. Esse, infatti, permettono di:

  • Risparmiare denaro (75% in meno a ciclo).
  • Abbattere la quantità di anidride carbonica generata dalla produzione e dallo smaltimento dei rifiuti sanitari.
  • Evitare l’utilizzo di assorbenti e tamponi monouso, pieni di sostanze pericolose (pesticidi, profumi, rayon, cotone sbiancato, diossina) che vengono assorbite dal corpo.
  • Diminuire significativamente la quantità di rifiuti sanitari che finiscono in discarica.

È stato calcolato che se ogni donna utilizzasse una coppetta mestruale come quella in silicone medicale di Intimina, risparmierebbero l’equivalente di 3250 tamponi ogni 10 anni. Un numero che, su larga scala, equivale e milioni di tonnellate di rifiuti in meno per il pianeta!

Opinioni dei ginecologi e delle donne

Superati un po’ di scetticismo e qualche pregiudizio iniziale, chi decide di sperimentare le coppette per il ciclo come alternativa agli assorbenti tradizionali, non torna più indietro.

Sono insostituibili per chi pratica abitualmente sport, in particolare il nuoto, poiché creano un effetto “sottovuoto” nella cavità vaginale. Questo vuol dire che non si inzuppano come gli assorbenti interni monouso, non si spostano ed evitano perdite, irritazioni e macchie sui vestiti.

Le donne che utilizzano regolarmente le coppette mestruali si dichiarano soddisfatte della scelta e vivono in maniera più spensierata e serena il periodo mestruale.

Opinioni dei ginecologi sulle coppette

Ma cosa pensano gli esperti di questi dispositivi?

La maggior parte dei ginecologi raccomanda le coppette mestruali e non rileva alcuna controindicazione al loro utilizzo.

Non sono riportati casi di sindrome da shock tossico, proprio perché le coppette sono costituite da silicone chirurgico e non da materiale assorbente. Inoltre, è stato escluso qualsiasi collegamento tra il loro uso e l’insorgenza di endometriosi.

La coppetta mestruale, inoltre, sembra essere ben tollerata anche da chi soffre di secchezza vaginale.

coppette mestruali

Coppette mestruali certificate

In Europa la coppetta non è considerata un dispositivo medico, ma un prodotto per l’igiene intima. Il marchio CE non è quindi obbligatorio e la normativa vigente non impone alcun obbligo ai produttori. Solo negli Stati Uniti è necessario che questi prodotti siano registrati come dispositivo ostetrico e finecologico di classe II.

Tutte le coppette di Intimina, sono realizzate al 100% in morbido silicone medico ipoallergenico a marchio CE di alta qualità, innocuo e sicuro per la salute.

Scegliere marchi noti e non farsi attirare da prezzi troppo vantaggiosi è la prima regola per essere certi della sicurezza del prodotto che si utilizza. La qualità del silicone medicale utilizzato non è un valore barattabile con un prezzo stracciato, così come la corretta progettazione e finitura della coppetta.

Coppette mestruali: marche, prezzi e dove si trovano

La maggior parte delle coppette mestruali si possono acquistare in farmacia, nei negozi specializzati in prodotti sanitari e online. A seconda della marca e del tipo, il prezzo oscilla tra 15-40 euro.

Tra i produttori più apprezzati e diffusi in Italia e all’estero, ci sentiamo di suggerire Intimina: è un marchio globale con una linea completa di prodotti pensati per la salute e il benessere intimo delle donne. Le coppette mestruali Intimina sono quelle tecnologicamente più innovative, affidabili e sicure e sono abbinate a delle graziose custodie. I prezzi partono da 24,90 euro e sono disponibili anche sul sito ufficiale Intimina.com/it.

Articolo scritto in collaborazione con Intimina.


Latte vegetale: che cos’è e come scegliere il tipo di bevanda vegetale migliore per te

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Il latte vegetale è considerata la migliore alternativa naturale al latte vaccino e in generale ai latti di derivazione animale. Si tratta di un alimento sempre più diffuso e apprezzato da un grande numero di consumatori sia per esigenze nutrizionali specifiche, motivazioni etico-religiose o intolleranze e allergie alimentari ad alcune componenti presenti nei latti animali.

Più che di “latte”, non essendo prodotto dalla mungitura e dalle secrezioni mammarie di un animale, sarebbe più corretto parlare di bevanda a base di estratti vegetali di diverse piante, frutti e legumi. Tra i latti vegetali più diffusi, come non citare il latte di soia, il latte di riso, il latte di mandorla, il latte d’avena e tanti altri ancora, tutti ricchi di principi nutritivi importanti.

Ma vediamo nel dettaglio cos’è, le tipologie reperibili in commercio e i benefici per la salute derivanti dal consumo regolare di latte vegetale.

Latte vegetale: cos’è

Il latte vegetale identifica genericamente l’insieme di quelle bevande di origine vegetale idonee al consumo umano. Esso è prodotto a partire dalla lavorazione di alcune piante o parti di esse. Semi, noci, legumi e cereali rappresentano le materie prime da cui si ottengono la maggior parte dei latti vegetali facilmente reperibili sul mercato.

Tutti i latti vegetali sono (quasi o del tutto) privi di colesterolo, lattosio e caseina. Per questa ragione rappresentano una valida alternativa al latte vaccino e diminuiscono il rischio di sviluppare malattie respiratorie, arteriosclerosi, ipercolesterolemia e altre patologie legate all’assunzione dei grassi animali contenuti nel latte di mucca, di capra nel latte di pecora.

latte vegetale

Il latte di soia è una delle bevande vegetali più apprezzate e vendute in Italia.

Tipologie

Ecco alcune delle più diffuse e apprezzate tipologie di latte vegetale presenti sui banchi del supermercato, dei negozi BIO e online.

Latte di soia

Ricco di proteine vegetali, vitamina B1 e Ferro. Ha un modesto contenuto in grassi (per lo più polinsaturi come l’omega-3), ma anche un di calcio inferiore rispetto al latte vaccino. Contiene isoflavoni, sostanze che riducono il colesterolo cattivo nel sangue. Non contiene glutine e ha un basso indice glicemico. Si ottiene dalla spremitura e bollitura dei semi di soia gialla. Ottimo per la prima colazione e per la preparazione dei dei dolci.

Latte di riso

Rappresenta l’alternativa vegetale al latte vaccino col più basso contenuto di grassi, ma anche di proteine. Rispetto al latte di soia ha più fibre, vitamine A, B, D e sali minerali. Non contiene glutine. L’alta concentrazione di zuccheri semplici ne fa una fonte energetica subito disponibile per l’organismo. Tuttavia, l’indice glicemico più alto lo rende poco adatto a chi soffre di iperglicemia o diabete.

Si ottiene dalla frantumazione del riso, messo in ammollo e filtrato e si distingue per un sapore naturalmente dolce e delicato. Perfetto per la preparazione di dolci.

Latte di avena

Ricco in zuccheri complessi, potassio, fibre, Vitamina E e  B.  Il suo contenuto calorico è basso, così come l’indice glicemico. Ha proprietà diuretiche, tonificanti e rigeneranti. Al palato si presenta con un gusto delicato e naturalmente zuccherino. Si ottiene dalla lavorazione dei fiocchi d’avena. Per caratteristiche e valori nutrizionali, è molto simile al latte di riso.

Latte di mandorla

Si tratta di una bevanda ricchissima di antiossidanti naturali e minerali, in particolare calcio, potassio, fosforo, magnesio, ferro e zinco. Vanta anche un’alta percentuale di grassi polinsaturi, Vitamina E e B. Agisce positivamente sul sistema cardiovascolare, ma essendo ipercalorico il suo consumo deve essere moderato. Si ottiene dalla frantumazione delle mandorle lasciate in ammollo in acqua e poi filtrate.

Latte di miglio

Molto digeribile, nutriente e privo di glutine. Il suo consumo regolare ha un’effetto rivitalizzante e riequilibrante per il sistema nervoso. Benefico per la salute di pelle, unghie, capelli e denti. Svolge un’azione protettiva sul sistema circolatorio e i vasi sanguigni. Questo latte è particolarmente ricco di proteine, vitamine del gruppo B, lecitina e minerali. Si ottiene dalla decorticazione, ammollo e filtraggio del miglio.

Latte di nocciole

Ecco una bevanda ricca di materie azotate (aminoacidi essenziali), vitamine A e B e sali minerali. Questo latte é particolarmente raccomandato ai bambini perché ha sapore molto gradevole e può essere arricchito di calcio e sostanze dolcificanti naturali.  Accanto alle varianti più conosciute come il latte di soia, il latte di avena ed il latte di riso, questa alternativa al latte vaccino sta diventando sempre più popolare.

Utilizzi

Oltre al consumo puro, ideale per integrare nell’alimentazione alcuni nutrienti di cui queste bevande sono particolarmente abbondanti, vediamo gli altri possibili usi in cucina del latte vegetale.

  • Latte di soia: quello al naturale non dolcificato è perfetto per preparare la maionese e la besciamella, ma anche il tofu e la ricotta vegana. Il latte di soia addizionato alla vaniglia è l’ideale per  la crema pasticcera.
  • Latte di riso: ottimo per preparare torte, ciambelle, muffin e dolci da forno o come base per creme e dessert al cucchiaio.
  • Latte di cocco: consigliato per la preparazione di piatti dal gusto esotico o per dessert. Ottimo anche per realizzare una panna vegetale leggera e aromatica da utilizzare per guarnire dolci e gelati.
  • Latte di mandorla: simile, per utilizzo, al latte di riso, la versione non dolcificata è molto versatile in preparazioni come besciamelle, salse e formaggio vegan.

Se l’intento è quello di sostituire il latte vaccino con un’alternativa vegetale, ad esempio nei dolci senza latte, tenete conto che il rapporto è di 1 a 1: 100 ml di latte vaccino corrispondono a 100 ml di latte vegetale.

latte vegetale

Il latte vegetale è perfetto come alternativa naturale a quello vaccino nella preparazione di dolci da forno, dessert cremosi. salse e creme.

Proprietà e benefici

Il latte vegetale vanta caratteristiche nutrizionali eccellenti, da cui derivano numerose proprietà e benefici per la salute e il benessere di tutto l’organismo. Si tratta di bevande complete, ricche di vitamine, zuccheri semplici, fibre e minerali. Rispetto a quelli di origine animale sono anche privi di colesterolo e grassi di origine animale.

Oltre ad essere perfetto per chi vuole abbracciare un tipo di alimentazione naturale o diminuire la quota calorica nella propria dieta, il latte vegetale è ideale per coloro che hanno deciso di sposare un regime alimentare vegetariano o una dieta vegana.

Inoltre, è perfetto per chi soffre di gravi allergie alimentari, ad esempio al lattosio, intolleranze alle proteine del latte (caseine) o per chi deve tenere a basa i livelli di colesterolo nel sangue. La maggior parte dei latti vegetali, inoltre, non contengono glutine il ché il rende ideali anche per i celiaci.

Latte vegetale senza glutine

Anche se molto dei latti vegetali reperibili in commercio sono “gluten-free”, un aspetto molto importante d è il rischio di contaminazione incrociata.

Tracce di cereali contenenti glutine possano contaminare cibi e bevande durante la lavorazione di ingredienti ritenuti sicuri, quindi è sempre bene controllare attentamente le etichette.

La lista degli ingredienti e degli allergeni indicate sulle confezioni dei cibi che acquistiamo ci dice molto sulla loro sicurezza per chi soffre di celiachia.

In generale, gli ingredienti privi di glutine che possono essere utilizzati per produrre bevande vegetali, sono:

  • Frutta a guscio (noci, nocciole, mandorle, etc);
  • Semi (sesamo, lino, canapa, girasole e zucca);
  • Legumi (soia);
  • Cereali (riso, grano saraceno, miglio, quinoa, amaranto)

Il mais e il granoturco, invece, possono provocare un’intolleranza ad un minoranza di celiaci.
mais (può produrre intolleranza in una minoranza di celiaci).

Valori Nutrizionali

Ad eccezione del latte materno, nessun tipo di latte, compreso quello animale, è indispensabile per l’uomo. La convinzione che il latte vaccino sia più importante, per non dire irrinunciabile, nella dieta dell’essere umano è in buona parte fuorviante.

Spesso, infatti, si dimentica che gli esperti raccomandano un consumo di latte – vegetale o animale – limitato (max 200 cc al giorno) e che nessuna evidenza scientifica è stata in grado di attribuire al latte vaccino un valore oggettivamente più alto rispetto al latte vegetale. Finanche durante lo svezzamento, il latte vaccino non è considerato essenziale per la crescita del bambino.

Fatta questa premessa, è bene sottolineare che il latte vegetale è un alimento assolutamente completo dal punto di vista nutrizionale. La quota proteica, vitaminica e minerale è quasi sempre eccellente e assicura all’organismo tutti i nutrienti di cui ha bisogno.

Risulta, tuttavia, quasi impossibile mettere a confronto i valori nutrizionali dei latti vegetali perché ogni produttore ha la sua composizione. Bisogna cercare queste informazioni sull’etichetta facendo attenzione alla percentuale del seme o del cereale da cui è estratto il latte che abbiamo tra le mani.

L’alto valore nutrizionale dei latti vegetali presenti in commercio è assicurato dall’integrazione di determinati principi nutritivi (micronutrienti) come Calcio, Vitamina D e Vitamina B12. Per quanto riguarda l’aspetto macronutrizionale, invece, queste bevande sono spesso addizionate ad una piccola percentuale di saccarosio o glucosio che varia a seconda del tipo di latte trattato.

Il consiglio, come sempre, è di acquistare solo latte vegetale di origine controllata e biologica, valutando attentamente l’elenco degli ingredienti presenti sull’etichetta del prodotto. In alternativa, è possibile auto-produrre il latte vegetale direttamente a casa. Più avanti vedremo come fare.

Calorie

Secondo le tabelle comparative redatte dall’INRAN (Istituto nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), la quota calorica derivante dall’assunzione di 100 grammi di latte vegetale è mediamente inferiore o pari a quella contenuta nella stessa quantità di latte parzialmente scremato.

Il valore calorico varia anche in base alla quantità dei micro e macronutrienti addizionati e alle caratteristiche organolettiche del tipo specifico di latte. Pertanto, è bene controllare in etichetta i valori nutrizionali riportati dai produttori per avere l’indicazione esatta sull’apporto calorico.

Mediamente, 100 grammi di latte di soia contengono 54 calorie, contro le 63 del latte vaccino intero e le 46 calorie di quello parzialmente scremato. Il latte di riso contiene in media 47 calorie per porzione. 51 calorie per il latte di mandorla e 47 per quello di avena.

Ricordiamo sempre che il contenuto calorico degli alimenti non è molto significativo preso da solo. Esso deve essere sempre rapportato alle caratteristiche generali e agli altri valori nutrizionali che compongono la scheda dell’alimento.

latte vegetale

100 ml di latte vegetale corrispondono a 100 ml di latte vaccino. Non si può sbagliare!

Latte vegetale fatto in casa

Tutti i tipi di latte vegetale possono essere facilmente preparati in casa. Per la conservazione si seguono le regole classiche raccomandate per il latte tradizionale. Una volta pronti (o aperti), devono essere consumati nel giro di qualche giorno, conservati in frigorifero e agitati un po’ prima dell’uso. Oltre la garanzia di qualità e genuinità, il risparmio economico assicurato da un latte vegetale fatto in casa è certamente notevole.

Nella nostra guida dedicata alla ricetta del latte di soia fatto in casa vi abbiamo illustrato passo dopo passo il procedimento casalingo per ottenere un latte vegetale squisito, fresco e digeribile. Ricordate che la soia deve essere messa in ammollo per 12-24 ore e che a parte un po’ d’acqua e qualche banale strumento da cucina non avrete bisogno di altro.

Se volete provare a preparare un latte diverso, ad esempio fatto con i fiocchi d’avena o il riso, provate questa ricetta, perfetta per ottenere un 1 litro di latte d’avena o latte di riso.

Ingredienti

  • 90 grammi di fiocchi d’avena o riso;
  • 1 lt di acqua fredda.

Preparazione

Per prima cosa, occorre mettere a bagno i fiocchi di avena o il riso in una ciotola riempita con 1 litro di acqua fredda. Coprite il contenitore con un canovaccio pulito e lasciate in ammollo per una notte. Trasferite poi il contenuto della ciotola in un pentola o un recipiente fondo e lavorate per un paio di minuti con il mixer fino ad ottenere una miscela omogenea e fluida.

A questo punto, filtrate il liquido con un colino fine o un telo di cotone molto sottile e conservate il vostro latte in frigorifero per 2-3 giorni all’interno di un recipiente di vetro ben chiuso.

Latte vegetale per neonati e bambini

Per prima cosa, va detto che nessun latte vegetale comune o preparato in casa può sostituire le preparazioni vegetali formulate appositamente per i bambini sotto l’anno di età.

Ad ogni modo, questi latti vegetali comuni possono comunque essere integrati a sostegno di un adeguato apporto nutrizionale. Ricordiamo, inoltre, che nei primi 12 mesi di vita il bambino non può assumere latti diversi dal latte materno.

Per quanto riguarda l’alimentazione dei bambini più grandi, il latte vegetale rimane una valida alternativa, salutare e genuina a quello vaccino, che può essere proposta in diversi momenti della giornata, anche come spuntino. La quantità raccomandata, in questo caso, è 3 porzioni da 125 ml al giorno.

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Glutine: dove si trova e quali effetti ha sull’organismo?

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Il glutine è una sostanza proteica che conferisce viscosità, elasticità e consistenza agli alimenti in cui è presente. Non a caso, il termine “glutine” deriva dal latino “gluten”, che significa letteralmente “colla”. Questa caratteristica, conferisce estensibilità e tenacità agli impasti e facilita la panificazione. 

La sua presenza in molti degli alimenti di uso più comune ne facilita l’assunzione quotidiana attraverso la dieta. Tuttavia, in alcuni soggetti predisposti il glutine scatena reazioni e intolleranze più o meno gravi, che si verificano a livello intestinale e metabolico.

Il disturbo più conosciuto collegato a questa sostanza è la celiachia, ma esistono altre forme meno gravi di intolleranze al glutine scatenate da fattori alimentari, ambientali e genetici predisponenti. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta e scopriamo tutto quello che c’è da sapere in questa guida dedicata.

Glutine: cos’è e dove si trova

In chimica, il glutine è definito come un composto o complesso peptidico di origini vegetale presente in alcuni tipi di cereali e i loro derivati. Si trova nel grano, nel frumento, nel farro, nella segale, nell’orzo e spesso nell’avena. Gli alimenti più utilizzati e diffusi che, di conseguenza, contengono glutine sono:

  • Farine dei cereali menzionati;
  • Gnocchi di patate;
  • Paste e pani preparati con cereali che contengono glutine;
  • Pancarrè, grissini, focacce, pizze, crackers, ecc;
  • Spelta;
  • Couscous;
  • Kamut;
  • Bulgur;
  • Tabulè;
  • Seitan;
  • Muesli

All’interno degli organismi vegetali, la sua funzione è fondamentale sopratutto in fase germinativa: le sue proteine, infatti, nutrono l’embrione della pianta e ne favoriscono lo sviluppo.

In cucina, la sua utilità si rivela importante nella panificazione e nella lavorazione degli impasti di farina e acqua, ma dal punto di vista nutrizionale può essere eliminato dalla dieta senza alcun rischio per la salute. Esso, infatti, non contiene aminoacidi essenziali e non assiste l’assorbimento a livello intestinale di nutrienti importanti per l’uomo.

glutine

Pane, pasta, cracker, grissini, gallette, pancarré, biscotti: l’elenco dei prodotti di largo consumo che contengono glutine è davvero infinito.

Intolleranza al glutine: dalla sensibilità alla celiachia

Chi soffre di celiachia nella maggior parte dei casi presenta una lesione congenita all’intestino che a contatto con le proteine del glutine causa una risposta del sistema immunitario. Ciò significa che le nostre difese naturali spingono l’intestino tenue ad attaccare se stesso, provocando i sintomi tipici della celiachia.

Chi invece soffre di intolleranza (“Gluten Sensivity”) non ha questo tipo di lesione, ma ha a che fare con  un’ infiammazione provocata dall’assorbimento di questo complesso proteico a livello intestinale. La differenza, dunque, è data propria dalla risposta immunitaria che l’organismo mette in atto.

In caso di semplice intolleranza, il sistema immunitario combatte il glutine direttamente, provocando l’infiammazione limitatamente all’apparato digerente e intestinale, non ad altri organi o tessuti.

Nella celiachia esso è combattuto sia dall’immunità innata sia da quella adattativa, cioè dalla parte più sofisticata del sistema immunitario. Per questa ragione, le cellule immunitarie adattive si ribellano ai tessuti, provocando l’atrofia dei villi intestinali.

Glutine negli alimenti

Sappiamo tutti ormai, che il glutine è una sostanza di riserva prodotta dal grano e da altri cereali simili. Nonostante ci siano varietà con meno glutine, non esiste farina del grano che non ne contenga almeno una piccola percentuale.

A voler essere precisi, la proteina non si trovano nel chicco di questo cereale, ma si formano a contatto con l’acqua. Per questo motivo, non sono tanto le farine ad essere pericolose per gli intolleranti, quanto i prodotti da esse derivati, come il pane e la pasta. Il glutine è presente anche in piante che fanno parte della stessa famiglia del grano:

  • grano duro o frumento (compresi le germe di grano, la crusca, il  bulgur e il cous cous);
  • orzo e i suoi derivati (birra);
  • segale;
  • grano saraceno;
  • triticale (un incrocio tra grano e segale).

A questo elenco si deve aggiungere anche l’avena che, in natura non conterrebbe glutine, se non fosse per colpa delle contaminazioni indirette. Nei campi di avena, spesso si nascondono spighe di grano e visto che le spighe non vengono selezionate singolarmente, il rischio che qualche chicco si disperda e finisca nelle preparazioni è molto alto.

Ma occorre fare molta attenzione anche ad alimenti “insospettabili”, perché a livello industriale il glutine è utilizzato come eccipiente e addensante in un numero estremamente ampio di lavorati e semilavorati. Lieviti, dadi e patatine sono solo alcuni esempi. Tra i cibi più a rischio contaminazione, attenzione anche a:

Per essere sicuri di ciò che portiamo in tavola, è bene leggere attentamente le etichette prima di ogni acquisto.

Alimenti senza glutine: elenco prodotti

Fatte le dovute premesse e raccomandazioni, gli alimenti sicuri sono:

  • cereali e farine senza glutine (maismigliosorgomanioca, e derivati prodotti dalla panificazione delle farine di questi cereali);
  • miele;
  • legumi;
  • latte;
  • zucchero (bianco, di canna e integrale);
  • latticini di origine animale (tranne lo yogurt);
  • aceto;
  • olio di oliva;
  • burro;
  • carne;
  • pesce;
  • crostacei e molluschi;
  • frutta e verdura;
  • té;
  • caffé;
  • vino;
  • spezie

Tutti questi sono alimenti considerati adatti anche per soggetti celiaci, ma attenzione alla lavorazione specie per prosciutti, salami e insaccati che in caso di dubbio sarebbe meglio evitare.

E in caso di intolleranza o celiachia, ecco alcune delle nostre ricette gluten-free più apprezzate:

Per visionare l’elenco completo dei cibi e delle preparazioni gluten-free, potete consultare il sito ufficiale dell’Aic (Associazione Italiana Celiachia).

Glutine nel riso

Il riso è un cereale senza glutine quindi può essere tranquillamente consumato anche da soggetti affetti da celiachia o intolleranza. Meglio non esagerare con il consumo perché, essendo ricco di amidi e sostanze astringenti, potrebbe avere effetti negativi sull’intestino.

glutine

Glutine nelle patate

Tra gli alimenti più comuni sicuri ci sono le patate. Buone, sane e nutrienti, le patate rappresentano un’ottima fonte di carboidrati e possono essere impiegate come alternativa alla farina in una vasta gamma di preparazione dolci e salate.

In più, sono meno caloriche e più ricche di vitamine e sali minerali, come il potassio, la vitamina C e la vitamina B6. La versatilità delle patate e la loro naturale bontà, rendono questo alimento un alleato prezioso nella dieta senza glutine, per una cucina sana e genuina che non vuole rinunciare al gusto.

Glutine nella birra

Essendo a base di malto d’orzo, un cereale contenente glutine, la birra è una bevanda assolutamente da evitare in caso di intolleranze a questa sostanza. Anche in questo caso, il processo che comporta la formazione della proteina si attua in fase di lavorazione, più precisamente durante l’ammostamento.

In questo passaggio avvengono le principali trasformazioni della parte proteica dei cereali: si innesca la reazione tra gliadina e glutenina. Tuttavia, esistono in commercio birre gluten-free, prodotte a partire dalla fermentazione di alternative al malto, come riso, amaranto, quinoa e miglio.

Glutine nel frumento

La presenza di contaminazioni nell’amido del frumento ha portato il Ministero della Salute a escludere per molto tempo questo ingrediente dall’elenco degli alimenti e dei prodotti adatti ai celiaci.

Parliamo di un ingrediente utilissimo per i prodotti da forno, ragion per cui i produttori sono stati per anni incoraggiati a produrre un amido di frumento con percentuali di contaminazioni minime.

Grazie alle nuove tecniche produttive, è disponibile sul mercato un amido di frumento deglutinato che può essere tranquillamente impiegato nella produzione di moltissime preparazioni.

Fa ingrassare?

Negli ultimi tempi si è diffusa la convinzione che una dieta priva di glutine sia anche più sana e ipocalorica, adatta cioè a chi vuole perdere peso corporeo.

A questo proposito, nel 2017 l’AIC ha ritenuto di fare chiarezza una volta per tutte sul tema. In un comunicato stampa che riporta i risultati di uno studio condotto su un’ampia gamma di prodotti, è stato stabilito che non sono non fa ingrassare, ma i prodotti gluten free non sono affatto propedeutici al dimagrimento.

La ricerca, infatti, ha messo in luce che non esiste alcuna differenza, a livello nutrizionale, tra alimenti con o senza glutine in termini di calorie, grassi, proteine e carboidrati. Al contrario: gli esperti sconsigliano vivamente a coloro che non siano affetti da celiachia o intolleranze di escludere il glutine dalla dieta quotidiana.

Glutine e tiroide

Studi scientifici hanno dimostrato che alcune proteine presenti negli alimenti, ad esempio la caseina e il glutine, sono responsabili del cosiddetto “mimetismo molecolare“. Si tratta di un meccanismo difensivo che spinge gli anticorpi del sistema immunitario ad attaccare i nemici (o presunti tali) che si attaccano ad alcuni organi, compresa la tiroide.

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Cous cous vegetariano: una ricetta per l’estate… ma non solo!

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Una proposta per un piatto tipicamente estivo veloce da preparare, salutare e saporito: stiamo parlando del cous cous vegetariano, che può essere servito freddo o tiepido.

Ecco la ricetta del cous cous vegetariano, un piatto sfizioso, da realizzare in pochi minuti, che sostituisce un pasto completo ed equilibrato. Carta e penna alla mano, dunque, per appuntare gli ingredienti e la preparazione!

Eccovi invece altre ricette vegetariane che vi consigliamo di assaggiare!

Cous cous vegetariano: ricetta originale

Il cous cous è uno di quei piatti che si possono improvvisare in poco tempo utilizzando ciò che avete in dispensa o in frigorifero.

Ingredienti del cous cous alle verdure

Nella versione che vi proponiamo gli ingredienti necessari per fare un cous cous vegetariano per 4 persone sono:

  • 500 gr di cous cous
  • 4 cucchiai di succo di limone
  • 2 bicchieri d’acqua
  • zucchine
  • 2 cipolle rosse
  • 4 pomodori
  • peperoni (verdi, rossi e gialli)
  • 2 spicchi d’aglio
  • 1 mazzetto di erbe fresche (coriandolo, prezzemolo, menta, basilico)
  • 5 cucchiai di olio extra-vergine d’oliva

Preparazione della ricetta

  • Per prima cosa tritate le erbe fresche e mettetele in una ciotola con l’aglio, sale, pepe e dell’olio che deve arrivare a coprirle.
  • Lasciate macerare per 15 minuti circa e nel frattempo mondate, lavate e tagliate le zucchine a rondelle sottili con l’aiuto di una mandolina.
  • Fate grigliare le zucchine su una piastra ben calda per 3 minuti per lato.
Cous cous vegetariano

Cous cous vegetariano, un piatto ideale per l’estate

  • Lavate tagliate a cubetti le altre verdure (pomodori, peperoni, cipolle) e riponetele in un’altra ciotola dove aggiungerete anche le erbette tritate e macerate nell’olio, togliendo l’aglio.
  • Potete anche grigliare i peperoni, se preferite e poi privarli della pelle, grazie al trucco di metterli in un sacchetto di plastica chiuso quando sono ancora caldi. La pelle si staccherà subito.
  • In un’altra ciotola versate il cous cous e aggiungete una tazza di acqua tiepida, il succo di limone e l’olio, mescolando accuratamente con un cucchiaio di legno, finché il liquido non verrà del tutto assorbito.
  • Aiutandovi con una forchetta sgranate i chicchi del cous cous e uniteli alle verdure.
Cous cous vegetariano

Cous cous vegetariano, un piatto da servire sia caldo che freddo

Suggerimento: potete saltare nell’olio a fiamma bassissima le cipolle fino a caramellarle, doneranno un sapore insolito al cous cous.

Come servire il cous cous vegetariano

In estate e in primavera, questo è un piatto che viene normalmente servito freddo, lasciandolo riposare per mezz’ora in frigo.

Ma chi l’ha detto che durante i mesi invernali non possa essere servito in tavola con altrettanto successo?

Nei mesi freddi può essere mangiato tiepido, magari aggiungendo un po’ di tofu grigliato o qualche altra verdura a piacere.

Altre ricette suggerite

Se amate il cous cous, ecco altri modi per prepararlo nello nostre ricette:

Eccovi altre ottime ricette vegetariane da provare:

Impollinazione: alle radici di questa piccola-grande magia della natura

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L’impollinazione è quel processo indispensabile per la riproduzione delle piante alla base della sopravvivenza stessa di molte specie sulla Terra, uomo compreso.

Grazie ad agenti atmosferici e sopratutto al lavoro incessante degli insetti impollinatori, il polline viene trasportato da una pianta all’altra rendendo possibile la fecondazione di un’essenza vegetale della stessa specie e la conseguente produzione di semi e frutti.

Questa piccola, grande “magia” è merito di uccelli, pipistrelli, piccoli mammiferi, insetti, acqua e vento che trasportano il polline anche per migliaia di chilometri contribuendo al perfetto funzionamento del meccanismo riproduttivo delle piante.

Impollinazione

Api, bombi, sirfidi, farfalle e falene sono gli insetti impollinatori più importanti

Definizione

In botanica, l’impollinazione è definita come quel processo che consiste nel trasporto dei pollini dalla parte maschile e quella femminile dell’apparato riproduttivo delle piante. Gli organi sessuali sono contenuti nei coni o nei fiori della maggior parte delle specie vegetali e servono per consentire la fecondazione e la riproduzione delle Gimnosperme e delle Angiosperme. Esistono principalmente 2 tipi di impollinazione:

  • Autoimpollinazione (detta anche autogama)
  • Impollinazione incrociata (o eterogama)

Autoimpollinazione

Consiste nel passaggio diretto del polline dall’antera di un fiore allo stigma dello stesso fiore. In questo caso, il polline cade sugli stimmi  e riesce a fecondarlo in quanto la pianta è ermafrodita o autogama.

Impollinazione incrociata

La fecondazione dipende dal trasporto del polline da una pianta ad un’altra appartenente alla stessa specie. Le piante che fanno affidamento in natura sull’impollinazione incrociata o eterogama sono dette allogame e dipendono essenzialmente dall’azione di agenti impollinatori e fattori esterni che fungono da veri e propri “vettori” adibiti allo spostamento dei pollini di fiore in fiore.

I principali agenti impollinatori sono:

  • insetti;
  • rettili;
  • uccelli;
  • pipistrelli (I. Chirotterogama);
  • marsupiali e mammiferi;
  • molluschi;
  • vento;
  • acqua (I. idrofila);
  • uomo (impollinazione artificiale)

A seconda del fattore in gioco, cambia anche la denominazione specifica dell’impollinazione. Nel caso di insetti si parla di I. entomogama; quando si tratta di rettili e marsupiali è zoogama, mentre si definisce ornitologa l’impollinazione ad opera di uccelli.

Grazie all’evoluzione delle specie viventi e alla loro straordinaria capacità di adattamento ai cicli della natura, piante e animali hanno sviluppato una capacità sempre più affinata di coordinarsi armoniosamente per garantire l’incrocio e la fecondazione tra piante diverse.

Impollinazione

Schema dell’impollinazione mediante insetti

Impollinazione anemofila (ad opera del vento)

La primavera, dalle nostre parti, è il periodo dell’anno in cui vediamo svolazzare in aria i pollini trasportati dal vento nell’atmosfera e sulle superfici di laghi, fiumi e corsi d’acqua. Quel pulviscolo giallognolo o biancastro che crea non pochi fastidi ai soggetti allergici, è il polline prodotto dai molti fiori che schiudendosi liberano nell’aria tantissimi granelli che il vento porta via con sé.

Ciò accade anche all’inizio dell’estate o la fine dell’autunno e riguarda molte famiglie di piante per lo più anemofile che si affidano alla forza del vento per riprodursi. Tra le piante più comuni che si riproducono per impollinazione anemofila, troviamo:

Riconoscerli è molto facile perché i fiori di queste piante non sono vistosi o profumati. Non devono attirare gli insetti per farsi impollinare. Una volta sbocciati, liberano i pollini dalle antere e li affidano alle ali del vento. E visto che non sanno come, quando e dove finiranno, devono produrne polline in grandi quantità per aumentare le probabilità di fecondare lo stimma di una pianta della stessa specie.

Impollinazione entomofila

Quando ad occuparsi del prelievo e trasporto dell prezioso carico di polline è un insetto si parla di impollinazione entomofila o entomogama. Si tratta del lavoro svolto dalle api, dalle farfalle, dalle falene, dai ditteri e dai coleotteri. Corrisponde ad un meccanismo riproduttivo talmente rodato e affinato dalla natura, che le piante hanno sviluppato adattamenti specifici per facilitare il compito ai loro piccoli alleati volanti.

Per questa ragione i fiori hanno acquisito un’accogliente forma a calice, sono odorosi e coloratissimi. Per non parlare del nettare, un dolcissimo e prelibato cibo che le piante offrono agli insetti in cambio dei loro “servigi”.

Senza il lavoro degli insetti impollinatori anche l’agricoltura non sarebbe possibile ed è per questo che l’uomo ha imparato ad allevarli. Il loro ruolo è fondamentale all’equilibrio degli ecosistemi terrestri, alla diversità delle varietà botaniche e la loro distribuzione, ma la chimica sempre più utilizzata nelle attività agricole ne sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza.

Il ruolo delle api per l’impollinazione

L’ape è il simbolo per eccellenza dell’impollinazione. Se osservassimo attentamente un’ape intenta nel suo lavoro di “bottinatrice”, noteremmo che passando di fiore in fiore il suo corpo peloso si cosparge di polline che la rende pesante e goffa perfino nel volo. Ma non è tutto. Le zampe posteriori di questo preziosissimo insetto sembrano fatte apposta per consentirle il trasporto del suo prezioso carico. Sono munite, infatti, di “cestelle” nelle quali le api ripongono il polline destinato all’alveare per la produzione del miele.

Le piante per le quali le api e gli altri insetti impollinatori sono indispensabili anche in termini di produttività appartengono alla grande famiglia delle Angiosperme. Si differenziano dalle Gimnosperme perché custodiscono i semi all’interno di un fiore, protetti dall’ovaio e quindi sono più difficili da impollinare.

Per questo motivo molti agricoltori si affidano al lavoro degli apicoltori per aumentare la produttività delle loro colture. Tra le varietà che più dipendono dal lavoro delle api ritroviamo alcuni tipi di frutta e verdura tra i più consumati:

Negli ultimi tempi, però, l’uso sempre più massiccio di insetticidi, diserbanti e fitofarmaci sta interferendo pesantemente nei cicli biologici alla base del delicato equilibrio dell’ecosistema terrestre. I cambiamenti climatici fanno il resto: le api e gli altri insetti impollinatori del Pianeta, infatti, sono sempre meno e con la loro progressiva scomparsa anche la vita dell’uomo sulla Terra è a rischio. Gli esperti affermano che se le api si estinguessero, la nostra specie cesserebbe di esistere nel giro di 5 anni.

Impollinazione

Le api sono le grandi protagoniste dell’impollinazione della maggior parte delle piante

Impollinazione artificiale

Anche l’uomo può trasformarsi all’occorrenza in un agente impollinatore. E può farlo servendosi di diverse tecniche e strumenti. Il metodo più semplice e collaudato è quello dell’impollinazione manuale, detta anche “meccanica”. Consiste nel trasferimento manuale con pennelli o altri strumenti di facile reperibilità che facilitano il passaggio del polline dai fiori maschili agli stigmi femminili dei fiori di un’altra pianta della stessa specie.

Questa tecnica è sempre più utilizzata per la progressiva scomparsa degli insetti impollinatori naturali, ma può essere l’unica alternativa possibile in caso di:

  • riproduzione di specie fuori della loro area di origine;
  • necessità di selezione di una specifica varietà;
  • ibrido e incrocio su piante emasculate.

Impollinazione ad opera di altri animali

Non solo api e farfalle, anche altri piccoli animali sono importanti impollinatori naturali. In uno studio condotto da un team internazionale di ricercatori (“Global importance of vertebrate pollinators for plant reproductive success“) è stata analizzata l’importanza degli impollinatori vertebrati per la riproduzione delle piante.

La ricerca ha preso in esame 126 casi di impollinazione  ad opera di vertebrati e insetti e ha stabilito che pistrelli e uccelli sono responsabili della produzione di una grande quantità di frutti e semi di cui ci nutriamo.

Lo studio ha valutato anche il ruolo di alcuni piccoli mammiferi nel processo di impollinazione delle piante, in particolare lemuri, topi, opossum, scoiattoli e lucertole, oltre 920 specie di uccelli (colibrì, nettarinidi, melifagidi e pappagalli) che fungono da impollinatori.

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La guida pratica per lavare i capi sportivi in modo efficace e possibilmente sostenibile

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Come lavare i capi sportivi sporchi e maleodoranti dopo l’allenamento? Sudore e cattivo odore sono i nemici numero uno del bucato e suoi capi tecnici e sintetici che utilizziamo per fare sport sono praticamente una costante.

Se da una parte gli indumenti che utilizziamo per la palestra o nel tempo libero sono dei preziosi alleati del nostro benessere, dall’altra necessitano di lavaggi accurati e igienizzanti per tornare “in forma”.

Questi indumenti, infatti, sono realizzati in fibre sintetiche elastiche, quasi sempre traspiranti, cerate o impermeabilizzanti.

Se la qualità del tessuto è buona, la traspirazione del sudore dovrebbe essere ottimale anche durante l’allenamento più intenso. Eppure, molto spesso l’odore e le macchie di sudore rimangono lì, nelle zone critiche di magliette e top, sopratutto se dopo aver fatto sport i capi sono rimasti chiusi per molto tempo nella borsa.

Ecco le regole, i consigli pratici e i rimedi naturali più efficaci per lavare al meglio i tessuti tecnici e mantenerli brillanti e profumati più a lungo.

Come lavare i capi sportivi: regole fondamentali

Sembra banale, ma la prima regole per una corretta detersione dei capi d’abbigliamento dedicati allo sport è leggere attentamente l’etichetta. Lì, infatti, troveremo preziose informazioni sulle modalità di lavaggio e temperatura e scopriremo se è consigliabile lavare il capo in acqua, a mano o in lavatrice. In caso di dubbi, consultate la nostra guida pratica sui simboli della lavatrice e le etichette di lavaggio.

Prima ancora, però, ricordiamo di far prendere una “boccata d’aria” ai panni dopo averci sudato dentro. Chi ha la possibilità di stendere i capi fuori ad arieggiare prima del lavaggio, può tenerli all’aria anche per qualche ora. Questo trucchetto si rivela sempre efficace per far tornare magliette e top profumati come prima.

A mano o in lavatrice, ricordate che questi indumenti sono realizzate in fibre e microfibre specifiche, studiate appositamente per l’attività sportiva indoor e outdoor. Quindi optate sempre per un lavaggio delicato in modo da non rovinare i tessuti e i filtri protettivi e lavate sempre i capi al rovescio.

No alle temperature elevate!

La temperatura non dovrebbe mai superare i 30° e il detersivo utilizzato deve essere neutro, delicato e igienizzante, in grado cioè di eliminare i batteri che si formano con la sudorazione eccessiva e creano i cattivi odori. Un ulteriore trucco consiste nel lasciar a mollo i capi sportivi per una decina di minuti in acqua tiepida per poi lavarli delicatamente a mano o in lavatrice con un programma per capi sintetici.

Altra regola imprescindibile per questo genere di indumenti è risciacquare a fondo. Ricapitolando:

  • poco detersivo
  • niente ammorbidente (tra poco vedremo perché)
  • risciacquo accurato

Una volta lavati, il bucato deve essere steso in gruccia o sullo stendi-panni in modo che le cuciture non si rovinino o non creino delle pieghe nei vestiti. Meglio non esporre i tessuti tecnici alla luce diretta del sole e lasciarli in un luogo sufficientemente ventilato.

come lavare i capi sportivi

Come lavare i capi sportivi: consigli utili

L’uso dell’ammorbidente nel caso dei capi sportivi dovrebbe essere evitato. In genere, si tratta di un accorgimento che invece di agevolare il lavaggio lo complica e che rischia di compromettere l’elasticità delle fibre tecniche.

Inoltre, l’ammorbidente non garantisce un risciacquo adeguato e crea sulla superficie delle fibre uno strato invisibile ma impenetrabile che rende ancor più ardua la rimozione dei cattivi odori. Evitate anche di stirare questi indumenti. Se stesi ad asciugare in modo corretto, non ce ne sarà alcun bisogno.

Ricordate, inoltre, che anche lo zaino o la borsa da palestra in cui riponete gli abiti necessitano di un lavaggio ogni tanto. Bisogna lavare la borsa di tanto in tanto sia dentro che fuori e metterla all’aria dopo ogni utilizzo in modo che sia sempre perfettamente asciutta, così da prevenire la formazione di odori sgradevoli al suo interno.

Come lavare i capi sportivi a mano

Se i vostri capi sono particolarmente delicati e non possono essere lavati in lavatrice, è buona norma utilizzare qualche accorgimento per detergerli correttamente a mano senza fare troppa fatica. Ecco come lavare i capi sportivi efficacemente anche senza l’aiuto della lavatrice.

Dopo aver fatto arieggiare i capi per almeno mezzora, meglio se all’aria aperta, metteteli in ammollo in una bacinella con un paio di cucchiai di bicarbonato di sodio e il detergente che utilizzate di solito. Questo accorgimento vi garantirà un effetto anti-odore efficace e duraturo.

La regola generale (vale anche per il lavaggio in lavatrice) è utilizzare acqua tiepida perché una temperatura elevata rovinerebbe i colori e le fibre. Ricordate, infine, di non strofinare i capi, ma frizionarli delicatamente e risciacquarli a fondo per eliminare qualsiasi traccia di sapone.

Come lavare i capi sportivi in lavatrice

Se l’abbigliamento sportivo è lavabile in lavatrice, per prima cosa assicuratevi di separare bene il bucato: i capi di cotone potranno sopportare temperature più alte (40-60°) e cicli di lavaggio più intensi, mentre quelli sintetici dovranno essere sottoposti a cicli specifici per capi sintetici o delicati. Anche in questo caso, è buona norma lavarli sempre al rovescio utilizzando, se possibile, le apposite retina per il bucato in lavatrice. Le temperature, non dovranno superare i 30-40°.

Ricordate di non lavare gli indumenti sportivi con la biancheria intima o le asciugamani. Questi avranno bisogno di un lavaggio a temperature più alte e, in qualche caso, del candeggio per igienizzare al meglio i tessuti. Optate per detersivi dalle formulazioni specifiche per capi sportivi e non sottovalutate la fase di asciugatura.

L’asciugatrice non è raccomandabile perché il calore potrebbe danneggiare i capi e fissare ancora di più le macchie e gli odori sui tessuti. Una volta che i vostri capi saranno perfettamente asciutti potranno essere riposti e riutilizzati. Eventuali residui umidi favoriranno sicuramente la proliferazione dei batteri (e quindi del cattivo odore) vanificando il lavaggio.

come lavare i capi sportivi

Come lavare i capi sportivi: togliere macchie e odore di sudore

Se siete di fronte ad un capo particolarmente sporco o con tracce di sudore difficili da eliminare, l’unica soluzione è pre-trattare. Niente paura, però, perché per ottenere risultati apprezzabili non servono grandi sforzi o prodotti particolarmente costosi, al contrario. Ecco qualche valido suggerimento per eliminare le macchie di sudore dai vestiti, a seconda dei casi:

  • sgrassatore universale: usatelo direttamente sulle zone da trattare. Se non siete sicuri della “tenuta” del colore testate il prodotto su un angolino nascosto del capo;
  • detersivo concentrato per piatti: è perfetto per le macchie di sudore sotto le ascelle che faticano ad andare via;
  • acqua ossigenata: se il tessuto è bianco, potete utilizzare una soluzione di acqua ossigenata.
  • candeggina: è efficace sugli aloni di sudore giallognolo, ma fate attenzione che la candeggina è molto inquinante.

Evitate l’uso di aceto e succo di limone che non sono efficaci per i capi tecnici e per nulla raccomandati nei lavaggi in lavatrice.

Il detersivo migliore per lavare i capi sportivi

Il detersivo utilizzato dovrebbe contenere enzimi che aiutano la rimozione delle macchie di sudore. Tali enzimi sono indicati sulle etichette con diciture come amilasi, proteasi o lipasi. Si tratta di sostanze capaci di attivare l’ossigeno e ottimizzare il lavaggio.

Se non avete un detersivo con queste caratteristiche potete ovviare aggiungendo in vaschetta mezzo tappo di candeggina per capi delicati o colorati (senza cloro), dello smacchiatore o un cucchiaio di bicarbonato di sodio. Per il lavaggio a mano è ottimo il sapone di Marsiglia che si rivela utile anche per trattare le zone più difficili, come ascelle e cavallo.

Rimedi naturali per lavare i capi sportivi

Come detto, l’aggiunta di un cucchiaio di bicarbonato in aggiunta normale detersivo può ridurre notevolmente il rischio che odore e macchie di sudore non vengano rimossi.

Il bicarbonato, infatti, ha un altissimo potere assorbente ed igienizzante, quindi aggiungetelo tranquillamente nel cassetto della lavatrice oppure ricavate una cremina in aggiunta a del Sapone di Marsiglia e acqua per trattare le zone più difficili.

Qualche goccia di Tea Tree oil al posto dell’ammorbidente, inoltre, massimizzerà l’azione antibatterica del detersivo e riporterà un gradevole profumo sui vostri capi sportivi da lavare.

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Sai come fare la raccolta differenziata della ceramica correttamente? La guida facile

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Sapete come si fa la raccolta differenziata della ceramica? In questa guida vedremo i principi guida per non fare errori e differenziare correttamente questo materiale tanto diffuso tra le mura domestiche.

In tema di raccolta differenziata, ceramica e porcellana sono alcuni dei tanti materiali che vengono erroneamente scambiati per ‘vetro’. Come tali, sempre più spesso finiscono per essere gettati nei cassonetti o raccoglitori sbagliati. Finendo nelle classiche campane adibite alla raccolta del vetro, per esempio, questi rifiuti ne inficiano il processo di riciclo compromettendo a monte l’intero ciclo di raccolta e separazione.

La raccolta differenziata della ceramica: problematiche tipiche

La ceramica, come del resto lampadine, schermi TV, tazze e vasi rotti fa parte di quelli che vengono gergalmente definiti ‘falsi amici del vetro’ e devono essere riciclati appositamente.

La confusione nasce dal fatto che la ceramica contiene effettivamente del vetro, ma, essendo composta da altri materiali come argilla, sabbia, ossidi di ferro, alluminio e quarzo, deve essere necessariamente differenziata dai rifiuti vetrosi e gettata nella frazione indifferenziata. O meglio ancora, se possibile, portata nelle stazioni ecologiche o nelle riciclerie.

Negli ultimi anni, molti comuni italiani hanno registrato un progressivo peggioramento della qualità del vetro raccolto proprio per la presenza massiccia di materiali misti del tutto incompatibili con il vetro e con la filiera di riciclo a cui questo materiale così prezioso è destinato.

LEGGI ANCHE: Riciclo del vetro: come riciclare correttamente il vetro nella raccolta differenziata

Come riciclare correttamente la ceramica

Dunque, se dobbiamo liberarci di piatti di ceramica rotti, suppellettili, vasellame o piccoli oggetti in porcellana, la cosa migliore è metterli in sicurezza e gettarli delicatamente nel cassonetto del nero. In tal modo, potrete evitare la fuoriuscita di cocci e schegge.

Questa operazione è molto importante e vale la pena sottrarre alla raccolta differenziata qualche foglio di giornale o sacchetto di plastica per avvolgere accuratamente la ceramica destinata al bidone dell’indifferenziato.

raccolta differenziata della ceramica

Se, invece, abbiamo a che fare con oggetti in ceramica di grandi dimensioni (come lastre e mattonelle) ancora interi ci si reca direttamente presso le isole ecologiche presenti sul territorio o nelle riciclerie che accettano questo tipo di materiale.

In ogni caso, ricordate che la percentuale di rifiuti domestici non riciclabili è attualmente pari al 20% del totale. Non è poco, vero? Tentare di abbassare ulteriormente questa quota conferendo quanti più rifiuti possibili alle stazioni ecologiche comunali rappresenta un atto di responsabilità e generosità, sia per la società che per l’ambiente.

State attenti dunque a fare una raccolta differenziata che tenga conto dell’effettivo materiale che state buttando. Con un minimo di attenzione, potrete donare nuova vita a materie prime perfettamente riciclabili. Soprattutto, non inquineremo l’ambiente con quelle che non si possono smaltire in nuovi materiali.

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Quali sono i più comuni parassiti delle piante e come combatterli naturalmente: la guida pratica

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I parassiti delle piante sono il nemico numero 1 di tutti coloro che praticano giardinaggio e orticoltura per lavoro o per diletto. Certamente un tema così ampio non è facilmente riassumibile in una singola guida, ma ciononostante possiamo fare una sintesi delle principali minacce e dei rimedi utili per farvi fronte.

Tra animaletti infestanti, muffe, insetti, funghiacari e decine di esserini che possono compromettere seriamente la salute delle nostre piante, il pericolo è sempre in agguato. Spesso sono talmente piccoli da risultare invisibili. Colpiscono in maniera silente alcune parti della pianta per poi intaccarne l’intera struttura e se non si interviene rapidamente con le giuste soluzioni, possono essere letali.

Invece di ricorrere a pesticidi, insetticidi e altre sostanze chimiche dannose sia per la nostra salute che per quella delle piante, si può provare con alcuni rimedi naturali molto affidabili. Come sempre, è la prevenzione l’arma più efficace anche contro i parassiti delle piante: basta riconoscerli e stanarli prontamente prima che sia troppo tardi. Vediamo come riuscirci e quali sono gli antiparassitari naturali fai-da-te più sicuri ed ecologici.

Quali sono e come riconoscerli

Come abbiamo detto, le malattie che possono colpire le piante causate dai parassiti sono davvero tante, alcune particolarmente temibili. In alcuni casi, la colpa è proprio di parassiti, o di alcuni insetti, ma in altre parte tutto da una cattiva cura e manutenzione delle colture oppure dal clima.

Sopratutto nelle fasi iniziali dell’attacco, non è facile smascherare l’azione nefasta di afidi, oidio, peronospore, cimici e muffe. Altrettanto difficile è stanare la cocciniglia, i bruchi che divorano foglie e fiori, mosca bianca, e così via. Tutti questi parassiti possono agire indisturbati per alcuni giorni e palesarsi quando per le nostre piante non c’è più nulla da fare.

Ma attenzione ad alcuni segni rivelatori. Che si tratti di piante da fiore o da frutto coltivate in orto, giardino o balcone, ad una valutazione più attenta sarà possibile coglierne i sintomi più comuni. Non ci resta che scoprirli.

parassiti delle piante

La presenza di un parassita provoca l’indebolimento della struttura della pianta a causa della perdita di linfa

Elenco parassiti delle piante, sintomi e rimedi naturali

Ecco di seguito le principali minacce e come farvi fronte:

Afidi

Gli afidi delle piante sono quelli che volgarmente siamo abituati a chiamare “pidocchi”. Sono alcuni dei principali nemici delle piante da frutto e da fiore e la loro presenza può diventare infestante, propagandosi a tutte le essenze vicine alla pianta colpita. Le loro vittime preferite sono le nostre amatissime rose.

Sintomi

Oltre che visibili da un’osservazione del fogliame e dei boccioli, la loro presenza è rivelata da alcune modifiche dell’aspetto, del colore e della forma delle foglie. Il motivo è che attaccandosi ai fusti, gli afidi succhiano la linfa della pianta e la privano della sua naturale vitalità.

Rimedi naturali

Se ci accorgiamo che le nostre piante sono state colpite dai pidocchi, possiamo ricorrere a diversi antiparassitari atossici e realizzabili in casa con ingredienti di facile reperibilità. Eccone alcuni tra i più efficaci:

E non dimentichiamo la lotta biologica: nell’orto e in giardino l’introduzione delle coccinelle, predatori naturali degli afidi, è il sistema migliore per proteggere le piante senza danneggiare l’ambiente. Se cercate alti rimedi naturali contro gli afidi date un’occhiata alla nostra guida.

Bruchi

Quante volte ci siamo ritrovati davanti a rami o intere piante divorate da questi ingordi e sgraditi ospiti? Iniziano da una fogliolina per passare a tutte le altre. Basilico, lattuga e altre piante dal fogliame dolce e tenero sono i bersagli preferiti dei bruchi, sia in vaso che in piena terra. Scovarli non è affatto facile perché il colore che assumono è esattamente identico a quello della pianta.

Sintomi

Tutto comincia con qualche foglia che appare mangiucchiata, forata o bucherellata. Prediligono le foglie più giovani e e tenere, ma i bruchi possono divorare qualsiasi cosa.

Rimedi naturali

Uno dei trucchetti più furbi contro questi parassiti delle piante è spargere pezzetti di guscio d’uovo vicino le piante in modo da creare una sorta di “barriera” che impedisca ai bruchi di raggiungere la meta. Si tratta di un rimedio semplice, quanto geniale, per proteggere l’orto anche dalle lumache. Per le piante in vaso, è essenziale procedere ad esame attento del fogliame, rimuovere il bruco e lavare la pianta con una soluzione di acqua e pepe nero.

Cimici

La più temibile per le piante è senza dubbio la cimice asiatica che negli ultimi anni si è diffusa rapidamente anche alle nostre latitudini causando gravi danni agli agricoltori. Si nutre di tutto, ma ama in particolare mele, pere e pesche. Nelle regioni asiatiche è la principale responsabile di intere colture di soia e mais. A differenza delle cimici verdi europee, danneggia anche i fiori, la frutta e gli ortaggi.

Sintomi

Necrotizza l’ortaggio o il fiore che punge per succhiarne la linfa. In genere, attacca le estremità della pianta o la base dei boccioli dei fiori, causano il loro rapido essiccamento e portando ad una riduzione significativa del raccolto.

Rimedi naturali

La prima cosa da fare è rimuovere le cimici manualmente. Per prevenire il loro attacco può essere d’aiuto vaporizzare sulla pianta una soluzione ottenuta dalla macerazione del peperoncino, olio di neem o decotto di artemisia. Tra gli antiparassitari naturali che allontanano la cimice asiatica è l’aglio. Piantarne uno accanto alle piante o mettere nel terreno qualche pezzetto potrebbe rivelarsi la soluzione migliore.

parassiti delle piante

L’inconfondibile colore marrone della terribile cimice asiatica

Cocciniglia

Ecco un parassita delle piante che si diffonde rapidamente per via di particolari condizioni climatiche. Si tratta di un insetto di dimensioni microscopiche che ama caldo e umidità, mentre sparisce dalla circolazione quando piove. Un attacco di cocciniglia può portare, a lungo andare, all’indebolimento strutturale della pianta e con il tempo alla sua morte.

Sintomi

La cocciniglia invade tutta la struttura fogliare della pianta partendo da una piccola colonia. Lo fa nutrendosi della linfa della pianta e durante l’infestazione produce la melata, una sostanza zuccherina che attira altri  parassiti e funghi. La sua presenza è rivelata da una punteggiatura di colore bianco sui rami e sulle foglie delle piante che nel giro di qualche giorno comporta la decolorazione delle parti colpite.

Rimedi naturali

Utilizzando un batuffolo di cotone imbevuto di alcol etilico, strofinate delicatamente tutte le parti della pianta dove è visibile la presenza del parassita. Attenzione, poi, a non esagerare con le innaffiature sopratutto nel periodo estivo. Oltre a provocare marciumi, in particolare nelle piante da appartamento, il clima domestico è congeniale alla cocciniglia.

Mosca bianca

La mosca bianca è un parassita delle piante di origine tropicale. Le sue vittime predilette sono le piante di limoni, ma non disdegna anche i fiori da balcone e da giardino, come begonie, orchidee e gerani. Un po’come la cocciniglia predilige ambienti caldi e umidi, quindi è molto facile trovarla nelle zone lacustri e nelle serre.

Sintomi

Solitamente la mosca bianca attacca la parte bassa della pianta producendo la melata, una sostanza zuccherina che riempie le foglie ingiallendole e facendole cadere. Molte volte si possono notare delle fumaggini, ovvero macchie bianche o scure causate dalla proliferazione del fungo saprofita.

Rimedi naturali

L’aceto di mele è un rimedio perfetto per allontanare dal nostro giardino o balcone la mosca bianca. Posizionate una bottiglia di plastica riempita a metà con dell’aceto e praticate un foro al centro. Attirate dal liquido, le mosche entreranno nella bottiglia e vi rimarranno intrappolate. Un altro rimedio naturale efficace è l’infuso d’aglio.

Oidio

Detta anche mal bianco per il suo aspetto polveroso, questa odiosa malattia è causata da una categoria di funghi invisibili all’occhio umano chiamati Oidium. Si tratta di parassiti delle piante che colpiscono sia le essenze coltivate in vaso che in pieno campo, ma si sviluppano dalle spore trasportate dal vento. Per questo motivo l’oidio non attacca le piante da appartamento ma solo le piante da giardino.

Sintomi

Si rivela con le tipiche macchie bianche che compaiono sulle foglie delle piante. La consistenza e il colore ricorda la polvere di borotalco. Le foglie colpite arrestano nello sviluppo, si accartocciano, ingialliscono e cadono, mentre i germogli hanno una crescita stentata e originano fiori piccoli e malformati.

Rimedi naturali

Per prevenire questo parassita bisogna evitare di innaffiare eccessivamente le piante. Una volta insidiatosi, potete provare vaporizzando sulle parti colpite un macerato di equiseto o dell‘infuso d’aglio.

parassiti delle piante

Il bruco divora le foglie delle piante a cui si attacca.

Peronospora

Si tratta di una malattia pericolosa per le piante al punto da poter risultare letale. Attacca sopratutto le piante dei pomodoro e il basilico.

Sintomi

Causa la depigmentazione progressiva delle foglie e provoca necrosi e marciumi.

Rimedi naturali

Per contrastare la comparsa di questo parassita bisogna riparare le piante dall’umidità e dall’acqua piovana, magari utilizzando teli e reti protettive. Un’altra buona abitudine è sottoporre le piante con trattamenti volti a prevenire la peronospora. Quelli a base di rame impiegati in agricoltura risultano i più efficaci.

Ragni rossi

Sono chiamati impropriamente ragni per il fatto di avere 8 zampette, ma in realtà sono piccoli acari innocui per l’uomo e per gli animali ma infestanti per gli ortaggi, in particolare pomodori e fagioli, ma anche per piante ornamentali e alberi da frutto.

Sintomi

Causa il disseccamento di foglie e baccelli, fino alla loro caduta. A lungo andare provoca la morte della pianta. Generalmente si muovono in piccoli gruppetti e invadono terrazze, balconi e davanzali, a volte spingendosi anche dentro casa. Si nutrono di larve, quando sono piccoli e di escrementi di uccelli una volta raggiunta l’età adulta.

Rimedi naturali

Oltre alla rimozione delle foglie, l’unica accortezza che bisogna avere è quella di non schiacciarli perché il loro colore rosso, dato dalla presenza di carotenoidi, tende a macchiare in maniera indelebile. Sapere come eliminare i ragni rossi in casa senza ricorrere a insetticidi e spray tossici è importante.

L’aglio è un vero insetticida naturale. Mettetene qualche spicchio in mezzo litro di acqua bollente, lasciate in ebollizione per almeno 15 minuti, poi fate raffreddate il tutto. A questo punto filtrate l’acqua e versatela in un nebulizzatore.

Se volete approfondire  con delle guide sul giardinaggio bio e l’orto ecologico, non perdetevi:


Rizoma: una piccola magia della Natura che permette alle piante di riprodursi anche in condizioni avverse

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Il rizoma rappresenta una piccola, grande “magia” che Madre Natura mette in atto per consentire alle piante di riprodursi e prosperare anche in situazioni climatiche ed ambientali particolarmente avverse.

Che cos’è il rizoma

Si tratta di una modificazione del fusto della pianta, o per meglio dire di una sua evoluzione, che comporta profonde trasformazioni morfologiche. Tali modifiche consentono una migliore adattabilità dell’essenza vegetale a svolgere le sue funzioni, come quella riproduttiva.

Alcuni rizomi sono commestibili fanno spesso capolino sulle nostre tavole sotto forma di verdure o spezie. Il rizoma più utilizzato a scopo alimentare è lo Zenzero, ma anche la Galanga, molto apprezzata nella cucina thailandese.

Oltre al rizoma esistono molti altri tipi di fusti adattati che si possono osservare facilmente in natura: tuberi, bulbi, stoloni, cladodi, colonnari, viticci, spine e così via. Ognuno ha caratteristiche che ben si adattano al tipo di pianta e alle particolari condizioni a cui essa dovrà adeguarsi. Ma vediamo esattamente cos’è un rizoma e quali sono le sue funzioni specifiche.

rizoma

Rizoma: significato

La parola “rizoma” è composta da”rizo”, che vuol dire radice, e dal suffisso -oma, “rigonfiamento“. Il termine è chiaramente descrittivo della forma tipica che il rizoma assume durante il suo sviluppo, simile ad una grossa radice.

Rizoma in botanica

Le funzioni del rizoma, in natura, possono essere tante ed estremamente diverse fra loro. Principalmente, però, questo fusto modificato a forma di grossa radice funge da organo di accumulo di sostanze nutritive di riserva che possono mantenersi inalterate anche per lunghi periodi e in condizioni climatiche ostili.

In questo senso, la funzione del rizoma è proprio quella di conservare, ad esempio durante l’inverno, le sostanze organiche che consentiranno ad una nuova pianta di prosperare nella primavera successiva. Da ciò ne consegue una forma generalmente ingrossata che tende a svilupparsi sottoterra in maniera più o meno orizzontale, esattamente come un piccolo “silo”.

Riproduzione delle piante tramite divisione del rizoma

Nel regno vegetale, molte varietà di felci e piante acquatiche da giardino, come ad esempio le ninfee, si riproducono tramite rizomi. Il rizoma degli Iris o Gaggioli è particolarmente  ricco di tessuti parenchimatici che per la pianta rappresentano una fonte molto importante di amido.

Nella riproduzione vegetativa delle Angiosperme si espleta un’altra delle principali funzioni delle organizzazioni rizomatose della pianta. Essendo dotato di gemme, esso consente lo sviluppo di una nuova essenza. La capacità del rizoma di dar vita a nuovi individui vegetali è molto sfruttata nei vivai, in particolare per favorire la riproduzione delle piante da fiore.

Rizoma e stolone

Come abbiamo visto, al fine di adattarsi a condizioni ambientali particolari, il fusto di una pianta può mettere in atto delle modificazioni e assumere forme e caratteristiche diverse. Oltre il rizoma, che come abbiamo detto è un fusto sotterraneo simile ad una radice ma provvisto di foglie, gemme e radici avventizie (tipico della gramigna), c’è anche lo stolone.

Quest’ultimo è la modificazione del fusto tipico di piante come le fragole. A differenza dei rizomi, gli stoloni si allungano lateralmente sul terreno rispetto alla “pianta madre”e e danno vita, strisciando e staccandosi da essa, ad una nuova pianta producendo radici e foglie. Dunque, rizoma e stoloni non devo essere confusi poiché quest’ultimo segue uno sviluppo strisciante e non sotterraneo.

rizoma

Il rizoma di zenzero

Rizoma di zenzero

Il rizoma carnoso e ramificato dello zenzero è molto utilizzato in cucina e sfruttato dalla medicina naturale per le sue tante proprietà benefiche.

Quella dello zenzero è una formazione rizomatica provvista di lunghi fusti sterili e cavi all’interno, formati da foglie lanceolate, scapi fertili, e fiori giallastri che danno vita a frutti a capsule. Questo rizoma è ricco di:

In fitoterapia viene assunto come polvere estratta dal rizoma, o come olio essenziale.

Come riprodurre piante rizomatose

Tra le piante rizomatose più conosciute e diffuse si sono principalmente:

Per creare nuove piante a partire da un rizoma occorre tagliare di netto la radice in due parti. Fate attenzione che ognuna delle sezioni presenti che sufficienti germogli e radici per consentire alla nuova pianta di svilupparsi.

I rizomi devono essere poi interrati ad una profondità di 2-3 cm, in un substrato fertile e umido e in posizione abbastanza soleggiata. Gli Iris, in particolare, se riprodotti tramite rizoma prosperano vicino fonti o corsi d’acqua a condizione che non vengano sommersi integralmente o parzialmente.

Per una riproduzione ottimale evitate le zappettature nei dintorni della nuove piante onde evitare di danneggiarne le parti più vulnerabili. E’ consigliabile procedere ad una leggera pacciamatura a base di torba per contrastare la crescita di erbe infestanti.

Infine, è preferibile piantare le piante rizomatose in gruppi a distanza di 50-60 centimetri circa l’uni dall’altro.

Molte piante erbacee o fiorifere che possono essere riprodotte anche in vaso con la medesima tecnica. Dalle sezioni ricavate dal rizoma si svilupperanno radici e apici vegetativi che daranno origine agli steli e ai fiori.

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Cos’è un animale totem, ovvero un animale simbolo nelle antiche culture sciamaniche

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Un animale totem è un simbolo dotato di particolari poteri a cui l’uomo, nelle varie culture sciamaniche, ha imparato a fare affidamento caricandolo di un valore mistico e soprannaturale molto particolare.

La credenza popolare indiana vede negli animali totem la reincarnazione di alcune peculiarità umane, sia riferite ad un singolo individuo che ad un gruppo o un’etnia. Quando si parla di animali totem, infatti, il collegamento all’antica cultura degli Indiani d’America è automatico.

A questo popolo sono associati tradizionalmente il bisonte, il lupo e l’aquila. In realtà, gli sciamani di tutto il mondo, nel corso dei secoli hanno imparato ad affidarsi a tali entità soprannaturali per praticare i loro rituali. Ma proviamo a saperne di più.

Cos’è un animale totem e cosa rappresenta

Un totem rappresenta la saggezza, la conoscenza e la forza estrema di Madre Natura. Più che una guida, l’animale totem può essere considerato un vero aiutante, un compagno di vita. Nella maggior parte dei casi è un’entità sia spirituale che reale, in carne ed ossa.

Come detto, esso rappresenta alcune caratteristiche umane che identificano un singolo, una comunità o un’etnia. In quanto tale, è parte integrante del nostro inconscio ma anche del nostro vissuto, individuale e collettivo. In questo senso, la sua presenza serve a ricordarci che tutti siamo uniti dalle medesime radici ancestrali.

Scoprire il proprio animale totem aiuta a capire meglio la vera natura a cui apparteniamo, rimettersi in contatto con essa e imparare a conoscersi ad un livello più profondo.

Le radici di questa antica credenza risalgono al totemismo, una pratica tribale religiosa considerata animista. Essa ha l’obiettivo di ricongiungere l’uomo ai propri antenati e alla terra. Nella cultura totemista tutto ruota attorno ad un animale totem che rappresenta simbolicamente la discendenza di un clan da un antenato comune.

Come entrare in contatto con il proprio totem

La meditazione è la pratica più utilizzata nella tradizione sciamanica per entrare in contatto con il proprio animale totem. Essendo un compagno, un alleato di vita sempre presente, il totem sarà con noi ovunque andremo e in qualsiasi momento della nostra vita. Sta a noi riuscire a percepirne la presenza.

Essendo un alleato e non un animale guida, è possibile che il totem sia diverso a seconda del particolare periodo che stiamo vivendo. Ciò vuol dire che ognuno di noi può avere anche più di un animale totem da evocare in base alla situazione. Sempre secondo la credenza degli sciamani, se ci si trova in pericolo, ad esempio, sarà meglio rivolgersi al lupo per trarre beneficio dalle sue doti naturali.

animale totem

Animale totem in base alla data di nascita

I Nativi Americani sono i progenitori di questa antica credenza popolare. Secondo loro, ogni essere umano è legato a 9 animali totem, che variano a seconda della personalità e delle caratteristiche dell’individuo.

In tutto ci sono 44 animali totem. Eppure, non siamo noi a scegliere il totem, ma è lui che scegli noi.

Sempre secondo la loro tradizione, le persone nate in determinate date avrebbero caratteristiche simili a quelle degli animali, caratteristiche che possono variare ogni 13 lune, all’inizio di un nuovo ciclo.

Partendo da questi presupposti, gli Indiani d’America hanno creato un calendario lunare utilizzando il guscio di una tartaruga con 13 cerchi. Presso i Nativi Americani questo calendario si chiamava “ruota della medicina” e conteneva tutti gli elementi della natura, i punti cardinali, le stagioni e un colore identificativo. Collegando ogni cerchio ad un animale ne è nato un oroscopo, utilizzato per attribuire ad ogni persona un animale totem in base alla data di nascita.

Lontra: 20 gennaio-18 febbraio

La Lontra simboleggia il potere ed è l’animale totem di persone indipendenti, che sanno pensare con la propria testa e vivere, se occorre, in controtendenza. Esattamente come un lontra, che fa cose spesso insolite o incomprensibili agli altri animali.

Lupo: 19 febbraio-20 marzo

Il lupo è l’animale spirituale per eccellenza ed è il totem di persone generalmente appassionate, che sanno emozionarsi e amare incondizionatamente.

Falco: 21 marzo-19 aprile

Ingegnoso e scaltro, il falco è un animale che sa prendere decisioni ardite in momenti molto complicati. Si tratta di un vero leader, capace di perseguire il proprio obiettivo con estrema caparbietà fin quando non l’ha raggiunto grazie anche ad un’incredibile capacità di concentrazione.

Castoro: 20 aprile-20 maggio

Castori e persone che hanno questo animale come totem sono responsabili, efficiente e calmi. Sanno adattarsi bene a qualsiasi situazione e cercano sempre di eseguire al meglio il loro lavoro. Intelligenti, pragmatici, ma anche pazienti e flessibili. Il loro unico difetto è l’essere cocciuti.

Cervo: 21 maggio-20 giugno

Questo animale rappresenta la creatività. È spiritoso, allegro e ispirato, e si distingue per la sua capacità di far ridere gli altri. In genere, queste persone si preoccupano della natura e dell’ambiente e possono essere molto esigenti quando si tratta di tutelare alcune questioni personali.

Picchio: 21 giugno-21 luglio

Si tratta del totem più empatico e affettuoso, sempre disposto ad ascoltare agli altri. Nella tradizione indiana, i nati sotto questo segno sono ottimi genitori, amici e compagni di vita straordinari.

Salmone: 22 luglio-21 agosto

Attento,vitale e molto intuitivo. Il punto forte di questo totem è la creatività e l’entusiasmo contagioso che rende i nati sotto questo segno dei trascinatori e motivatori eccezionali.

Orso: 22 agosto-21 settembre

Si tratta dell’animale totem in assoluto più pragmatico e rigido quando si tratta di gestire situazioni e circostanze difficili. Tuttavia è anche molto generoso, capace di nutrire un amore incondizionato per il prossimo. I nati sotto questo segno sono in particolare sintonia con il segno del gufo.

Corvo: 22 settembre-22 ottobre

I corvi sono persone intraprendenti, energiche e molto positive. Essendo tanto carismatici si fanno ascoltare da tutti, ma la loro natura ambigua li porta ad essere sia grandi idealisti che cinici calcolatori.

Serpente: 23 ottobre-22 novembre

Il serpente è il simbolo dello sciamanesimo. Di conseguenza, i nati sotto questo segno sono intimamente legati al mondo spirituale.

Gufo: 23 novembre-21 dicembre

Si tratte del segno più adattabili e camaleontico. I gufi sono persone cordiali, affettuose e amabili. Amano l’avventura, l’emozione di una nuova scoperta, ma sanno anche essere seri e determinati al punto da prendersi anche dei rischi.

Oca: 22 dicembre-19 gennaio

Sono perseveranti, ambiziosi e tenaci. Coloro che hanno l’oca come animale totem sono perseveranti e vogliono andare avanti e crescere affrontando tutte le sfide della vita.

Elenco dei 44 animali totem

Alce

Rappresenta stima e rispetto per se stessi.

Aquila

Rappresenta il Grande Spirito. Governa sul mondo materiale.

Armadillo

Sfuggente e schivo. Decide lui quando affrontare un problema o far finta che non esista, chiudendosi a riccio.

Balena

Rappresenta la forza, la profondità d’animo e il rispetto.

Bisonte

Simbolo di Wakan Tanka.

Cane

Rappresenta la fedeltà e l’amore incondizionato. E’ anche il guardiano dei luoghi sacri.

animale totem

Castoro

Paziente, laborioso, metodico. Instancabile lavoratore.

Cavallo

Rappresenta l’accettazione delle proprie responsabilità, ma anche al libertà.

Cervo

Simboleggia l’amicizia.

Cigno

Simbolo del cambiamento e della sottomissione al grande spirito.

Civetta

Coloro che sanno vedere nell’oscurità. Rappresenta la saggezza.

Colibrì

E’ l’animale totem che rappresenta la felicità, nonostante le avversità della vita.

Coniglio

Si tratta della reincarnazione della paura.

Cornacchia

Gli Indiani d’America la ritengono un muta-forma. Rappresenta la verità che sta dietro il bene e il male.

Coyote

Simboleggia il caos, ma è grazie a lui che si possono avere nuove possibilità derivanti dalla casualità degli eventi.

Delfino

E’ il simbolo-guida della perseveranza, del cuore oltre l’ostacolo.

Donnola

Scaltra e astuta, ha bisogno di poco per comprendere qualsiasi situazione e saperla gestire.

Falco

Incarna la capacità di sapere analizzare e riflettere sulla vita prima di prendere delle decisioni.

Formica

Simbolo della forza, della generosità e della laboriosità.

Libellula

Rappresenta il cambiamento,  l’illusione e la magia.

Lince

E’ l’animale totem che conosce i misteri e i segreti più nascosti. Rappresenta la luce interiore.

Lontra

Custodisce i valori sacri e sa lottare per difenderli.

Lupo

Uno dei totem più affascinati. Reincarna il legame con la famiglia e il rispetto.

Opossum

Grande stratega. Insegna a trovare la miglior strategia in base alla situazione.

Orso

Manifestazione di forza primordiale e di calma interiore.

Pipistrello

Questo animale totem rappresenta la rinascita e il bisogno di staccarsi dalle abitudini per ricercare la vera felicità.

Porcospino

L’eterno bambino che sa accettare i cambiamenti della vita con serenità e positività

Puma

Simbolo della convinzione più profonda. Un leader che riesce sempre ad affrontare le difficoltà.

Puzzola

Forte carismatica, infonde sicurezza e tranquillità anche in chi le è accanto.

Ragno

Secondo la cultura celtica, il ragno è il tessitore del destino e rappresenta l’infinito.

Rospo

Simboleggia la trasformazione e la rinascita.

Scoiattolo

Instancabile lavoratore, riesce sempre a far fronte ad ogni cambiamento con la sua operosità.

Serpente

Rappresenta il ciclo naturale della vita, la rinascita,  l’immortalità dello spirito e il cambiamento.

Tacchino

Un combattente nato. Non perde tempo con le cose materiali , ma crede in valori molto più profondi.

Tartaruga

Simboleggia Madre Natura, ma anche la riflessione e la calma necessaria per prendere decisioni sagge ed essere felici.

Tasso

Simboleggia l’aggressività e la determinazione, finalizzato a proteggere ciò che gli è più caro.

Topo

Pignolo, insegna a guardare la vita da ogni punto di vista. Simbolo di prudenza, accuratezza e organizzazione.

Volpe

Si dice che rappresenti la velocità di pensiero e la furbizia.

Wapiti

Si tratta di un particolare tipo di cervo del Canada. Insegna analizzare profondamente se stessi ed è il simbolo del sostengo reciproco.

Non sappiamo se avete rivisto in voi stessi alcune delle caratteristiche di questi mistici animali, e non ci aspettiamo certo che crediate necessariamente all’esistenza – reale o spirituale – del vostro animale totem.

Lo scopo di questo contributo era osservare la natura e la fauna da una prospettiva diversa, sicuramente singolare, e avvicinarci a credenze molto lontane dalla nostra cultura, sopravvissute allo scorrere inesorabile del tempo.

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Tutti gli antibiotici naturali da conoscere: la farmacia della Natura è sempre aperta

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Quali piante possono essere utilizzate come veri e propri antibiotici naturali? Scopritene proprietà e utilizzi.

Antibiotici naturali: come sappiamo, la Natura è una preziosa alleata della nostra salute e del nostro benessere, capace di offrire i rimedi naturali più adatti ad ogni specifica esigenza.

Per la cura delle malattie stagionali più comuni e delle sindromi da raffreddamento,  il mondo vegetale è ricco di erbe e piante dalle molteplici proprietà benefiche simili – e a volte perfino più efficaci – delle medicine tradizionali.

Vediamo insieme quali sono i migliori alleati naturali della nostra salute e quali le piante e le erbe che possiamo utilizzare come antibiotici naturali prima di ricorrere all’uso di quelli chimici.

Cosa sono gli antibiotici naturali

Per antibiotici naturali si intendono sostanze estratte dalle piante che le piante stesse sviluppano per rafforzare il loro sistema immunitario e difendersi a propria volta da batteri e microorganismi, come l’uomo fa abitualmente con gli antibiotici di sintesi.

La Medicina alternativa naturale utilizza questi estratti dalle piante direttamente o in infusi e preparati per sfruttare i benefici che possono avere anche sull’uomo. Il vantaggio  è quello di minore effetti collaterali per il corpo umano rispetto agli antibiotici di sintesi.

Le piante che possono essere considerate come dei veri e proprio antibiotici naturali sono ad esempio l’aloe vera, l’aglio, il timo o la lavanda.

Grazie a queste erbe e piante che rappresentano un rimedio naturale sempre disponibile per ogni tipo di malessere, è possibile curare molte infezioni di origine batterica.

Sono efficaci contro gli stati infiammatori più comuni come:

  • raffreddori, febbre, mal di gola e bronchiti
  • senza ricorrere necessariamente ai farmaci e, soprattutto, senza effetti collaterali.

Come anticipavo alcune piante assunte sotto forma di sciroppi, decotti, infusi, te e tisane.  Agiscono nel nostro organismo come veri e propri antibiotici naturali molto efficaci per combattere i malanni stagionali, lenire gli stati infiammatori, contrastare l’azione dei batteri e stimolare le naturali difese del nostro organismo.

Avvertenza: vediamo ora alcune applicazioni concrete ma  la regola è sempre la stessa: chiedere sempre il parere del vostro medico di fiducia e non ricorrere a terapie ‘fai-da-te’ se il malessere è acuto e la sintomatologia complessa.

Antibiotici naturali contro febbre e raffreddore

Aglio

Tra gli antibiotici naturali più conosciuti ed efficaci il primo posto è occupato senza dubbio dall’aglio. E’ un rimedio naturale contro febbre e raffreddore, ricco di proprietà benefiche note presso molti popoli sin dall’antichità:

  • Ha spiccate proprietà antibatteriche e anti-virali
  •  Un effetto antiossidante che aiuta a preservare l’organismo dall’azione dei radicali liberi
  •  Regola la pressione sanguigna proteggendo cuore e arterie.

Ricco di vitamine e sali minerali, l’aglio è un battericida e antisettico naturale davvero eccellente. Stimola le difese immunitarie e dovrebbe essere assunto (soprattutto a crudo) con una certa regolarità in modo da sfruttarne al meglio tutti i benefici.

Antibiotici naturali: l'aglio

Antibiotici naturali: l’aglio

Antibiotici naturali per bronchite

Zenzero e origano

Un altro valido alleato della nostra salute, è lo zenzero, che deve le sue proprietà benefiche al complesso di principi attivi preziosi di cui è ricco il suo rizoma carnoso, molto utilizzato in cucina.

Negli ultimi anni, inoltre, alcuni studi hanno inserito lo zenzero tra i 10 alimenti più attivi nella prevenzione del cancro.

Viene consigliato una quantità media di zenzero compresa tra i 10 e i 30 grammi al giorno. Lo potete assumere anche sotto forma di sciroppo da utilizzare al posto dello zucchero o di tisana. In questo modo lo zenzero può rivelarsi un alleato imprescindibile del nostro benessere naturale.

Perfetto per sciogliere il muco e liberare i bronchi, lo zenzero è un antinfiammatorio e antibiotico naturale perfetto per curare i mali di stagione più comuni.

antibiotici naturali zenzero

Antibiotici naturali: lo zenzero, in inglese ginger

Olio essenziale di origano

Oltre al suo gradevole profumo perfetto per insaporire i nostri piatti preferiti, l’origano è anche una pianta officinale molto preziosa per la nostra salute e conosciuta in ambito fitoterapico per le molteplici proprietà terapeutiche.

Il modo migliore per godere dei suoi tanti benefici è  utilizzare l’olio essenziale che si ricava da questa pianta aromatica così diffusa nel Mediterraneo.

Questo olio è anche il più potente antisettico presente in natura. Svolge un’azione antibiotica e antivirale efficace perfino contro il temuto stafilococco.

In aromaterapia, l’olio essenziale di origano è molto utilizzato per la cura di:

  • bronchiti
  • asma
  • tosse
  • e altre sindromi a carico dell’apparato respiratorio.

In generale, le sue molteplici proprietà curative rendono l’origano l’antisettico, antibatterico e antispasmodico naturale per eccellenza.

Foglie di olivo

Le foglie di olivo rappresentano un altro antibiotico naturale per antonomasia. Già nell’antica Grecia queste foglie venivano utilizzate per curare cicatrici e ferite superficiali, essendo note le loro notevoli proprietà antisettiche e lenitive. Con l’avvento degli antibiotici, il loro uso è andato progressivamente scemando, ma negli anni recenti abbiamo assistito ad una loro riscoperta nell’ambito della fitoterapia e della medicina naturale.

antibiotici naturali foglie di olivo

Foglie di olivo: altro antibiotico naturale noto dall’antichità

Foglie di tè verde

Dalle foglie del tè verde si ricava un polifenolo da sempre considerato un coadiuvante naturale molto efficace nel trattamento antibiotico di batteri come lo streptococco e l’e-coli. Come lo zenzero, è considerato un anti-cancro naturale dall’azione particolarmente efficace e protettiva sulla pelle.

Il té verde è un potente antiossidante naturale in grado di stimolare e rafforzare le difese immunitarie del nostro organismo. Migliora anche l’elasticità e il tono dei tessuti.

L’assunzione regolare di una tazza al giorno senza l’aggiunta di latte, aiuta il metabolismoRafforza l’apparato cardiovascolare e permette di prevenire molte patologie indotte da batteri e virus.

Oltre a questi ingredienti naturali, ci sono anche delle spezie che agiscono nell’organismo come antibiotici naturali.

Tra queste, le più efficaci sono:

Sono spezie anche fondamentali nelle diete ipocaloriche.

Sostituirle il più possibile all’uso del sale in cucina è un ottimo modo per prendersi cura della propria salute e alla linea.

Antibiotici naturali contro la cistite

.Abbiamo dedicato un intero articolo dedicato alle soluzioni naturali per la cistite. Le piante e le erbe medicinali possono rappresentare una valida soluzione per ridurre la frequenza delle infiammazioni e contrastarne dolore e bruciori.

Leggete qui la nostra guida di dettaglio: Cure Naturali per la cistite

Largo alle cure naturali e alla ricerca del benessere senza la chimica, quando è possibile:

  • considerando la pericolosità dell’uso sconsiderato di antibiotici, i rimedi naturali possono rappresentare un complemente ‘green’, economico ed efficace alla medicina tradizionale.

Antibiotici naturali per i bambini

Premettiamo che un consulto con il pediatria è sempre obbligatorio. Chiarito questo, per i più piccoli possono svolgere una buona funzione antivirale sostanze naturali come la propoli.

Molto efficace per prevenire piccole infezioni dovute a ferite da cadute durante il gioco è l’aloe vera . Questo grazie alle sue proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti.

Antibiotici naturali per mal di denti

In caso di mal di denti e di infiammazione alle gengive va premesso che nessun rimedio naturale può essere risolutivo:

  • è necessario l’intervento del vostro dentista.

Chiarito questo punto, esistono estratti di sostanze naturali che possono aiutare nel lenire il dolore, anche se solo temporaneamente.

Ad esempio per ridurre l’infiammazione delle gengive può essere efficace l’applicazione di foglie di aloe vera e calendula, ottimo rimedio naturale per le gengive.

Nel caso di mal di denti vero e proprio si può avere sollievo applicando sul dente in questione un batuffolo di cotone imbevuto di olio essenziale di chiodi di garofano. Può dare sollievo anche l’applicazione diretta sul dente di qualche goccia di tintura idroalcolica di propoli.

Menta, salvia e citronella sono sempre comunque ottimi disinfettanti del cavo orale ed alla base di molti collutori naturali.

Altri rimedi naturali da conoscere

Eccovi altri rimedi naturali che vi invitiamo a leggere:

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Acido ascorbico: tutto quello che dovete sapere sulla vitamina C

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L’acido ascorbico o vitamina C è un nutriente fondamentale per il corretto funzionamento dei processi più importanti dell’organismo umano.

In una dieta squilibrata, la carenza di vitamina C comporta disturbi di diversa natura e gravità. Nei bambini è fondamentale per lo sviluppo e la crescita. Negli adulti ha un ruolo determinante nella maggior parte delle attività metaboliche e di sintesi molecolare e chimica.

In altre parole, l’acido ascorbico è un micronutriente di vitale importanza che non può mancare in un’alimentazione corretta e bilanciata.

Acido ascorbico: cos’è e a cosa serve

L’acido ascorbico non è altro che la vitamina C, la stessa che ritroviamo in tanti alimenti o negli integratori alimentari appositamente formulati. In quanto tale, appartiene al gruppo delle vitamine idrosolubili, quelle cioè che devono essere introdotte regolarmente con la dieta quotidiana poiché non si accumulano nell’organismo perché si scioglie nell’acqua.

L’acido ascorbico è termolabile, quindi si altera irrimediabilmente quando viene esposto a fonti di calore. Essendo una molecola dallo spiccato potere antiossidante, questo acido contribuisce a proteggere dall’ossidazione anche altre sostanze e molecole, tra cui i grassi polinsaturi e la vitamina E.

Studi scientifici hanno dimostrato, inoltre, che contribuisce indirettamente e direttamente a migliorare l’assorbimento del ferro nel sangue.

Si tratta di un nutriente fondamentale per contrastare l’azione dei radicali liberi nei vasi sanguigni, proteggendo così il sistema cardiocircolatorio, ossa e denti.

Questa molecola è implicata anche nella sintesi del collagene, nel metabolismo e nella biosintesi di aminoacidi e ormoni, in particolare della tirosina e nella conversione dell’acido folico a folinico.

Storia dell’acido ascorbico

La storia della scoperta della vitamina C è legata allo studio di una malattia che ha colpito i marinai: lo scorbuto. Questa patologia si manifesta con il sanguinamento, soprattutto delle gengive, e la formazione di edema e può portare alla morte. È dovuta alla mancanza di vitamina C, e per questo era frequente nei marinai, per via della mancanza di frutta e verdura a bordo delle navi che effettuano lunghi viaggi.

Nel XVIII secolo, James Lind osservò che lo scorbuto poteva essere evitato dando succo di limone ai marinai. La parola scorbuto ha dato poi il termine acido ascorbico.

La vitamina C fu isolata nel 1931 da Albert Szent-Gyorgyi (Premio Nobel in Medicina e Fisiologia 1937) e sintetizzata nel 1933 da Tadeusz Reichstein, e nel 1934 da Walter Norman Haworth (Premio Nobel in Chimica 1937).

Acido ascorbico formula

La molecola dell’acido ascorbico ha questa struttura chimica: C6H8O6 e si rappresentata in questo modo.

acido ascorbico

Acido ascorbico puro

Nella sua forma pura è più concentrato, tanto che 1 grammo di polvere contiene 1 gr di acido, tuttavia per il suo sapore amaro e la sua elevata acidità, tanto da essere mal tollerato dallo stomaco, viene spesso proposto sotto forma di sali dell’acido ascorbico o ascorbati.

Si tratta semplicemente di unire l’acido ad una base per ottenere il relativo sale, così da limitare la sua acidità e renderlo più tollerabile alle nucose gastriche e al gusto. Ad esempio, se unito al carbonato di sodio, diventa ascorbato di sodio.

Acido ascorbico polvere

Si presenta come una polvere bianca cristallina, molto solubile in acqua. Ed è in genere questa la formulazione degli integratoria, sia nella sua formulazione pura che combinato con ascorbato di calcio, magnesio e potassio, per creare, come detto sopra, un integratore di vitamina C a pH neutro più tollerabile dallo stomaco dic hi lo assume.

Proprietà dell’acido ascorbico

Come detto, la principale virtù di questa molecola è l’azione antiossidante che è in grado di promuovere nell’organismo e quindi ricopre un ruolo-chiave nel rallentare l’invecchiamento cellulare. Da ciò, derivano buona parte delle sue proprietà e benefici a vantaggio della salute umana.

In particolare, è in grado di:

  • sostenere ed aumentare le difese naturali del sistema immunitario in generale e contro le infezioni virali e batteriche
  • proteggere i vasi sanguigni
  • facilitare l’assorbimento del ferro
  • velocizzare la cicatrizzazione delle lesioni
  • aiutare a prevenire il rischio di tumori, inibendo la sintesi di alcune sostanze cancerogene sopratutto a livello gastrointestinale.acido ascorbico

In generale, esperti e nutrizionisti concordano nell’affermare che questo acido si utile anche in vari casi:

 

  • sistema immunitario: per coadiuvarne il corretto funzionamento
  • esercizio fisico: per sostenere l’organismo durante e dopo uno sforzo intenso
  • collagene: per assisterne il processo di sintesi
  • tessuti: garantire il benessere di ossa, denti, cartilagini, gengive e pelle
  • metabolismo: per contribuire al normale metabolismo energetico
  • sistema nervoso: per supportarlo
  • invecchiamento: per prevenire e curare lo stress ossidativo dovuto al processo dìinvecchiamento cellulare
  • vitamina E: per accelerare la naturale rigenerazione di questa vitamina nei tessuti

Utilizzi degli integratori

Ne consegue un uso medicale particolarmente indicato nel trattamento dello scorbuto e del raffreddore.

Viene somministrato anche in caso di gengivite, bronchite, acne giovanile, infezioni a carico di vescica o prostata, ulcera, dissenteria, depressione, Alzheimer e altre forme di demenza genetiche o senili.

Effetti collaterali e controindicazioni

Per quanto essenziale e fondamentale per la nostra salute, l’acido ascorbico può avere anche effetti negativi sull’organismo.

Questo composto, infatti, può interferire con alcune sostanze somministrate nel corso di terapie ormonali o farmacologiche a base di:

  • alluminio
  • estrogeni
  • flufenazina
  • chemioterapici
  • inibitori della proteasi
  • statine
  • niacina
  • warfarin
  • paracetamolo
  • trisalicilato di colina
  • magnesio
  • nicardipina
  • nifedipina
  • salsalato

Tra gli effetti collaterali legati ad una eccessiva introduzione di questa vitamina, vi sono disturbi come i calcoli renali e il rischio di una presenza di ferro superiore al necessario.

Per rimediare a questa condizione, può essere utile bere molta acqua per favorire l’eliminazione della sostanza in eccesso. Ad ogni modo, è importante affidarsi sempre al consulto medico e non eccedere mai le dosi giornaliere raccomandate.

L’acido ascorbico fa male?

Come anticipato, l’assunzione per via orale dell’acido ascorbico è considera sicura entro i limiti e i livelli di assunzione giornaliera.

La dose è divisa in parti uguali con assunzioni a intervalli di 3-4 ore. Si calcola che la quantità minima di vitamina C è di circa 90 mg per gli uomini e 75 mg per le donne, ma a tal proposito la comunità scientifica è ancora molto divisa.

Uno degli effetti tipici del sovra-dosaggio è rappresentato dalla diarreama non esistono evidenze scientifiche a sostegno di teorie ben più allarmiste legate alla presunta tossicità di questo nutriente.

Acido ascorbico negli alimenti

Mangiare cibi che contengono quantità significative di acido ascorbico è il rimedio naturale migliore per proteggere la salute del nostro organismo. Non solo agrumi, ma anche  frutti rossianguriakiwi, melone e peperoni sono alcuni dei cibi che assicurano un ottimo apporto di vitamina C.

Tra le verdure, ottime fonti di acido ascorbico sono gli asparagi, broccoli, gli spinaci e i pomodori. Consumare questi prodotti freschi e possibilmente crudi o dopo cotture delicate (ad esempio la cottura a vapore) è il modo migliore per non alterare le vitamine in essi presenti.

acido ascorbico

Una dieta sana ed equilibrata non può prescindere dal consumo di alimenti ricchi di vitamina C e altri antiossidanti naturali.

L’acido ascorbico in cucina

Uno dei possibili impieghi alternativi dell’acido ascorbico in cucina consiste nell’ utilizzarlo come aromatizzante. Esso, infatti, rilascia un sapore leggermente acidulo che ben si presta alla preparazione di piatti casalinghi e ricette agro-dolci molto sfiziose.

Acido ascorbico come conservante

Questo acido viene utilizzato anche come conservante alimentare in virtù del suo potere antiossidante, ed in questo caso la sigla industriale che si trova nelle etichette è E300. Può anche migliorare alcune qualità dei cibi. Ad esempio, se mescolato con la farina, migliora la qualità di cottura della pasta.

È obbligatorio nelle formulazioni del latte in polvere per i neonati che non sono allattati al seno e in alcune bevande fortificate e integratori alimentari. In questo caso è etichettato come ‘vitamina C’.

Aggiunto direttamente negli alimenti è efficace anche per impedire a contatto con l’aria alcuni cibi assumano una colorazione scura. Nella frutta, ad esempio, l’uso del succo di limone è utile per attivare una reazione chimica con l’ossigeno presente nell’aria che impedisce alterazioni dell’aspetto, struttura, odore e sapore di questi cibi.

Acido ascorbico nelle urine

La presenza di acido ascorbico nelle urine non rappresenta, di per sé, un indicatore patologico. L’importanza di questa verifica deriva dal fatto che eccessive concentrazioni di vitamina C possono alterare o interferire con il rilevamento di alcuni parametri, tra cui:

  • pH delle urine (che può risultare maggiormente acido)
  • livelli di glucosio (falso negativo)
  • nitriti
  • bilirubina alta
  • presenza di sangue nelle vie urinarie
  • globuli bianchi (leucociti)
  • urobilinogeno

Non a caso quando ci si deve sottoporre a un esame delle urine è consigliabile cessare – a partire dalle 24 ore precedenti – l’assunzione di integratori vitaminici e di alimenti che contengono discrete quantità di acido ascorbico. In termini generali, i valori considerati normali vanno da 0 a 10 mg/dL.

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I più incredibili meccanismi di difesa del mondo animale: alcune tecniche difensive davvero singolari

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meccanismi di difesa e le strategie che alcuni animali sono in grado di mettere in atto per fuggire da pericoli e predatori, possono essere davvero ingegnosi.

Alcune specie hanno affinato delle tecniche davvero incredibili che sfruttano particolari capacità o caratteristiche dell’animale.

C’è chi allontana i predatori emanando sgradevolissimi odori; chi usa il mimetismo per confondere l’avversario; chi, invece, punta tutto sulle “armi” che Madre Natura gli ha dato e si difende a suon di cornate. Alcuni animali, come l’opossum, per scampare ai pericoli arrivano a fingersi morti.

E poi ci sono le formiche malesi che usano il loro veleno e lo spirito di gruppo per fare “squadra” contro il nemico. Le chiamano anche “formiche kamikaze” perché sono disposte a farsi esplodere pur di difendere la colonia. Ecco alcuni dei meccanismi di difesa più incredibili messi in atto dagli animali che forse non conoscete ancora…

Come si difendono gli animali

Il Regno Animale è caratterizzato da una continua lotta per la sopravvivenza. Gli animali sanno istintivamente cosa fare per sopravvivere, riprodursi e garantire alla loro prole cibo a sufficienza. Allo stesso modo, sanno costruire tane e nidi in cui rifugiarsi  e sviluppano un grande fiuto nei confronti dei nemici e in generale di tutto ciò che può rappresentare un pericolo.

Per questo motivo, ogni specie animale ha sviluppato una particolare capacità difensiva, una sorta di tattica più o meno raffinata e specifica che viene adoperata in presenza di un predatore o quando la situazione lo richiede. In questo modo, il delicato equilibrio dell’ecosistema può dirsi salvo giorno dopo giorno.

E non c’è cattiveria o preterintenzionalità nell’essere prede e predatori e nel mettere in atto dei meccanismi di difesa per cercare di “salvare la pelle”. L’unico animale che aggredisce i suoi simili per meschinità, cattiveria o futili motivi, manco a dirlo, è l’uomo.

meccanismi difesa animali

Di meccanismi di difesa che un animale può adoperare per fuggire ai pericoli c’è solo l’imbarazzo della scelta. Chi come la gazzella, il coniglio e la lepre può contare su agilità e velocità sfrutta queste doti per seminare i nemici e per far perdere le sue tracce improvvisa una corsa a “zig-zag”.

Il pangolino, l’armadillo e le testuggini come le tartarughe usano la loro impenetrabile corazza per rendersi immuni da qualsiasi attacco esterno. L’istrice brandisce, invece, i suoi lunghi e affilati aculei contro il nemico, esattamente come il riccio. Non sempre, però, queste strategie funzionano. La legge della Natura, del resto, è inesorabile e spietata, ma alcune di queste tecniche difensive meritano sicuramente una menzione speciale.

Anguilla

L’anguilla è dotata di una capacità più unica che rara: è in grado di emettere piccole scariche elettriche, di intensità variabile a seconda della situazione. Quando si sente relativamente tranquilla e non ha nemici intorno, le scariche sono intermittenti e deboli. E’ un modo di comunicare ai potenziali nemici di rimanere alla larga. Se il predatore non accetta il consiglio, le scariche elettriche diventano violente e possono addirittura uccidere il malcapitato.

  • Opossum

Come accennato, l’opossum è un attore nato. La sua tecnica difensiva è un capolavoro di drammaturgia pura perché per salvarsi la vita arriva a fingersi morto. Bene inteso che se la situazione lo richiede può difendersi anche con le unghie e con i denti, o al più con la fuga, ma se capisce di non aver più speranze si getta a terra e mette in mostra tutta la sua grande abilità dissimulativa.

Struzzo

Molti pensano che di fronte al pericolo lo struzzo nasconda la testa sotto terra nel vano tentativo di nascondersi piuttosto che affrontare il pericolo a viso aperto. In realtà, quando ha paura questo bizzarro pennuto appoggia il capo al suolo fingendo di essere un cespuglio o una roccia per confondere i suoi nemici. E se il trucchetto non riesce, fa scattare le sue zampe e corre via veloce come il vento.

Del resto, raggiunge facilmente velocità di 50-70 km orari e riesce a mantenerle anche per 20 minuti di fila. Ma se tutto ciò non fosse ancora sufficiente, con le sue lunghe e muscolosissime cosce può sferrare calci  frontali capaci di mettere chiunque “KO”.

Seppia

Un tuffo in acqua per osservare da vicino alcuni dei più incredibili meccanismi difensivi delle creature marine. Una delle protagoniste di questo regno sommerso è sicuramente la seppia che assieme al polpo è in grado di spruzzare inchiostro nero come la pece per “accecare” i suoi nemici. E dopo aver rilasciato il suo fiotto scurissimo, scappa via in men che non si dica.

Studi scientifici hanno dimostrato che la seppia utilizza l’inchiostro per “disegnare” in acqua una sagoma molto simile al suo corpo per confondere ancora di più l’inseguitore. All’occorrenza, il nero della seppia che tanto apprezziamo in cucina diventa un’arma di difesa eccellente anche per proteggere le uova. Non male per una creatura così piccola e apparentemente indifesa!

Meccanismi di difesa: animali che si difendono con … la puzza!

In natura, c’è anche chi usa odori o sapori sgradevoli per inorridire l’avversario. Un po’ come il mimetismo, insomma, la puzza è uno di quei meccanismi di difesa che alcuni animali utilizzano in caso di pericolo.

Prendiamo, ad esempio, la puzzola o moffetta: se si sente in pericolo o viene attaccata da un altro animale, secerne un liquido nauseabondo e tremendamente irritante che viene spruzzato direttamente negli occhi del predatore. Come se non bastasse, questo liquido ha un odore terribile.

Anche i rospi si difende in un modo simile. Avete presente tutte quelle piccole protuberanze che si ergono dal suo corpo rugoso? Servono a secernere un liquido velenoso, pessimo nel sapore e ancora più nell’odore.

Un altro animaletto che sfrutta il cattivo odore per difesa è il millepiedi. Forse non riuscirete mai a sentirlo, ma il puzzo che questo invertebrato riesce ad emettere quando si arrotola su se stesso per proteggersi dagli attacchi è davvero pestilenziale. Una particolare specie di millepiedi, inoltre, oltre alla puzza rilascia anche dell’acido cianidrico in una quantità sufficiente ad uccidere un grosso topo.

meccanismi difesa animali

Meccanismi di difesa: animali che si mimetizzano

Quando si parla di mimetismo, il primo nome che viene in mente è quello del camaleonte. Questo animale, infatti, è il re del travestimento e si difende cambiando colore rapidamente a seconda dell’oggetto o dello “sfondo” in cui si trova. Perfino degli animali astuti e temibili come i serpenti, che guarda caso sono anche ghiotti di camaleonti, a volte non riescono a distinguerli.

Il mimetismo, in realtà, è una strategia difensiva propria di molte altre specie animali e può riguardare non solo la capacità di mutare colore, ma anche di simulare perfettamente forme e comportamenti. Ecco 3 esempi straordinari.

Insetto stecco

Questo buffo insetto vive su arbusti e alberi. Durante il giorno si nasconde tra la vegetazione mentre come molti altri animali notturni, al calare delle tenebre esce allo scoperto per procacciarsi il cibo e accoppiarsi.

Se si sente minacciato, non solo è in grado di assumere le sembianze del ramo o della foglia in cui è appoggiato (sia colore che forma), ma può rimanere perfettamente immobile nella stessa posizione anche per ore, senza mai tradirsi. Se tira vento nessun problema: la sua tecnica sopraffina gli consente di spostarsi così lentamente e armoniosamente con il resto della vegetazione da sembrare lui stesso un rametto scosso dalla brezza.

Farfalla “foglia secca”

Purtroppo non si può incontrare dalle nostre parti perché vive prevalentemente in Cina e Taiwan, ma questa farfalla, stretta parente della falena, è l’esempio perfetto di mimetismo tridimensionale. Il suo nome scientifico è Uropyia meticulodina , appartiene alla famiglia delle Notodontidae e le sue ali assomigliano incredibilmente a delle foglie secche di colore marroncino o giallognolo. Grazie a questo espediente, riesce a camuffarsi talmente bene da sfuggire ai predatori che le danno la caccia. Un raro caso di mimetismo estremo!

meccanismi di difesa animali

L’incredibile capacità di mimetismo della Farfalla “foglia secca”

Gufo

Si tratta di un grande protagonista della notte, un predatore temutissimo da molti animali e piccoli mammiferi che come tanti altri animali notturni vive prevalentemente quando gli altri dormono. Eppure anche questo rapace ha dovuto imparare a difendersi dai nemici sfruttando il mimetismo. Il suo meraviglioso piumaggio riesce ad adattarsi all’ambiente acquisendo le fattezze delle cortecce degli alberi su cui si appoggia.

Meccanismi di difesa: animali che si difendono con le corna

Alcuni animali usano corna e corni per difendersi. Un classico esempio è il toro, ma c’è anche il cervo, il camoscio, il rinoceronte e persino la ben più comune capra utilizza le sue protuberanze per combattere i nemici.

Le corna degli animali possono essere di osso pieno o di cheratina. Possono essere rivestite in cuoio, dritte, piegate, a spirale, rifinite sulla punta, mozze, con o senza ramificazioni. Le giraffe hanno corna più simili a piccole protuberanze e nelle femmine esse sono rivestite di pelo.

Nell’incredibile varietà di corna che Madre Natura ha creato per gli animali ce n’è di ogni tipo e fattezza. Oltre ad essere utilizzate come vere e proprie armi nei meccanismi di difesa, le corna rappresentano anche lo strumento con molti animali si contendono il territorio, il cibo o le femmine nella stagione degli amori.

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